Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27649 del 11/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27649 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DE RENZIS ALESSANDRO

SENTENZA
sul ricorso proposto
DA
FIAMMA IDA, in proprio e nella qualità di vedova di MARIO
SECONDO, elettivamente domiciliata in Roma, Via Quintino
Sella n. 41, presso lo studio dell’Avv. Margherita Valentini,
rappresentata e difesa dall’Avv. Massimiliano Del Vecchio
del foro di Taranto (con studio in Via Polibio n. 75), come
da procura in calce al ricorso
Ricorrente
CONTRO
ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO
GLI INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL), in persona del le-

Data pubblicazione: 11/12/2013

gale rappresentante pro tempore,

in persona del Dirigente

con incarico di livello generale Dott. Luigi Sorentini, Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, nominato con delibera del Presidente n.118 del 22.10.2010, elettivamente

degli Avv.ti Luciana Romeo e Teresa Ottolini che lo rappresentano e difendono, congiuntamente e disgiuntamente,
per procura in calce al ricorso avverso depositata in data
22.10.2013
Costituito con procura
Z

-h

per la cassazione della sentenza n. 104/09 della Corte di
Appello di Lecce\rd& 4 .- 03.2009/13.07.2009 nella causa iscritta al n. 20 del R.G. anno 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 29.10.2013 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;
udito l’Avv. Teresa Ottolini per l’INAll;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Alberto Celeste, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 828 del 2006 il Tribunale di Taranto, espietata consulenza tecnica di ufficio e accertato che Mario
Secondo, dipendente dell’impresa Sidermontaggi in qualità
di gipponista e autista dal 1970 al 1988 all’interno dello
stabilimento siderurgico di Taranto, era deceduto a causa
di malattia professionale, riconosceva a favore del coniuge

domiciliato in Roma, Via IV Novembre 144 presso lo studio

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superstite IDA FIAMMA la relativa rendita con decorrenza
dal 22 luglio 1995.
La decisione anzidetta, impugnata dall’INAIL, è stata riformata dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 104

causalità tra decesso del lavoratore e le sostanze presenti
nell’ambiente di lavoro, tanto più che lo stesso, soggetto
per le mansioni di autista a continui spostamenti, non sostava per lunghi periodi tempo in ambienti chiusi e più nocivi, a differenza dei lavoratori impiegati direttamente nella
catena produttiva.
La Corte ha rilevato che erano emersi elementi che portavano “tranquillamente” alla conclusione della causa extralavorativa della malattia, essendo emerso che il Secondo
era un accanito fumatore.
Ida Fiamma, nella indicata qualità, ricorre per cassazione
affidandosi a due motivi.
L’INAIL ha depositato procura, contrastando l’avverso ricorso tramite il suo difensore Avv. Teresa Ottolini comparso nella pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione o
falsa applicazione dell’art. 2697 Cod. Civ., degli artt. 115,
116 e 416 CPC, nonché vizio di motivazione su un punto
decisivo della controversia (art. 360 n. 3 e n. 5 CPC).

del 2009, che ha ritenuto non provato un preciso nesso di

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4
La sentenza impugnata viene censurata per non avere tenuto conto di tutti i fattori di rischio professionale che avevano determinato il decesso del lavoratore senza
l’ammissione di prova per testi sul punto, sia in relazione

gici con gli atri fattori, sia in relazione al riscontro fenomenico della prolungata abitudine al tabacco, non documentata in modo adeguato e sulla base di dati precisi.
Aggiunge che la Corte territoriale non ha tenuto conto della

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tardiva produzione della consulenza di parte quale motivo
di gravame, avendo l’appellante formulato rilievi critici alla

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consulenza tecnica di ufficio per la prima volta in sede di
appello.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 85,105, 131 DPR n. 1124 del
1965, dell’art. 7 legge n. 251 del 1982, dell’art. 139 e tabella n. 4 del DPR n. 1124 del 1965, del DPR n. 336 del
1994, dei DD.MM . 27 aprile 2004, 14 gennaio 2008, 9 aprile 2008, 12/25 luglio 2000, dell’art. 13 D.Lgs. n. 38 del
2000, degli artt. 40 e 41 CP, nonché vizio di motivazione
circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 3 e
n. 5 CPC).
Al riguardo rileva che il giudice di merito, trattandosi nel
caso di specie di patologie multifattoriali, quali le neoplasie, avrebbe dovuto verificare l’apporto causale di tutti i

all’esposizione al rischio da amianto e al suoi effetti siner-

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fattori di rischio presenti nell’ambiente di lavoro, dove aveva operato il lavoratore deceduto, e valutare l’effetto sinergico, moltiplicatore ed accelerativo della contemporanea
presenza di più fattori di rischio cancerogeno, professiona-

