Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27626 del 21/11/2017
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27626 Anno 2017
Presidente: MATERA LINA
Relatore: COSENTINO ANTONELLO
SENTENZA
sul ricorso 12050-2013 proposto da:
SCAROZZA
GIANCARLO
SCRGCR47S14H501E,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA L. CARO 62, presso lo studio
dell’avvocato SIMONE CICCOTTI, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente contro
FOR FOUR DI AGOSTINO PALITTA & C SAS, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO FRIGGER’ 106, presso
lo studio dell’avvocato MICHELE TAMPONI, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
Data pubblicazione: 21/11/2017
non chè contro
SCAROZZA MARLISA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1442/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 15/03/2012;
udienza del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CORRADO MISTRI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito
l’Avvocato
CICCOTTI
Simone,
difensore
del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso in
particolare sul 3 ° e 4 ° punto;
udito
l’Avvocato
TAMPONI
Michele,
difensore
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso.
del
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
FATTI DI CAUSA
Il signor Gianfranco Scarrozza ricorre avverso la sentenza della
Corte d’Appello di Roma che, confermando la sentenza del tribunale
s.r.I., oggi For Four s.a.s., diretta ad accertare la simulazione assoluta
o, in linea di subordine, la simulazione relativa (siccome dissimulante
una donazione nulla per difetto di forma) del contratto di compravendita
del 13.09.1984 col quale la signora Maria Antonietta Finocchi, madre
dell’attore (vivente al dì della domanda giudiziale ma deceduta nel corso
del giudizio di primo grado), aveva ceduto alla SBO s.r.l. la proprietà di
un immobile sito in Roma per il prezzo di lire 530.000.000.
Quanto alla domanda di simulazione relativa, la corte capitolina
ha ritenuto la stessa inammissibile per carenza di interesse ad agire
dello Scarrozza (che aveva acquistato la qualità di erede di Maria
Antonietta Finocchi in corso di causa), argomentando che costui non
aveva interesse all’accertamento della nullità dell’atto di donazione
asseritamente dissimulato dall’impugnata compravendita, in quanto non
aveva né dedotto una lesione della sua quota di legittima, né
dimostrato di aver accettato l’eredità col beneficio dell’inventario.
Quanto alla domanda di simulazione assoluta, la corte capitolina
ha ritenuto la stessa infondata sul rilievo dell’inadeguatezza della prova
testimoniale della simulazione del contratto di compravendita al
riguardo assunta dal primo giudice.
A tale proposito la sentenza gravata – dopo aver evidenziato la
inammissibilità della suddetta prova testimoniale ai sensi dell’articolo
1417 c.c. (soggiacendo l’attore agli stessi limiti probatori che sarebbero
gravati sul suo dante causa) – ha ritenuto che la stessa fosse
egualmente utilizzabile, essendo stata ammessa e assunta senza
i
capitolino, ha rigettato la domanda da lui proposta avverso la SBO
opposizione della convenuta, ma che essa, tuttavia, non fosse idonea a
dimostrare la simulazione assoluta del contratto di compravendita.
Secondo la corte territoriale, infatti, la circostanza oggetto della prova,
ossia l’avvenuto versamento del corrispettivo della vendita, per un
dichiarare di non sapere se il corrispettivo della vendita fosse stato, o
meno, corrisposto) e, per altro verso, non sarebbe stata comunque
idonea a dimostrare la simulazione assoluta del contratto di
compravendita, essendo essa, semmai, dimostrativa soltanto della
gratuità del trasferimento, vale a dire della simulazione non assoluta,
ma relativa (siccome dissimulante una donazione), del contratto
impugnato; simulazione relativa al cui accertamento giudiziale, tuttavia,
l’attore non aveva interesse, secondo quanto dalla stessa sentenza già
stabilito.
Il ricorso si articola in quattro motivi.
La For Four s.a.s. ha resistito con controricorso.
La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 13.9.17, per
la quale non sono state depositate memorie e nella quale il Procuratore
Generale ha concluso come in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi – rispettivamente riferiti alla nullità della
sentenza per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in relazione all’art.
