Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27644 del 11/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27644 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 329-2010 proposto da:
BIANCHI

STEFANO

C.F.

BNCSFN59C28L736A,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE
CLODIA 29, presso lo studio dell’avvocato RINALDI FERRI
LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato BIANCHINI DARIO, giusta delega in atti e
2013
3006

da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE

Data pubblicazione: 11/12/2013

” CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589), in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,
presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e
RASPANTI RITA, che lo rappresentano e difendono giusta

– controricorrente nonchè contro

ZEFFIN FEDERICA, ASSITALIA LE ASSICURAZIONE D’ITALIA
S.P.A. , ZEFFIN SIMONE, ROMIO PAOLA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 37/2009 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 30/09/2009 r.g.n. 603/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/10/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAI SANO;
udito l’Avvocato BIANCHINI DARIO;
udito l’Avvocato FAVATA EMILIA per delega LA PECCERELLA
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

delega in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del l ° settembre 2009 la Corte d’appello di Venezia ha
confermato la sentenza n. 383/06 del Tribunale di Venezia con la quale era
stata rigettata la domanda di Bianchi Stefano intesa ad ottenere
l’accertamento del proprio diritto alla rinuncia alla rendita INAIL ex art. 13

lavoro in itinere di cui era rimasto vittima il 5 agosto 2002. La Corte
territoriale ha motivato tale pronuncia sulla base della normativa di rango
costituzionale e, in particolare, degli artt. 2 e 38 della Costituzione in base
ai quali deve affermarsi che tutte le prestazioni previdenziali, alle quali
deve essere assimilata la rendita INAIL, hanno finalità alimentari e sono
volte ad assicurare al lavoratore la possibilità di affrontare situazioni di
bisogno conseguenti al verificarsi di eventi futuri ed incerti. Tale finalità
può essere conseguita solo tramite la costituzione di una rendita continua e
non con l’erogazione di un’unica somma che potrebbe lasciare l’infortunato
totalmente sguarnito.
Il Bianchi propone ricorso per cassazione avverso tale pronuncia
articolato su due motivi.
Resiste l’INAIL con controricorso.
Gli eredi di Zeffin Paolo datore di lavoro del Bianchi, e l’Assitalia Le
Assicurazioni d’Italia s.p.a. sono rimasti intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.
66 e 74 TU 1124 del 1965 e dell’art. 13 d.lgs. 38 del 2000 deducendosi la
natura risarcitoria della rendita INAIL e la sua conseguente disponibilità.
Con il secondo motivo si assume violazione e falsa applicazione degli artt.
66 e 74 TU 1124 del 1965 e dell’art. 13 d.lgs. 38 del 2000 in relazione agli

d.lgs 38 del 2000, con riferimento alle lesioni riportate in un infortunio sul

artt. 2043 cod. civ. e 32 Cost. deducendosi la rinunciabilità del’indennizzo
INAIL per danno biologico in presenza di un terzo responsabile o
comunque in ipotesi di infortunio in itinere. In particolare si deduce che il
risarcimento del danno biologico, al pari di ogni risarcimento del danno,
prescinde da ogni valutazione sulle condizioni economiche e sociali del

risarcimento ordinario di tale danno biologico, ma mai sostitutivo, se non
nei casi di assenza del responsabile o insolvenza del danneggiante.
Al di là del rilievo che il ricorso in esame risulta inammissibile per non
trovare riscontro l’interesse sotteso alla domanda di rinuncia alla rendita ex
art. 13 citato, il ricorso stesso risulta, in concreto, infondato nel merito.
Infatti l’esame dei due motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione
della loro stretta connessione sul versante logico-giuridico, porta a
concludere che le censure con detti motivi formulate non possono trovare
ingresso in questa sede. Va premesso che, contrariamente a quanto
sostenuto dal Bianchi, la prescrizione del diritto in esame non può essere
espressione della disponibilità del diritto alla rendita ex art. 13 ad opera
dell’INAIL e dell’assicurato, dal momento che la prescrizione in materia
previdenziale ha proprie caratteristiche per essere in buona misura
condizionato dall’indubbio rilievo pubblicistico che esso assume (cfr. ex
plurimis Cass. 10 dicembre 2004 n. 23116 cui adde sentenza Corte Cost. n.
33 del 1974 e n. 298 del 1999, secondo cui l’esistenza di un termine di
prescrizione del diritto alla rendita risponde tra l’altro alla esigenza
pubblicistica di pronto accertamento dei fatti). Ciò detto, va osservato che
correttamente il giudice d’appello ha ritenuto che la rendita ex art. 13 della
legge n. 38 del 2000 va considerata, per la sua natura e per le finalità ad
esso sottese, di natura previdenziale e non risarcitoria, con conseguente
indisponibilità della tutela dal legislatore assicurato al lavoratore in base
all’art. 38 Cost. per le ricadute derivanti dagli infortuni sul lavoro e le