Lo stesso giudice, continua la ricorrente, in modo arbitrario ed in assoluta carenza di prova positiva, ha considerato la sussistenza di una prolungata abitudine al tabacco del

de cuius per affermarne la preponderanza causale
La ricorrente , in fi ne, evidenzia l’erroneità dell’impugnata
sentenza per non avere considerato le acquisizioni scientifiche dello stesso INAIL . le tabelle allegate al DPR n. 1124
del 1965 e i successivi provvedimenti ministeriali, comportanti la presunzione della eziologia professionale della neoplasia polmonare per un lavoratore dell’industria siderurgica, con riferimento ad una fonte di rischio specifica, come l’esposizione ad asbesto.
2. Il primo motivo è fondato.
Nel caso di specie il giudice di appello si è discostato dalle
conclusioni del consulente di ufficio, che in proposito aveva
espresso parere positivo circa l’origine professionale della
malattia mortale che aveva colpito il lavoratore, limitandosi
a valorizzare sotto i&/profilo causale l’abitudine dello steiro
lavoratore al fumo.
In questo modo il giudice di merito non ha fatto buongover-

li ed extraprofessionali.

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no del principio di equivalenza di cui all’ar. 40 e all’art. 41
CP, in materia di concorso di cause, in forza del quale
causa di un evento è ogni antecedente che abbia contribuito alla produzione dell’evento stesso, anche se di minore

che sia dimostrato l’intervento di un fattore causale da solo
sufficiente a determinarlo.
Proprio in applicazione di tale principio il giudice di merito,
in mancanza di dati certi circa l’esclusività della causa extralavorativa- riferita all’abitudine al fumo di trenta sigarette al giorno., non avrebbe potuto trascurare l’incidenza
causale dei fattori di rischio professionale ascrivibili
all’esposizione a sostanze presenti nello stabilimento tarantino ed in particolare alle polveri di amianto.
D’altro canto l’impugnata sentenza, che ha espressamente
riconosciuto la presenza delle polveri di amianto e la sosta
del lavoratore deceduto- sia pure per periodi di tempo non
lunghi in rapporto ai dipendenti addetti alla linea produttiva- nello stabilimento siderurgico in questione, non ha fornito una congrua e logica motivazione per disattendere le
conclusioni sul punto del consulente di primo grado sostenendo che in atti vi erano elementi che “tranquillamente”
portavano al riconoscimento dell’origine extralavorativa
della malattia. Al riguardo non può essere trascurato il fatto che non era stato consentito all’originaria ricorrente di

spessore quantitativo e qualitativo rispetto ad altri, salvo

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esperire i mezzi di prova richiesti proprio con riferimento
all’esposizione del lavoratore alle sostanze nocive.
Fondato è anche il secondo motivo del ricorso, con cui,
come già detto, la ricorrente fa riferimento alla violazione

mento all’art. 139 e allegata tabella n. 4, al DPR
13.03.1994 n. 336 e ai richiamati decreti ministeriali.
La doglianza merita di essere condivisa, giacché la sentenza impugnata non ha considerato le previsioni tabellari cirvx.e.0 (,,ta,yz

ca l’inclusione nelle malattie (rem2sprfig, come il carcinoma polmonare riscontrato a carico di Mario Secondo,
dell’esposizione all’asbesto e non ha tratto da tale tabellazione le conseguenze circa la ripartizione dell’onere della
prova tra lavoratore e INAIL.
Sotto questo profilo si fa riferimento alla costante giurisprudenza (cfr, tra le altre, Cass. n. 8638 del 2008; Cass.
n. 14023 del 2004), secondo cui nell’ipotesi di malattia tabellata vi è l’onere per il lavoratore di dimostrare la presenza del fattore scatenante la malattia fra il materiale abitualmente adoperato nel lavoro, mentre l’istituto assicuratore è onerato di dare la prova dell’inesistenza del nesso
eziologico, la quale può consistere solo nella dimostrazione
che la malattia sia stata causata da un diverso fattore patogeno, oppure che per la sua rapida evolutività, o per altra
ragione, non sia ricollegabile all’esposizione a rischio, in

della presunzione legale della malattia tabellata con riferi-

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relazione ai tempi dell’esposizione e di manifestazione della malattia..
3 In conclusione il ricorso merita di essere accolto e per
l’effetto l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla

ritto in precedenza enunciati, procederà ad unalpiù approfondita verifica dell’apporto causale di tutti i fattori di rischio presenti nell’ambente di lavoro ove operava il lavoratore deceduto, tenendo in considerazione anche l’abitudine
tabagica del de cuius.
Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle
spese del presente giudizio di cassazione.
PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bari
Così deciso in Roma addì 29 ottobre 2013
Il Consigliere rel. est.

l are idente

Corte di Appello di Bari, che, alla stregua dei principi di di-

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