Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27633 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 03/12/2020), n.27633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13721/2019 R.G. proposto da:

R.I., in proprio e nella qualità di legale

rappresentante della MERIDIONAL LING s.r.l. in liquidazione,

rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso,

dall’avv. Maria VISCOLO, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla

via Rimini, n. 14, presso lo studio legale dell’avv. Nicoletta

CARUSO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e

difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9024/20/2018 della Commissione Tributaria

Regionale della CAMPANIA, depositata il 19/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 11/11/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un diniego di rimborso del credito IVA che R.I., quale titolare della ditta Meridional Ling s.r.l. in liquidazione, cessata nel 2006, aveva maturato nel predetto anno d’imposta ed indicato nel quadro RX della dichiarazione Mod. Unico 2007, con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello proposto dal predetto contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che il contribuente neanche in appello aveva provato la sussistenza del credito vantato;

– avverso tale statuizione il ricorrente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con memoria, cui replica con controricorso l’Agenzia delle entrate – Riscossione;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo mezzo di cassazione il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè degli artt. 2220 e 2697 c.c.. Sostiene che la CTR, con motivazione “illogica e quasi inesistente”, aveva rigettato l’appello sul presupposto del difetto di prova dell’esistenza del credito che l’amministrazione finanziaria non aveva mai contestato.

2. Il motivo è inammissibile.

3. In disparte le disorganiche ed invero poco chiare argomentazioni svolte nell’illustrazione del motivo di ricorso, con cui vengono peraltro dedotte cumulativamente plurime violazioni di norme sostanziali e processuali, tra loro intrinsecamente commiste, rileva il Collegio che, escluso il difetto assoluto di motivazione (che deve ritenersi pure contestato), avendo la CTR espresso una chiara ratio decidendi da ravvisarsi nel rilevato difetto di prova da parte del contribuente dell’esistenza del credito chiesto a rimborso, il motivo, là dove deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., risulta inammissibile perchè mira a porre in discussione l’apprezzamento della sussistenza o della insussistenza della non contestazione compiuta dal giudice di merito. Tale apprezzamento esige l’interpretazione della domanda e delle deduzioni delle parti ed è perciò riservato al giudice di merito, essendo sindacabile in cassazione solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa ipotesi nella specie non sussistenti.

4. Sul punto, va ribadito il principio di diritto, secondo cui l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione (Cass., Sez. L, n. 10182 del 03/05/2007; Sez. L, n. 27833 del 16/12/2005), nella specie non dedotto e comunque neppure deducibile ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e per divieto posto dall’art. 348-ter c.p.c., (vertendosi in ipotesi di c.d. doppia conforme). Invero, il motivo in esame investe un elemento valutativo riservato al giudice del merito, atteso che – nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., secondo cui la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ab onere probandi – spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di contestazione o non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (cfr., fra le altre, Cass. n. 13217 del 2014 e, più recentemente, Cass. n. 3680 del 2019).

5. A ciò aggiungasi che dalla sentenza impugnata emerge che i giudici di primo grado avevano rigettato il ricorso, oltre che per tardività dell’istanza di rimborso, avanzata oltre il termine biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, anche sul rilievo che il contribuente non aveva provato la sussistenza del credito “nonostante la contestazione dell’Agenzia”.

6. Orbene, il ricorrente neppure ha dedotto di aver impugnato tale statuizione nulla emergendo nè dal ricorso nè dalla sentenza impugnata, con conseguente inammissibilità del motivo anche sotto il profilo della novità della questione in esso dedotta, che deve ritenersi coperta da giudicato interno.

7. Anche il secondo motivo, con cui viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata esclusivamente sul difetto di prova della sussistenza del credito chiesto a rimborso. Anche a voler prescindere dalla violazione del principio di autosufficienza del motivo, che non riporta alcuna indicazione specifica sulla proposizione in grado di appello del motivo di impugnazione avverso la statuizione adottata sul punto dai giudici primo grado, poichè in secondo grado la questione della tardività dell’istanza di rimborso è rimasta assorbita, il ricorrente avrebbe dovuto censurare la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta con riguardo alla questione posta nel mezzo in esame, come vizio di motivazione del tutto omessa (cfr. Cass., Sez. 1, ord. n. 28995 del 12/11/2018, Rv. 651580; in termini già Cass., Sez. 1, sent. n. 28663 del 27/12/2013, Rv. 629570).

8. In strema sintesi, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente, rimasto soccombente, condannato al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

 

 

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