Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2764 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2764 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 11355-2010 proposto da:
DIARIO S.R.L. C.F. 02564980247, già DIARIO SAS DI
Zorzan Vittorio e C.,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
_—
in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio
dell’avvocato GIGLI GIUSEPPE, che la rappresenta e
f2O13
3696

difende unitamente all’avvocato CINTI RICCARDO,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

Data pubblicazione: 06/02/2014

SOCIALE

C.F.

80078750587

in

persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.,
05870001004,

elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA N.

29,

presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli
avvocati CALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO, MARITATO
LELIO, giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n.

501/2009 della CORTE D’APPELLO

di VENEZIA, depositata il 40/12/2009 R.G.N. 9/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/12/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato CINTI RICCARDO;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO / che ha concluso per
l’inammissibilità,
quanto di ragione.

in subordine accoglimento per

C.F.

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Vicenza, la società Diario s.a.s. proponeva
opposizione alla cartella esattoriale notificatale il 27.3.03 per il pagamento
della somma di E.105.691,81 a titolo di contributi e sanzioni dovuti
all’INPS per gli anni 1997, 1999, 2000 e 2001. A fondamento della
opposizione deduceva che la cartella esattoriale traeva origine da tre

qualificato come subordinati i rapporti intercorsi con le signore Monica
Scapin, Miriam Fontana, Evelin Bassani e Stefania Marchesini. La società
opponente deduceva di aver stipulato con le predette lavoratrici contratti
di associazione in partecipazione, escludendo la natura subordinata dei
rapporti di lavoro e chiedendo l’annullamento della cartella, anche per
carenza di motivazione.
L’INPS si costituiva in giudizio contestando la fondatezza dell’opposizione,
essendo emersa la natura subordinata dei rapporti di lavoro in questione,
chiedendone il rigetto.
Il Tribunale accoglieva l’opposizione, annullando la cartella opposta.
Proponeva appello l’INPS; resisteva la Diario s.a.s.
Con sentenza depositata il 10 dicembre 2009, la Corte d’appello di Venezia
accoglieva il gravame e respingeva l’opposizione proposta dalla Diario
s.a.s.
Per la cassazione propone ricorso quest’ultima (divenuta nelle more Diario
s.r.I.), affidato a cinque motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste l’INPS, in proprio e quale mandatario della SCCI s.p.a., con
controricorso.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2549-2554 e 2094 c.c., nonché 329 c.p.c., oltre ad
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo della controversia (art. 360, comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che la Corte di merito non aveva attribuito il giusto rilievo alla
volontà delle parti quale risultante dai contratti di associazione in

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verbali ispettivi dell’INPS del 31.10.01, 19.11.01 e 19.12.01, che avevano

partecipazione in atti, incombendo comunque sull’INPS l’onere di provare
la natura subordinata dei rapporti di lavoro in questione, mentre l’Istituto
non aveva neppure censurato in appello quanto al riguardo accertato dal
primo giudice, formandosi così giudicato interno sul punto.
Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile laddove lamentando un mancato motivo di gravame da

la natura autonoma dei rapporti di lavoro in questione, la società
ricorrente non produce né specifica il contenuto del gravame proposto
dall’INPS, adempimenti necessari anche laddove sia denunciato un error in
procedendo (Cass. sez. un. 22.5.12 n. 8077).
Infondato in quanto, a prescindere dal contenuto del contratto (destinato
ad essere superato dal concreto atteggiarsi del rapporto, per tutte: Cass.
n. 1420\02, secondo cui la qualificazione del rapporto compiuta dalle
parti nella iniziale stipulazione del contratto non è determinante, stante
l’idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti ad
esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova
diversa volontà), rileva il Collegio che in ogni caso la caratteristica
dell’associazione in partecipazione è la presenza o meno, in capo
all’associato, dell’alea o rischio di impresa (Cass. n.19475\03; da ultimo
Cass. n. 16226\13), circostanza che nella specie difetta di specifiche
allegazioni, ancor prima di prova.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2549, 2552, 2553, 2554 e 2094 c.c. in relazione
all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c.
Lamenta che la sentenza impugnata affermò l’esistenza della
subordinazione sulla base di una accertata assenza di margini significativi
di autonomia nella gestione dei punti vendita cui erano addette le
lavoratrici, senza compiutamente accertare gli elementi costitutivi della
stessa, e cioè l’esistenza di pregnanti e specifiche direttive attinenti
l’intrinseco svolgimento della prestazione lavorativa, oltre alla soggezione

