Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27640 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27640 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 17117-2013 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA
(80185250588), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente contro
MEZZAPELLE MARIA LETIZIA, ‘ANNETTA PASQUALE,
elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e
difesi dall’avvocato LAURA TARTARINI;
– controricorrenti
nonché contro

Data pubblicazione: 21/11/2017

LEPANTO MAURIZIO, FERRANTE SANDRA, GENNARI
CATIA, elettivamente domiciliati in ROMA, V. NAZARIO SAURO 16,
presso lo studio dell’avvocato STEFANIA REHO, rappresentati e difesi
dall’avvocato MASSIMO PISTILLI;

nonchè contro
LEPANTO MAURIZIO, FERRANTE SANDRA, elettivamente
domiciliati in ROMA, V. NAZARIO SAURO 16, presso lo studio
dell’avvocato STEFANIA REHO, rappresentati e difesi dall’avvocato
MASSIMO PISTILLI;

– ricorrenti incidentali nonché contro
ZAGATTI SABRINA, PRUZZO CRISTINA, BALLESTRINO
GIULIA, GIANCASPRO CATERINA;

– intimati avverso la sentenza n. 103/2013 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA, depositata il 4/3/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 4/10/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA
MA ROTTA.

Rilevato che:
– con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Genova, previa
riunione delle cause, ha confermato le decisioni di primo grado che
avevano riconosciuto in favore dei sopra indicati controricorrenti e
intimati, docenti ed appartenenti al personale ATA, assunti con ripetuti
contratti a tempo deteiminato, la progressione stipendiale maturata in

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– controricorrenti –

forza di tali contratti ed al contempo ritenuto la piena legittimità dei
contratti stessi;
– la Corte territoriale, richiamato quanto affermato da questa Corte
nella sentenza n. 10217/2012, ha sostenuto che i contratti a tennine del
settore scolastico, tanto per il personale docente quanto per quello

368/2001, ma dalle norme speciali contenute nel d.lgs. n. 297/1994 e
nella 1. n. 124/1999; ha escluso che la speciale disciplina fosse in
contrasto con la direttiva 1999/70/CE ed ha affermato che la
valutazione ‘ex ante’ delle ragioni sottese a ciascuna tipologia contrattuale
a termine, ‘tipizzata’ dall’art. 4, co. 1, 2 e 3, della 1. n. 124/1999,
assolveva in maniera idonea e sufficiente l’onere di specificazione delle
ragioni di apposizione della clausola di durata dei contratti di lavoro; per
il resto la Corte genovese, richiamato il principio di non discriminazione
sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo
determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999, nel
respingere le censure mosse dal Miur, ha svolto le seguenti
considerazioni: – le condizioni di impiego, rispetto alle quali sussiste il
divieto di discriminazione, comprendono, in conformità con quanto
chiarito dalla Corte di Giustizia, tutti gli istituti idonei ad incidere sulla
quantificazione del trattamento retributivo, non essendo idonei a
giustificare una diversità di trattamento tanto la mera circostanza che un
impiego nel settore pubblico sia definito ‘non di ruolo’, quanto la
specialità del sistema del reclutamento scolastico; – la posizione del
docente a tempo indeterminato e quella di chi ha lavorato con continuità
nella medesima mansione in forza di una pluralità di rapporti a termine
sono pertanto pienamente equiparabili, non potendo essere preclusiva la
circostanza che si tratti di un impiegato ‘non di ruolo’, non assunto per

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amministrativo, tecnico ed ausiliario, non sono disciplinati dal d.lgs.

pubblico concorso e non soggetto a stabilizzazione dopo un periodo di
prova;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Miur;
– Maurizio Lepanto, Sandra Ferrante, Catia Gennari hanno resistito
con controricorso; i soli Ferrante e Lepanto (v. pag. 22 del

