Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27629 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 27629 Anno 2017
Presidente: MATERA LINA
Relatore: FEDERICO GUIDO

ORDINANZA

sul ricorso 5706-2014 proposto da:
SCAVONE ERCOLE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato
ANDREA GRAZIANI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GIOACCHINO PIPITONE;
– ricorrente contro

CURATELA FALLIMENTO LAMAS DISTRIBUZIONE S.r.l.

in

persona del Curatore pro tempore;
– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MARSALA, depositato
il 13/02/2014, Cron.n. 190/14, R.G.n. 770/13;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO

Data pubblicazione: 21/11/2017

/

/

FEDERICO.

Esposizione del fatto
Ercole Scavone propone ricorso per cassazione, con due motivi, avverso
il decreto del Tribunale di Marsala, depositato il 13.21.2014, che ha

liquidazione delle sue competenze, quale ausiliario del

respinto il reclamo proposto dall’odierno ricorrente avverso il decreto di
curatore

fallimentare, emesso dal G.D. del fallimento Lamas Distribuzione srl.
Il Tribunale, premesso che il coadiutore del curatore fallimentare, pur
avendo funzioni di collaborazione ed assistenza, non può essere
qualificato come consulente tecnico ex art. 61 cpc, e rilevato che nel caso
di specie lo Scavone aveva chiesto la liquidazione per l’espletamento di
attività e compiti propri del curatore fallimentare, ha affermato di
condividere il criterio utilizzato dal Giudice Delegato, il quale aveva fatto
riferimento al parametro residuale di cui all’art. 4 1.1980 n.31, piuttosto
che al criterio di cui all’art. 4 DM 30.5.2002.
Il fallimento Lamas Distribuzione srl non ha resistito.
Considerato in diritto
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 32 1.f. e dell’art. 150 Dlgs. n.5/2006, lamentando l’errata
applicazione dell’art. 32 11 nella nuova formulazione, risultante dal
d.lgs. 5/2006 , dovendo invece ritenersi applicabile alla fattispecie in
esame la formulazione anteriore, in ragione del chiaro disposto dell’art.
150 Disp. Trans. del D.lgs. n.5/2006.
In particolare, secondo il ricorrente, deve ritenersi errato ed illogico il
richiamo al nuovo testo dell’art. 32 1.f. e la statuizione del Tribunale, il
quale ha qualificato il coadiutore come ausiliario del giudice e proceduto

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alla determinazione del compenso in proporzione a quanto spettante al
curatore.
Il motivo è inammissibile per carenza di decisività, in quanto non coglie

la ratio della statuizione impugnata.
Il Tribunale non ha infatti affermato l’applicabilità dell’art. 32 1.f nella
nuova formulazione, richiamando piuttosto la nuova formulazione di tale
norma quale esplicitazione di un principio, già desumibile sulla base
della normativa anteriore , secondo cui il compenso da riconoscere al
coadiutore, in quanto ha ad oggetto l’espletamento di funzioni proprie dal
curatore fallimentare dev’essere posto in rapporto di proporzione a quello
spettante a quest’ultimo, fermo restando, per le funzioni di mera
collaborazione, la possibilità di utilizzare i criteri di liquidazione relativi
ai consulenti (in tal senso vedi Cass. 8022 del 26 giugno 1992 e
Cass.10143/2011).
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2-4
Dm 2002 , nonchè dell’art. 4 1.319/1980, censurando la statuizione della
sentenza impugnata che ha affermato la non applicabilità alla fattispecie
in esame degli artt. 2 e 4 del Dm 30.5.2002, ritenendo invece applicabile
il criterio residuale di cui all’ad 4 L.319/1980.
Pure tale motivo è infondato.
Il Tribunale di Marsala, premesso che nel caso di specie il ricorrente ha
chiesto la liquidazione del compenso anche in ordine a funzioni e compiti
propri del curatore fallimentare, quali la redazione del bilancio, la
redazione della dichiarazione Iva all’apertura del fallimento, la
dichiarazione dei redditi Unico , la tenuta della contabilità ed i vari
adempimenti fiscali inerenti alla procedura, ha escluso che tali

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prestazioni fossero riconducibili alla -perizia o consulenza tecnica in
materia amministrativa, contabile e fiscale”, ovvero alla -consulenza
tecnica in materia di bilancio e relativo conto profitti e perdite – .

Tale valutazione è condivisibile.
Non può infatti ritenersi che la redazione del bilancio e delle
dichiarazioni dei redditi, che costituiscono attività proprie del curatore
fallimentare, possano equipararsi all’attività di valutazione ed analisi dei
bilanci o delle situazioni aziendali, ovvero all’esame e valutazione di una
determinata situazione contabile o fiscale.
11 Tribunale ha altresí escluso che possa qualificarsi come “consulenza
tecnica sull’esito degli accertamenti contabili, tributari, societari
effettuati nel corso della procedura- l’attività di collaborazione del
curatore, svolta dal reclamante in relazione alle diverse incombenze a lui
delegate, rilevando inoltre l’impossibilità di individuare, al riguardo, un
effettivo importo in funzione del quale determinare i relativi compensi
secondo il dato percentuale, con applicazione dei criteri di cui agli artt. 2
e 4 D.M. 30.5.2002, non potendo farsi riferimento al parametro invocato
dal ricorrente, costituito dall’intero ammontare dei debiti indicati in
bilancio alla data di fallimento.
Ha dunque ritenuto applicabile al caso di specie, con valutazione di
merito, che, in quanto adeguatamente motivata si sottrae al sindacato di
legittimità, il criterio residuale, in materia di compensi ai periti e
consulenti, di cui all’art. 41.319/1980.
Orbene, questa Corte ha precisato che nella determinazione degli onorari
spettanti ai consulenti va applicato il criterio delle vacazioni, anziché
quello a percentuale, non solo quando manca una specifica previsione

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della tariffa, ma altresì quando, in relazione alla natura dell’incarico ed al
tipo di accertamento, non sia logicamente giustificata e possibile
un’estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione secondo il

criterio della percentuale, rilevando che la decisione di liquidare gli
onorari “a tempo” e non “a percentuale – è incensurabile in sede di
legittimità, se adeguatamente motivata (Cass.17685/2010;Cass.
6019/2015).
Nel caso di specie, le peculiarità delle prestazioni effettuate dal
ricorrente, evidenziate nel provvedimento impugnato, riconducibili ad
incombenze proprie del curatore fallimentare, nell’ambito di una
procedura fallimentare, piuttosto che a valutazioni ed accertamenti su
bilanci e situazioni aziendali, giustificano la scelta del giudice di merito,
come si è detto insindacabile, in quanto logicamente motivata, di
applicare il criterio residuale di cui all’art. 4 1.319/1980 , idoneo a
realizzare il principio della proporzionalità del compenso liquidato al
coadiutore rispetto a quello del curatore fallimentare.
Va infine affermata l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso, con cui
si denuncia l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo
del giudizio, non più censurabile in virtù della nuova formulazione
dell art. 360 n.5), applicabile ratione temporis al caso di specie, che
censura il diverso vizio di omesso esame di un fatto decisivo.
Il ricorso va dunque respinto.
Nulla sulle spese, atteso che la curatela fallimentare non ha svolto, nel
presente giudizio , attività difensiva.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002, sussistono i
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore

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importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

La Corte rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 da atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 21 settembre 2017
Il Presidente

P.Q.M.

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