Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27635 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 29/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 29/10/2019), n.27635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8394/2014, proposto da:

N.A., rappresentato e difeso dall’avv. Nicola

Pignatiello del foro di Napoli ed elettivamente domiciliato in Roma,

Piazza della Libertà, 20, presso lo studio dell’avv. Marco Orlando;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– resistente –

per la cassazione della sentenza n. 217/47/13 depositata il 7 ottobre

2013 dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, avente

ad oggetto l’avviso di accertamento (OMISSIS) dell’Agenzia delle

Entrate di (OMISSIS).

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

N.A. ha impugnato l’avviso di accertamento sopra detto con il quale l’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) ha accertato sinteticamente per l’anno 2004, sulla base di studi di settore, maggiore reddito imponibile;

la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, in parziale accoglimento del ricorso, lo ha ridotto;

su appello del contribuente e su appello incidentale dell’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha confermato la sentenza di primo grado;

ricorre per due motivi il contribuente;

l’Agenzia delle Entrate, costituitasi tardivamente e al solo fine di partecipare all’eventuale discussione, con istanza 11.10.2018 ha chiesto la fissazione dell’udienza avendo la Direzione Provinciale di (OMISSIS) negato la definizione agevolata della controversa al D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11.

Per la trattazione della causa è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 29 maggio 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma, 3-bis, – violazione della circolare 19/E del 10.4.2010 – Direzione centrale affari legali e contenzioso, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto l’accertamento, fondato su studi di settore, non era stato preceduto dal contraddittorio con il contribuente.

il motivo è palesemente infondato.

Su questo punto, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale si è espressa nel modo seguente:

“Ed infatti in relazione alla eccepita violazione della L. n. 146 del 1988, art. 10, comma 3 bis, si osserva che la stessa è assolutamente priva di fondamento, atteso che a seguito di istanza di accertamento con adesione sono intervenuti vari incontri con i funzionari dell’Ufficio conclusosi con la stesura e la sottoscrizione di un verbale di contraddittorio in data 21 gennaio 2010 con il quale l’Ufficio dopo aver valutato le motivazioni del ricorrente determinò un reddito di impresa di Euro 37.666.30 ottenuto mediante l’applicazione di una percentuale di redditività del 14%. In conseguenza essendoci stati detti incontri non si comprende sotto quale profilo l’Ufficio doveva ulteriormente invitare il contribuente prima della notifica dell’avviso di accertamento ad una ulteriore fase di contraddittorio”.

Il ricorrente trascura e non impugna questo punto della motivazione, con il quale la Commissione Tributaria Regionale ha risposto allo stesso motivo qui riproposto e così operando adduce un motivo infondato.

Con il secondo motivo deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, – violazione della circolare 19/E del 10.4.2010 Direzione centrale affari legali e contenzioso, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, per non avere la Commissione Tributaria Regionale dichiarato la nullità dell’accertamento, che si era limitato a richiamare lo scostamento fra ricavi presunti ricavi dichiarati senza alcuna motivazione ulteriore e senza chiarire in base a quali elementi specifici era pervenuto alla determinazione dei maggiori ricavi e per quali motivi detto scostamento costituisse grave incongruenza. Rileva che per giurisprudenza consolidata i risultati degli studi di settore non si possono applicare automaticamente ma devono essere adeguati al caso concreto. La sentenza aveva invece disatteso gli specifici elementi addotti davanti alla Commissione Tributaria Provinciale e da questa non attentamente valutati. Deduce altresì che lo studio di settore applicato aveva subito negli anni successivi affinamenti in favore dei contribuenti, che si sarebbero dovuti applicare retroattivamente.

Il motivo è inammissibile.

Per la prima parte, la sentenza si adegua alla giurisprudenza consolidata, dalla quale non c’è motivo per dissentire, secondo cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (da ult., cass., 27617/2018).

Riguardo al secondo aspetto della doglianza, esso introduce una questione di merito che esula dalla giurisdizione di questa Corte, a fronte dell’esame che la Commissione Tributaria Regionale ha compiuto della sentenza di primo grado e dell’esito del relativo giudizio, che aveva anche ridotto la base imponibile.

Riguardo al terzo aspetto, non risulta in alcun modo che nel corso del giudizio di merito sia stata posta la questione dell’intervenuto affinamento dello studio di settore applicato.

Nulla per le spese in assenza di attività difensiva dell’Agenzia delle Entrate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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