– hanno resistito con controricorso anche Maria Letizia Mezzapelle e
Pasquale ‘annetta;
– gli altri lavoratori sono rimasti intimati;
– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio non partecipata;
– successivamente è stato depositato atto di rinuncia da parte del
Ministero;
– non sono state depositate memorie;
– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che:
– il ricorso del Miur va dichiarato inammissibile nei confronti delle
parti costituite in quanto, non essendo rispettate le formalità previste
dall’art. 390 cod. proc. civ. (rinuncia notificata alla parte costituta o
comunicata agli avvocati della stessa), non può farsi luogo alla
dichiarazione di estinzione del processo ai sensi di tale norma (nella
specie manca la prova dell’avvenuta notifica risultando solo l’avvenuta
consegna all’UNEP della Corte di appello di Roma in data 15 settembre
2017 dell’atto da notificare), dichiarazione che può, invece, essere resa
nei confronti dei lavoratori rimasti intimati; invero, l’atto di rinuncia ha
carattere recettizio, esigendo l’art. 390 cod. proc. civ. che esso sia
notificato alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi
appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass.
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controricorso) hanno, altresì, formulato ricorso incidentale;

31 gennaio 2013, n. 2259) e che l’accettazione della controparte rileva
unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo il
secondo comma dell’art. 391 cod. proc. civ. che, in assenza di
accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la
parte che vi ha dato causa alle spese;

l’estinzione del processo, denota comunque il venire meno di ogni
interesse alla decisione e comporta pertanto l’inammissibilità del ricorso
(cfr. Cass. n. 2259/2013, Cass. n. 11606/2011, Cass., Sez. Un., n.
3876/2010, Cass. n. 23685/2008, Cass. n. 3456/2007, Cass. n.
24514/2006, Cass. n. 15980/2006, Cass. n. 22806/2004);
– con il primo motivo i ricorrenti incidentali denunciano violazione
e/o falsa applicazione del considerando n. 16, dell’art. 2 della direttiva
1999/70/CE, nonché del preambolo (commi 2, 3 e 4 dei punti 6, 7, 10
delle considerazioni generali, della clausola 1, lettera b, della clausola 2,
punto 1), della clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro CES – UNICE
– CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito e
allegato alla direttiva comunitaria 1999/70/CE; violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1, 4, 5 (commi 4 e 4 bis), 10, 11 del d.lgs. n.
368/2001, anche in combinato disposto con l’art. 4 della legge 4 giugno
1999 n. 124. Premettono che le supplenze disciplinate dall’art. 4 della 1.
n. 124/1999 sono volte a soddisfare esigenze permanenti sia nella ipotesi
in cui attengano a vacanze sul cosiddetto organico di diritto, sia qualora
si riferiscano a posti disponibili di fatto, atteso che solo i contratti a
termine previsti dal comma 3 del richiamato art. 4 presuppongono una
ragione effettivamente temporanea e transitoria, essendo per lo più
stipulati nei casi di sostituzione di personale assente. Deducono che la
normativa speciale, in quanto in insanabile contrasto con le previsioni
del d.lgs. n. 368/2001, è stata da quest’ultimo abrogata, in forza della
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– la rinuncia non notificata, sebbene non idonea a determinare

norma di chiusura dettata dall’art. 11 dello stesso decreto. Aggiungono
che il sistema del reclutamento del personale a termine della scuola viola
la direttiva richiamata in rubrica, perché consente la reiterazione del
contratto a tempo determinato in assenza di ragioni oggettive, non
potendosi ritenere tali le esigenze di contenimento della spesa pubblica,

