Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2764 del 05/02/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 05/02/2018, (ud. 22/11/2017, dep.05/02/2018),  n. 2764

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che la ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 157/35/2013, depositata il 6 giugno 2013, non notificata, la CTR del Lazio rigettò l’appello proposto dall’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia (ONMI) nei confronti del Comune di Velletri e di Velletri Servizi S.p.A., quale concessionario per l’accertamento e la riscossione dei tributi di detto Comune, avverso la sentenza di primo grado resa dalla CTP di Roma, che aveva a sua volta rigettato i ricorsi, separatamente proposti e di seguito riuniti, avverso avvisi di accertamento per ICI relativa alle annualità 2006 e 2007.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, nel quale convergono diversi ordini di censure, ulteriormente illustrato da memoria.

Il Comune di Velletri resiste con controricorso, mentre non ha svolto difese l’intimata Velletri Servizi S.p.A..

Nell’ambito dell’unico motivo di ricorso, privo di numerazione e rubrica in uno ai relativi parametri normativi di riferimento, l’ente ricorrente lamenta in primo luogo nullità della sentenza o del procedimento, per non avere ricevuto l’appellante comunicazione della data di fissazione dell’udienza di discussione dinanzi al giudice tributario d’appello, ciò comportando altresì che la ricorrente è stata in grado di accertare l’avvenuto deposito della sentenza in questa sede impugnata solo da un controllo operato presso la segretaria della CTR. Tale circostanza, secondo la ricorrente, rende legittima, ex art. 327 c.p.c., comma 2, l’impugnazione tardiva avverso la sentenza resa dal giudice tributario d’appello.

In relazione ad ulteriori profili, l’ente ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per non avere rilevato la sentenza impugnata che il potere di accertamento dei tributi locali non è suscettibile di delega a terzi, ed ancora per non avere riconosciuto, in favore dell’ente, l’esenzione dall’ICI invocata ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), per essere l’unità immobiliare oggetto di accertamento, quantunque locata a terzi, destinata all’esercizio delle attività di assistenza e beneficenza dell’Opera nei confronti di categorie bisognose.

Il ricorso è inammissibile.

Decisivo ed assorbente rispetto ad ogni ulteriore considerazione è il rilievo della tardività, pacifica, del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza impugnata.

Invero quest’ultima, non notificata, è stata depositata il 6 giugno 2013. Il ricorso per cassazione avverso detta sentenza è stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale dal difensore munito di specifica autorizzazione da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, L. n. 53 del 1994, ex art. 1, risultando spedito in data 25 novembre 2015, ben oltre, quindi, il termine lungo annuale di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, trattandosi di giudizio introdotto in primo grado anteriormente alla data del 4 luglio 2009, pur tenendo conto del periodo di sospensione feriale secondo la L. n. 742 del 1969, art. 1, nella sua formulazione pure applicabile ratione temporis.

Nè vale a giustificare tale circostanza la deduzione della mancata ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione e quella in ordine all’omessa comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza impugnata, posto che l’impugnazione tardiva, ex art. 327 c.p.c., comma 2, presuppone la contumacia incolpevole nel processo chiusosi con la sentenza impugnata (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 11 aprile 2017, n. 9930; Cass. sez. 6-5, 15 ottobre 2013, n. 23323, con riferimento alla proposizione dell’appello tardivo nel processo tributario), neppure sussistendo un interesse tutelato all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, con riferimento alla censura di nullità della sentenza per difetto di comunicazione dell’udienza di discussione (cfr. Cass. sez. 5, 18 dicembre 2014, n. 26831).

Parte ricorrente – che ha fondato il proprio assunto in punto di ammissibilità dell’impugnazione tardiva sulla pronuncia, rimasta isolata, di questa Corte (Cass. sez. 5, 11 marzo 2013, n. 6048), secondo cui il dies a giro per proporre l’impugnazione decorre dalla data in cui la parte ne ha avuto conoscenza – nella memoria depositata in atti, a seguito della proposta del relatore per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso in base ai rilievi sopra esposti, nulla ha replicato in proposito, soffermandosi nuovamente ed esclusivamente sulle questioni inerenti la dedotta violazione di norme di diritto relativamente al merito della decisione adottata dalla CTR del Lazio.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna, secondo soccombenza, della ricorrente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del Comune controricorrente, liquidate come da dispositivo.

Nulla va invece statuito riguardo al rapporto processuale tra l’ente ricorrente e l’intimata Velletri Servizi S.p.A., non avendo quest’ultima svolto difese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2018

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