Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27625 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2020, (ud. 29/10/2020, dep. 03/12/2020), n.27625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1 801 6-201 9 proposto da:

R.L., in proprio e quale esercente la responsabilità

genitoriale di R.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SANT’ANSELMO 7, presso lo studio dell’avvocato MONICA

MARUCCI, rappresentati e difesi dall’avvocato LIA GRIGNANI;

– ricorrenti –

contro

F.R., L.C., NUOVA CROCIERA DI F.R.

SAS, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONINA SCOLARO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2126/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La ricorrente, R.L., agisce in giudizio in rappresentanza del figlio minore M., che a seguito di un diverso (da questo) procedimento giudiziario, è riconosciuto come figlio naturale di F.R..

La R., oltre alla dichiarazione giudiziale di paternità, ha ottenuto dal Tribunale dei Minorenni un assegno mensile di 330 Euro al mese, oltre la metà delle spese mediche e scolastiche nonchè gli arretrati di tale assegno dalla nascita del figlio al 2008, anno della sentenza di dichiarazione di paternità.

Poi, con una diversa azione giudiziaria, la R. ha chiesto il risarcimento del danno, per conto del figlio, dovuto all’abbandono del bambino da parte del padre, quantificandolo in 340 mila Euro, richiesta rigettata dal Tribunale di Torino, con sentenza intervenuta durante il giudizio di appello della presente controversia, e poi confermata con sentenza di Corte di Appello, depositata nelle more di questo ricorso.

Il F., nel biennio 2007-2009 ha compiuto alcuni atti di disposizione del suo patrimonio: ad un figlio ha ceduto la metà della proprietà di una casa al mare, mentre ha trasferito le quote della società che gestiva una carrozzeria in parte alla moglie in parte ai due figli, già soci, fino a tenere per sè l’1%; ed ancora ha ceduto alla moglie la metà propria della casa coniugale, mantenendo per sè l’usufrutto.

La R. ha ritenuto che questi atti di disposizione fossero rivolti ad eludere il debito da mantenimento del figlio, ed il futuro pagamento del risarcimento del danno, in caso di soccombenza nella relativa causa ed ha dunque citato sia il F., dante causa, che la società la Nuova Crociera, nonchè i figli e la moglie del medesimo F., quali aventi causa di quegli atti di disposizione, al fine di ottenerne la revocatoria nei propri confronti.

Il Tribunale di Torino ha accolto la domanda.

I convenuti hanno proposto appello, evidenziando come il F. aveva sempre adempiuto puntualmente all’obbligo di mantenimento, aveva corrisposto tempestivamente gli arretrati dalla nascita del minore al 2008; ha una pensione (1069,00 Euro) che è sufficiente a garantire il pagamento dell’assegno mensile di 330 Euro disposto a favore del figlio; che la pretesa di un ulteriore credito era stata rigettata dal Tribunale.

La corte di appello di Torino ha accolto queste ragioni.

La R. la impugna con sei motivi. V’è costituzione degli intimati e loro controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La decisione impugnata osserva come il credito che si può dire sostenga la richiesta di revocatoria è quello al mantenimento del minore, ossia i 330 Euro mensili a favore del bambino (oltre metà delle spese mediche e scolastiche), essendo stato estinto il debito degli arretrati, sin da prima del compimento degli atti di disposizione; ed essendo del tutto improbabile il credito al risarcimento del danno (vantato in 340 mila Euro) negato da una sentenza del Tribunale.

Essendo cosi delimitato il credito, la corte ha ritenuto che la pensione del F. (1069 Euro mensile), oltre alla partecipazione rimasta nella società di famiglia, e all’usufrutto, fossero sufficienti a garantire il debito verso il figlio; che, del resto, la somma avrebbe potuto essere ottenuta comunque attraverso la richiesta di pagamento diretto all’ente previdenziale.

2.- La ricorrente propone sei motivi di appello. I primi tre riguardano il credito da mantenimento (i 330 Euro mensili); gli altri tre il credito da risarcimento del danno per abbandono del minore.

3.- Con il primo motivo la ricorrente deduce una erronea interpretazione degli artt. 315, 315 bis 216 c.c., attribuendo alla corte di merito di avere frainteso l’ammontare del mantenimento riconosciuto dal Tribunale al figlio minore, che non è di soli 330 Euro, quota fissa, ma comprende alcune altre somme variabili, come la metà delle spese mediche e scolastiche, oltre a quelle imprevedibili, cosi che l’ammontare dell’assegno non è a priori determinabile: errore, questo, che incide sull’accertamento del danno che il creditore subisce dalla dismissione del patrimonio da parte del debitore.

4.- Con il secondo motivo, strettamente connesso al primo, si deduce omesso esame di un fatto decisivo e controverso, vale a dire che le spese variabili e non predeterminabili a priori erano state decise da sentenza passata in giudicato, non considerata dunque dalla corte; che se lo avesse fatto non avrebbe ritenuto il credito come limitato a 330 Euro mensili.

5.- Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 2901 c.c. e si contesta alla corte di merito di avere male inteso i presupposti dell’azione revocatoria, che è fondata ogni volta che, da un lato, si determini una riduzione del patrimonio del debitore, come in questo caso, e dall’altro sia resa più difficile l’esecuzione. Inoltre, si contesta alla corte di avere ritenuto rilevante ai fini del giudizio la circostanza che il F. ha sempre e puntualmente adempiuto alla sua obbligazione di mantenimento del figlio, quando invece si tratta di circostanza ininfluente e comunque non richiesta ai fini della revocatoria.

6.- Questi tre motivi attengono dunque alla “garanzia” del credito alimentare del minore, e possono trattarsi congiuntamente.

Il primo motivo è fondato.

La corte di merito ha ritenuto che il patrimonio residuo (la pensione, la quota societaria, ed infine l’usufrutto sull’immobile) fosse capiente rispetto al credito vantato (330 Euro mensili, oltre metà delle spese mediche e scolastiche).

Va però evidenziato che la revocatoria è giustificata non solo da una diminuzione del patrimonio del debitore, ma anche da atti di disposizione che rendano meno agevole e più difficile la soddisfazione del creditore, in caso di inadempimento (Cass. 1902/2015).

La corte non ha adeguatamente effettuato la valutazione del pregiudizio sotto questo aspetto, ossia sotto il profilo della maggiore difficoltà di realizzazione del credito a causa degli atti di disposizione del patrimonio da parte del ricorrente; a prescindere ossia dalla capienza, che peraltro appare meramente formale (1069 Euro per un credito di 300 mensili), va considerato se gli atti di disposizione, e dunque anche la riduzione del patrimonio complessivo e del reddito, rendano più difficoltosa la soddisfazione del credito, tenendo presente che la pensione è pignorabile in misura ridotta e non per il suo intero ammontare.

7.- Come detto, il quarto, quinto e sesto motivo attengono al credito per risarcimento del danno, fatto valere con separato giudizio ed anche esso posto a base della revocatoria.

Si tratta del risarcimento chiesto in nome del minore per l’illecito allontanamento del padre naturale, che, frequentato il bambino per i primi due anni di vita, se ne sarebbe disinteressato del tutto in seguito.

Questi motivi possono considerarsi assorbiti dall’accoglimento del primo.

P.Q.M.

La corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Torino, in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

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