Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27651 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. I, 20/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3637-2009 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

T.D., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, Via ANGELO EMO 106,

presso l’avvocato MATTA MAFALDA, rappresentati e difesi dagli

avvocati QUATTROMINI PAOLA, QUATTROMINI GIULIANA, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

17/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con decreto 17 dicembre 2007, la Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda proposta da T.D. ed altri diciotto ricorrenti, di equa riparazione per l’eccessiva durata di un procedimento civile instaurato dagli stessi davanti al Pretore del lavoro di Napoli, e concluso davanti alla Corte d’appello di Napoli, e ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore dei ricorrenti delle somme liquidate, oltre agli accessori.

2. Per la cassazione del decreto, non notificato, ricorre il Ministero della Giustizia con atto notificato in data 2 febbraio 2009 per otto motivi.

Gli intimati resistono con controricorso notificato il 2 febbraio 2009.

3. Pregiudiziale all’esame del merito è la considerazione che il ricorso non contiene una propria adeguata esposizione del fatto, ma è costituito dalla riproduzione grafica del decreto impugnato.

Occorre brevemente ricordare che la sommaria esposizione dei fatti di causa, prescritta a pena d’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c. come parte integrante del ricorso, lungi dall’essere mero adempimento formale, costituisce la premessa essenziale all’illustrazione dei motivi d’impugnazione, ai quali è strumentale. Attraverso quella esposizione, infatti, il giudice di legittimità è messo a conoscenza degli indispensabili elementi della fattispecie sostanziale e della vicenda processuale che, nella prospettiva della parte impugnante, giustificano la cassazione della sentenza impugnata.

In coerenza con tali premesse, le sezioni unite di questa corte hanno affermato il principio, al quale il collegio ritiene debba darsi continuità, che la prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 non può ritenersi osservata quando il ricorrente non esponga la sua versione della vicenda processuale, e dell’oggetto della pretesa, ma si limiti ad allegare, mediante “spillatura” al ricorso, alla quale deve considerarsi equivalente qualsiasi mezzo di riproduzione, il testo del provvedimento impugnato, privo di relazione con i motivi di ricorso e inidoneo a chiarire la portata delle censure mosse alla decisione, contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (Sez. un. 17 luglio 2009 n. 16628).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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