danneggiato, e l’indennizzo INAIL sarebbe alternativo rispetto al

malattie professionali. Tutela che si concretizza poi, sul piano fattuale, con
la realizzazione di un interesse pubblico a che si garantiscono mezzi
adeguati alle esigenze di vita a quei lavoratori che finiscono per essere
colpiti da eventi lesivi a causa dell’attività lavorativa spiegata. Conclusione
questa che trova conforto nell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità

previdenziale o assistenziale, rinvenibile, ad esempio, in materia di diritti
alle prestazioni della assicurazione obbligatoria ritenuti costituzionalmente
protetti ex art. 3 Cost. (cfr. al riguardo Cass. 1 marzo 2001 n. 2939 in
relazione al diritto al trattamento pensionistico minimo per invalidità,
vecchiaia e superstiti); o con riferimento alla indennità di mobilità ai
lavoratori licenziati di cui all’art. 7 legge n. 223 del 1991 (cfr. Cass. 24
novembre 2011 n. 24828) e che t a ben vedere t è ragione fondante del
principio enunciato dagli stessi giudici di legittimità secondo i quali
l’Istituto di previdenza non ha il potere di revocare una pensione di
vecchiaia già liquidata neanche su domanda del pensionato, potendo
soltanto, nel caso in cui accerti che la prestazione è stata erogata in
mancanza dei requisiti di legge, procedere in via di autotutela
all’annullamento della pensione (cfr. Cass. 9 luglio 2004 n. 12781).
Di una siffatta disponibilità è poi corollario il disposto dell’ultimo comma
dell’art. 2115 cod. civ. che, nel prescrivere la nullità di qualsiasi patto
diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza ed assistenza, induce
a sanzionare con la nullità anche quegli atti transattivi o abdicativi aventi
ad oggetto diritti cui va riconosciuta una copertura costituzionale (per la
nullità ex art. 2115 cod. civ. degli atti di transazione e di rinunzia a forma
di previdenza obbligatoria cfr. Cass. 7 aprile 1992, n. 4119 cui adde
successivamente Cass. 11 febbraio 1999 n. 1431).
Né sotto altro versante, ed ancora ad ulteriore sostegno di quanto sinora
detto, può sottacersi che la fattispecie scrutinata può, in qualche misura,

che ha sovente riconosciuto una indisponibilità degli interessi in materia

assimilarsi a quella riguardante il credito alimentare che, per il suo carattere
personale e per le sue specifiche finalità, non è cedibile, non è
compensabile e non è, infine, neanche suscettibile di rinunzia o transazione
(cfr,. al riguardo, ex plurimis: Cass. 5 agosto 1987 n. 6727 e, da ultimo,
Cass. 4 maggio 2012 n. 6772 secondo cui il legato di alimenti deve avere

dell’alimentando).
Per concludere, la soluzione cui si è pervenuti trova sostanziale riscontro
del resto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 572 del 22.12.1989 la
quale, nell’equiparare ai fini della pignorabilità la pensione INPS con la
rendita INAIL, ha affermato che entrambe, attesa la loro natura
previdenziale, non esauriscono i loro effetti nei confronti dell’assicurato ma
sono finalizzate anche al sostentamento della famiglia a garanzia dei diritti
che l’art. 29 Cost., intende tutelare. Ed al riguardo richiama alcune norme
del D.P.R. n. 1124 del 1965, ancorate a tale esigenza: art. 72 sul divieto di
riduzione dell’indennità ove l’assicurato abbia carichi di famiglia; art. 77
riguardante l’aumento della rendita nel caso in cui l’assicurato abbia moglie
e figli; art. 85, sul regime di reversibilità ai superstiti.
Deve quindi affermarsi in questa sede il principio di diritto secondo cui la
rendita INAIL ha natura previdenziale e non risarcitoria e, come tale, è
sottratta alla disponibilità delle parti ai sensi dell’art. 2115, terzo comma
del codice civile.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna ag ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sostenute
dall’INAIL liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi
professionali oltre accessori di legge. Nulla per le parti rimaste intimate.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013.

riguardo, ai sensi dell’art. 438 cod. civ., alla posizione sociale ed al bisogno

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