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parte dell’INPS in ordine all’accertamento compiuto dal primo giudice circa

al potere disciplinare, e non già attraverso direttive di carattere generale,
compatibili, e fìnanche connaturali, col rapporto di lavoro autonomo.
Il motivo è inammissibile in quanto non specifica, in contrasto con l’art.
366 c.p.c. ed il principio di autosufficienza del ricorso, gli accertamenti e
gli elementi fattuali in base ai quali la Corte di merito pervenne alla
contestata conclusione; ed inoltre in quanto esso tenderebbe comunque

diversa valutazione delle circostanze di causa, prospettando un preteso
migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti (ex plurimis,
Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia una insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della
controversia relativo all’esistenza della subordinazione ed al grado di
autonomia delle lavoratrici, oltre che in ordine alla valutazione delle prove
raccolte. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c., 251 e
112 c.p.c., oltre che della legge n. 129\04 (art. 360, comma 1, nn.3 e 5
c.p.c.).
Lamenta, circostanza logicamente prioritaria, che la Corte distrettuale
prese in esame, inferendo che da essi parimenti emergevano scarsi se non
inesistenti margini di autonomia per le lavoratrici, i contratti di affiliazione
commerciale (o franchising) di cui alla legge n. 129\04, che legavano
l’associante ai punti vendita affiliati (della società Calzedonia), presso cui
erano addette le signore Scapin, Fontana, Bassani e Marchesini, senza che
tale circostanza fosse stata devoluta dall’INPS con l’atto di appello.
La censura è inammissibile per le medesime considerazioni svolte sub 1), e
cioè per non essere stato prodotto né specificato il contenuto del gravame
proposto dall’INPS, adempimento necessario anche laddove sia denunciato
un error in procedendo (Cass. sez. un. 22.5.12 n. 8077).
Lamenta ancora che i giudici di appello non valutarono correttamente le
emergenze istruttorie e che l’affiliazione commerciale con altra società
(Calzedonia) prevedeva necessariamente vincolanti obblighi per i punti
vendita affiliati (presso cui le lavoratici in questione operavano quali

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ad ottenere da questa S.C. un diverso esito del giudizio attraverso una

addette alla vendita), al fine di consentirne l’uniformità di immagine, che
tuttavia non rilevavano quanto al contratto di associazione in
partecipazione stipulato tra essa ricorrente e le lavoratrici in questione,
pena la violazione della L. n. 129\04 che, così interpretata, comporterebbe
un inesistente vincolo di subordinazione tra affiliante ed affiliato.
Il motivo è infondato posto che, stante la dedotta indipendenza del

partecipazione di cui si discute, quel che effettivamente rileva è l’effettiva
autonomia o subordinazione del rapporto di lavoro all’interno di
quest’ultimo contratto con riferimento al suo concreto atteggiarsi, la cui
ricostruzione da parte del giudice di appello (che ha accertato sia
l’esistenza di un potere direttivo dell’associante sia i compiti meramente
esecutivi svolti dalle dipendenti, privi di margini di iniziativa) l’attuale
ricorrente contesta sulla base di una serie di elementi fattuali quali le
dichiarazioni rese dalle lavoratrici agli ispettori del lavoro, ed alle
numerose deposizioni testimoniali raccolte, di cui riporta taluni brani.
Sotto questo profilo il motivo è inammissibile, richiedendo alla Corte un
diretto esame e valutazione delle deposizioni testimoniali (Cass. 19
dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo
2010 n. 7394).
Resta così assorbita la denunciata violazione degli artt. 2697 e 2700 c.c.,
risultando irrilevante, a fronte dell’accertamento direttamente compiuto
dal giudice di merito in ordine al concreto atteggiarsi del rapporto, se la
Corte di merito abbia o meno attribuito l’esatto valore probatorio agli atti
ispettivi, ed in particolare alle circostanze che l’attuale ricorrente deduce
essere mere valutazioni dei verbalizzanti.
4.-Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2549, 2552, 2553 e 2697 c.c., oltre ad
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo della controversia circa la sussistenza del rischio di impresa in
capo alle associate ed alla valutazione delle relative prove (art. 360,
comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).

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contratto di affiliazione commerciale da quello di associazione in

Lamenta che la Corte di merito ritenne erroneamente che le prove
acquisite non avevano consentito di accertare una effettiva partecipazione
delle associate agli utili di impresa e quindi al correlato rischio, in
contrasto con la giurisprudenza di legittimità sul punto e con la
documentazione in atti da cui emergeva la pattuizione di una
partecipazione agli utili di esercizio.