360 comma 1 n. 4 cpc, ed al vizio di motivazione per omesso esame di
una questione decisiva ai fini del decidere, in relazione all’art. 360
comma 1 n. 5 c.p.c. – il ricorrente lamenta, sia sotto il profilo
dell’omissione di pronuncia su un motivo di appello (primo motivo), che
sotto il profilo della mancanza di motivazione sulla questione, qualificata
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verso non era stata confermata dai testi (che si erano limitati a
come decisiva, della mancata dimostrazione del pagamento del prezzo
dell’immobile (secondo motivo), il silenzio della sentenza gravata sulla
censura che esso ricorrente aveva mosso nei confronti della sentenza di
primo grado, concernente il mancato rilievo, da parte del tribunale, del
all’ordine di esibizione della documentazione attestante il versamento
del prezzo della compravendita non erano idonei a dimostrare tale
versamento e che, quindi, il suddetto ordine di esibizione era rimasto
sostanzialmente inadempiuto.
I motivi, da trattare congiuntamente perché propongono la
medesima doglianza sotto due diversi punti di vista, vanno giudicati
infondati. La sentenza gravata, infatti, non presenta né il vizio di
omessa pronuncia, né il vizio di omesso esame di circostanze decisive.
La corte distrettuale ha infatti rigettato implicitamente il suddetto
motivo di appello dell’odierno ricorrente ed ha motivato tale rigetto con
l’affermazione, evidentemente assorbente rispetto alla questione della
prova dell’avvenuto pagamento del prezzo, che, nel giudizio di
simulazione contrattuale instaurato dall’erede di una parte contraente
nei confronti delle altre parti contraenti, la prova della simulazione può
essere offerta solo mediante la produzione di una contro dichiarazione e
non già per presunzioni (quale quella a cui tende la pretesa di
desumere il fatto ignoto dell’accordo simulatorio dal fatto noto del
mancato versamento del prezzo enunciato nel contratto).
Col terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 228 c.p.c., in relazione al disposto dell’art. 360 n.
3 c.p.c., in cui la corte territoriale sarebbe incorsa negando
l’ammissione dell’interrogatorio formale del convenuto sulla base di una
prognosi di infruttuosità del suo esperimento.
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fatto che i documenti prodotti della società convenuta in ottemperanza
Il motivo va giudicato inammissibile perché formulato senza il
rispetto del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, non
avendo il ricorrente trascritto i capitoli che costituivano oggetto
dell’interrogatorio formale non ammesso dai giudici di primo e secondo
(“precisiamo, infine, che non vi è necessità di riportare i singoli capitoli,
posto che la loro ammissione non è stata negata per ritenuta non
rilevanza ma solo, invece, per ritenuta valutazione prognostica della
inverosimiglianza che la confessione sarebbe stata fatta”) è
giuridicamente errato. Infatti, anche se il giudice di merito ha disatteso
l’istanza di ammissione di interrogatorio formale non per l’irrilevanza
delle circostanze ivi dedotte, ma per l’inverosimiglianza della relativa
ammissione da parte dell’interrogando, ciò non significa che la
statuizione di diniego dell’istanza istruttoria potesse essere impugnata
per cassazione senza che nel motivo di ricorso si mettesse questa Corte
in condizione di apprezzare, tramite la trascrizione del capitolato, la
rilevanza della prova non ammessa e, quindi, la sussistenza
dell’interesse del(ricorrente all’impugnazione. È fermo orientamento
giurisprudenziale, infatti, quello secondo cui il ricorrente che in sede di
legittimità denunci la mancata ammissione nei gradi di merito del
dedotto interrogatorio formale ha l’onere di indicare specificamente,
trascrivendole, le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine
di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti
da provare, e, quindi, della prova stessa, che, per il principio
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte di cassazione
deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute
nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini
integrative (Cass. 13085/07, Cass.17915/10).