dei contratti;
– con il secondo motivo denunciano la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 oltre che della direttiva
eurounitaria e del già richiamato d.lgs. n. 368/2001. Sostengono che, una
volta accertata l’illegittimità della reiterazione, dovrebbe essere disposta
la trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo
indeterminato, in quanto il personale da immettere definitivamente nei
ruoli del Ministero viene individuato sulla base della posizione rivestita
nelle graduatorie permanenti, utilizzate anche per il conferimento delle
supplenze annuali. Nell’ambito scolastico, quindi, alla pronuncia di
conversione non risulta ostativo il principio costituzionale del pubblico
concorso, giacché il reclutamento, anche nella sua forma ordinaria,
prescinde da quest’ultimo. Aggiungono che la giurisprudenza della Corte
di Giustizia è chiara nell’affermare che l’abuso può essere represso e
sanzionato anche attraverso una misura diversa dalla conversione,
purché quest’ultima sia effettiva, dissuasiva ed equivalente. Il
risarcimento del danno, pertanto, deve essere congruo e deve avere
anche una finalità sanzionatoria;
– con il terzo motivo denunciano la violazione e/o falsa applicazione
del diritto comunitario avuto riguardo alla direttiva 1999/70 CE e la
violazione dell’obbligo internazionale derivante dall’art. 6/1 della
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Asseriscono che il comma

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e senza porre alcun limite al numero dei rinnovi o alla durata massima

18 dell’art. 9 del d.l. n. 70/2011 sarebbe in contrasto con la citata
direttiva 1999/70/CE;
– i ricorrenti chiedono anche darsi avvio, ai sensi dell’art. 267 del
TFUE, alla procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE,
fotinulata sulla dedotta contrarietà con la clausola 5, punti 1 e 2,

Direttiva 1999/70/CE, e della clausola 4 dello stesso accordo quadro, e
sull’ipotizzato contrasto 3 del principio di uguaglianza e non
discriminazione del diritto UE, del trattamento previsto nel nostro
ordinamento rispettivamente per i contratti di lavoro a tempo
determinato stipulati con la pubblica amministrazione, in particolare nel
Comparto Scuola;
– le questioni oggetto dei motivi di ricorso incidentale sono già state
scrutinate da questa Corte nelle recenti decisioni del 2016 nn. da 22552 a
22557, 23534, 23535, 23750, 23751, 23866, 23867 , da 24934 a 24040,
da 24126 a 24130, 24272, 24273, 24275,24276, e da 24813 a 24816, in
relazione a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame;
– in particolare è stato affermato (punto 118.A della citata Cass. n.
22557/2016) che la disciplina del reclutamento del personale a termine
del settore scolastico, contenuta nel d.lgs. n. 297/1994, non è stata
abrogata dal d.lgs. n. 368/2001, essendone stata disposta la salvezza
dall’art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165/2001, che ad essa attribuisce un
connotato di specialità;
è stato anche precisato (punto 119.B) che, per effetto della
dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 1, e 11 della 1. n.
124/1999 e in applicazione della direttiva 1999/70/CE, è illegittima la
reiterazione dei contratti a tetmine stipulati ai sensi di detti artt. 4, co. 1,
e 11 della 1. n. 124/1999, prima dell’entrata in vigore della 1. n.
107/2015, rispettivamente con il personale docente e con quello
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dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla

amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, stipulati a far tempo dal
10.7.2001 e che abbiano avuto durata complessiva, anche non
continuativa superiore a trentasei mesi;

comma 2, ora comma 5) del d.lgs. n. 165/2001, la violazione di
disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori,
da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la
costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le
medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni
responsabilità e sanzione;
– è stato, altresì, chiarito (punto 121.D) che nelle ipotesi di
reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4, co. 1, della
1. n. 124/1999, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della 1. n.
107/2015, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata
misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a
sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della
violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista
nella citata 1. n. 107/2015, attraverso il piano straordinario destinato alla
copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto,
relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione
del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi
certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel
tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad
esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell’art. 1 della 1.
n. 107/2015 e così anche (punto 122.E) nelle ipotesi di reiterazione,
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– è stato rimarcato (punto 120.C) che, ai sensi dell’art. 36 (originario

realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore dell’indicata
legge, rispettivamente con il personale docente e con quello
amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata

sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della
violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti
e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare
dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali;
– qualora trattasi (punto 124.G) di ipotesi di reiterazione di contratti
a termine stipulati ai sensi dell’ art. 4, co. 1, 1. n. 124/1999, avveratasi a
far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico
ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi
precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al
risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella
sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072/2016;
– invece (punti 102 e 125.H) nelle ipotesi di reiterazione di contratti a
termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su ‘organico di
fatto’ e per le supplenze temporanee non è in sé configurabile alcun
abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva fermo
restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio
o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola
reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;
– va rilevato che nella fattispecie dedotta in giudizio non è
configurabile comunque alcuna abusiva reiterazione dei contratti a
termine in quanto pare evincersi dalle pur scarne indicazioni contenute
tanto nella sentenza impugnata quanto nel ricorso incidentale che si è
trattato esclusivamente di assunzioni a termine a termine su posti di
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misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a

organico di diritto che non hanno avuto durata superiore a trentasei
mesi (né invero i ricorrenti incidentali hanno specificamente dedotto che
detto termine sia stato superato limitandosi ad una generica
affermazione di non brevità o temporaneità e senza alcun distinguo tra
le singole posizioni) ovvero di assunzioni su posti di organico di fatto,

fatto disponibili, per varie ragioni, quali l’aumento imprevisto della
popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti
tuttavia immutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a
motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico – cfr. punto 19 della
citata Cass. n. 22557/2016 -;
– i ricorrenti non hanno, d’altra parte mai dedotto o allegato – se non
con apodittica e generica affermazione – che vi sia stato, nella concreta
attribuzione delle supplenze sui posti in organico di fatto, un uso
improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato dal
legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle
concrete esigenze del servizio nè tampoco ha allegato circostanze
concrete (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e
con riguardo alla stessa cattedra) che consentissero di ritenere
permanenti e durature le esigenze di copertura dei posti di fatto
disponibili;
– vanno, poi, richiamate le considerazioni esposte nei punti da 105 a
116 della citata decisione di questa Corte in merito alla non necessità di
un nuovo rinvio pregiudiziale, giacché sul concetto di equivalenza ed
effettività la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata e proprio su
dette pronunce le Sezioni Unite di questa Corte hanno fondato il
principio di diritto affermato con la sentenza n. 5072/2016;
– sulla scorta delle considerazioni svolte discende che la sentenza
impugnata, seppur erronea nella parte in cui ha escluso qualsiasi profilo
Ric. 2013 n. 17117 sez. ML – ud. 04-10-2017
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per coprire posti che non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di

di contrasto fra la no nativa speciale del settore scolastico e la direttiva
1999/70/CE, deve essere confermata, ex art. 384, co. 4, cod. proc. civ.,
perchè il suo dispositivo è conforme a diritto sulla base della diversa
motivazione qui enunciata;
– pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso

– va, altresì, dichiara l’estinzione del processo nei confronti dei
lavoratori rimasti intimati e l’inammissibilità del ricorso del Miur nei
confronti delle altre parti;
– la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle
Corti territoriali e solo di recente affrontata dalla Corte di legittimità,
giustificano la compensazione delle spese del giudizio;
– va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, della 1. n.
228/2012, in quanto l’obbligo del previsto pagamento aggiuntivo non è
collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto
integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del
ricorso (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014);
– l’indicata norma, tuttavia, non può trovare applicazione nei
confronti delle Amministrazioni dello Stato atteso che le stesse,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal
pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. n.
1778/2016);

P.Q.M.
La Corte, dichiara l’estinzione del processo nei confronti dei
lavoratori rimasti intimati; dichiara l’inammissibilità del ricorso del Miur
nei confronti delle altre parti; rigetta il ricorso incidentale dei lavoratori;
compensa le spese.

Ric. 2013 n. 17117 sez. ML – ud. 04-10-2017
11-

incidentale va rigettato;

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13.

Il Presidente
Adriana Doronzo

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Il Funzionario Giud

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DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

2 NOV. 2017

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Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 ottobre 2017.

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