deposizioni testimoniali raccolte, lamentandone una erronea valutazione
da parte del giudice di merito, che neppure considerò, infine, che le parti
non avevano pattuito la pur legittima esclusione delle associate dalla
partecipazione alle perdite.
Anche tale motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato,
richiedendo in primis a questa Corte un riesame delle risultanze istruttorie,
senza peraltro contestare quanto affermato dalla Corte di merito circa
A.
l’irrilevanza dei documenti da cui sarebbe emersa la corresponsione kmji
utili e\o relativi conguagli, in quanto privi di data certa, in linea con quanto
affermato in materia da questa Corte (Cass. n. 13943\12; Cass.
n.15954\05). In ogni caso la sentenza impugnata ha comunque accertato,
attraverso le deposizioni testimoniali, la mancanza di prova in ordine alla
partecipazione agli utili, evidenziando peraltro che mentre dalla
documentazione prodotta dalla società appellante risultava una sensibile
oscillazione della percentuale di pretesa partecipazione agli utili, in sede
testimoniale era emerso che essa era rimasta invariata nel corso del
rapporto, evincendosene la percezione di importi remunerativi fissi.
Deve per il resto ribadirsi che seppure la questione della partecipazione
agli utili è stata ritenuta

necessaria ai fini della partecipazione

dell’associato da un orientamento di questa S.C. (Cass. n. 19475\03; Cass.
n. 24781\06) ed esclusa dal altro (Cass. n. 9264\07; n. 24871\08; n.
3894\09), rileva il Collegio che in ogni caso la caratteristica
dell’associazione in partecipazione, come in precedenza evidenziato, è la
presenza del rischio di impresa in capo all’associato, ciò che nella specie
la Corte di merito ha motivatamente escluso, accertando peraltro che

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Allega allo scopo quindici prospetti contabili, nonché taluni brani delle

nessuna adeguata prova era emersa anche in ordine ad eventuali
conguagli.
5.- Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2549 e 2552, 2697 e 2704 c.c., oltre ad
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo della controversia circa il potere di controllo dell’associato e del

(art. 360, comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che se il diritto di controllo dell’associato, quanto meno
attraverso il rendiconto, è da ritenersi essenziale ai fini della
configurazione del contratto di associazione in partecipazione, ciò non
toglie che l’associato possa o meno di fatto esercitarlo.
Lamenta che la Corte di merito ritenne allo scopo inutilizzabili i documenti
di rendiconto prodotti, perché privi di data certa, data che non risultava
necessaria, senza considerare che l’eccezione formulata dall’INPS
riguardava solo taluni dei rendiconti prodotti. Lamenta che in ogni caso, ex
art. 2704 c.c., la data certa rileva solo al fine di poter opporre il contenuto
dell’atto ad un terzo a partire da tale data e non in assoluto, quale fatto
storico, che risultava accertato sia dalle deposizioni testimoniali, sia dagli
stessi verbali ispettivi, questione diversa essendo quella dell’effettivo
esercizio del diritto riconosciuto, circostanza evidentemente irrilevante.
Il motivo è infondato, restando dirimente l’accertamento compiuto dalla
Corte di merito circa l’effettiva subordinazione delle lavoratrici.
Deve in ogni caso evidenziarsi che seppure è corretto ritenere che
l’esistenza del diritto (nella specie al controllo dei dati contabili) non è
subordinata alla circostanza fattuale che esso sia o meno in concreto
esercitato, ciò non toglie che nella specie non è risultata provata neppure
la consegna o la messa a disposizione delle lavoratrici dei pur menzionati
rendiconti che avrebbero consentito l’esercizio del diritto in questione (di
controllo).

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diritto dell’associato al rendiconto ed alla valutazione delle prove sul punto

Quanto al valore di documenti privi di data certa, deve rimarcarsi che
correttamente la Corte di merito, in linea con la giurisprudenza di
legittimità sopra indicata, ne ha escluso la rilevanza.
Deve al riguardo osservarsi che la considerazione che l’art. 2704 c.c.
prescrive che il documento privo di data certa non è opponibile se non dal
momento in cui esso è sicuramente formato, non assume rilievo dirimente,

rendicontazione redatta in tesi dal l’associante.
Come osservato da Cass. n. 13943\12, in tema di data della scrittura
privata, qualora manchino le situazioni tipiche di certezza contemplate
dall’art. 2704, primo comma, cod. civ., ai fini dell’opponibilità della data ai
terzi è necessario che sia dedotto e dimostrato un fatto idoneo a stabilire
in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento.
Ne consegue che tale dimostrazione può anche avvalersi di prove per
testimoni o presunzioni, ma solo a condizione che esse evidenzino un fatto
munito della specificata attitudine, non anche quando tali prove siano
rivolte, in via indiziaria e induttiva, a provocare un giudizio di mera
verosimiglianza della data apposta sul documento.
6.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in E.100,00 per
esborsi, E.3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 dicembre 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

trattandosi nella specie di accertare se in costanza di rapporto vi sia stata

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