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grado di merito. L’argomento che si legge a pagina 12 del ricorso
Col quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 100
c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in cui la corte
territoriale sarebbe incorsa ritenendo carente di interesse la domanda
subordinata con cui il sig. Scarrozza aveva chiesto accertarsi la nullità,
compravendita relativamente simulato. Secondo il ricorrente, infatti, il
suo interesse all’accertamento della nullità della donazione dissimulata
sarebbe stato evidente, giacché l’accoglimento di detta domanda
avrebbe recuperato l’immobile donato alla massa ereditaria, e quindi
alla quota di sua spettanza, a prescindere da qualunque eventuale
lesione di legittima.
Il motivo non può trovare accoglimento, ancorché le
argomentazioni giuridiche ivi svolte siano intrinsecamente condivisibili.
E’ vero, infatti, che, come argomenta il ricorrente (ed al contrario
di quanto erroneamente si afferma nella sentenza gravata) il signor
Scarrozza era titolare dell’interesse ad agire per l’accertamento della
nullità della donazione, in quanto dalla sola sua qualità di erede (ed a
prescindere dalla sua qualità di legittimario) discendeva il suo interesse
alla reintegrazione (non della sua quota di legittima, ma) dell’asse
ereditario.
Né risulta concludente il, pur corretto, rilievo della società contro
ricorrente secondo cui il signor Scarrozza, spendendo la qualità di
erede e non quella di legittimario (e non potendo, quindi, considerarsi
terzo rispetto al negozio di cessione) soggiaceva ai limiti di prova della
simulazione stabiliti dalla legge nei confronti dei contraenti (in tal senso,
cfr. Cass. 13706/07, Cass. 16262/08, Cass. 4400/11); la corte
territoriale infatti, con statuizione non impugnata, ha dato atto della
mancata opposizione della società convenuta all’ammissione della prova
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per difetto di forma, della donazione dissimulata dal contratto di
orale richiesta dall’attore e assunta dal primo giudice, così
implicitamente dichiarando la utilizzabilità di tale prova.
Il quarto motivo di ricorso va, tuttavia, disatteso perché il
ricorrente non ha impugnato la statuizione della sentenza gravata
“ritenersi automaticamente provata la gratuità della cessione” (pag. 6,
secondo capoverso, in fine, della sentenza); statuizione rispetto alla
quale la successiva argomentazione della corte romana – secondo cui
“anche ammettendo la circostanza, non si sarebbe comunque raggiunta
la prova di una simulazione assoluta, quanto piuttosto della non
onerosità del trasferimento” –
ha portata meramente ipotetica e ad
abundantiam. Quest’ultima argomentazione, infatti, non afferma che la
prova testimoniale ha provato la gratuità della cessione, ma afferma
semplicemente che tale gratuità, quand’anche fosse stata provata
(“anche ammettendo la circostanza”), dimostrerebbe soltanto la non
onerosità del trasferimento, e non anche la simulazione assoluta del
contratto.
La sentenza gravata contiene quindi, in definitiva, un
accertamento di fatto relativo alla mancata dimostrazione della gratuità
del trasferimento immobiliare che non è stato specificamente censurato
dal ricorrente e che di per se stesso è autonomamente idoneo a
precludere l’accoglimento della domanda di accertamento della
simulazione relativa della impugnata compravendita e della
consequenziale domanda di declaratoria di nullità, per vizio di forma,
della donazione che tale compravendita dissimulerebbe. D’onde
l’inammissibilità del mezzo di gravame in esame, per carenza
d’interesse del ricorrente, giacché l’eventuale accoglimento del motivo
non potrebbe condurre alla cassazione della statuizione della corte
territoriale di rigetto della domanda del signor5carrozza.
secondo cui dalla prova testimoniale assunta in primo grado non poteva
In definitiva il ricorso va rigettato in relazione a tutti i motivi in cui
esso si articola.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere alla società contro ricorrente
le spese del giudizio di cassazione, che liquida in C 3.500, oltre C
200 per esborsi ed oltre accessori di legge per ciactina parte
contro ricorrente.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs.
546/92 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma
dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 13 settembre 2017
Il Presidente
Il Cons.estensore
Antonello Cos
p, Lina Matera
ino
hZO
Ni7-2q1
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,
21
Ha 2017
unificato ex art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs. 546/92