Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27624 del 21/11/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27624 Anno 2017
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 20917-2016 proposto da:
GRECO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEGLI SCIPIONI 110, presso lo
MARCO MACHETTA,

studio dell’avvocato

rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO GAVIRAGHI;
– ricorrente contro

2017
2113

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE FIRENZE, elettivamente
domiciliato

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 21/11/2017

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 24/05/2016] 02- (-)
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/07/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI
GIOVANNI LOMBARDO;

Generale DOTT. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

FATTI DI CAUSA
1.

Su richiesta dell’Archivio Notarile Distrettuale di Firenze, la

Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Toscana
avviò procedimento disciplinare nei confronti del notaio Greco
Giuseppe, esercente in Firenze, e gli irrogò la sanzione disciplinare
della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi

rileva – della violazione dell’art. 28 dell’ordinamento notarile (capo
A), per avere ricevuto un atto proibito dalla legge, in quanto contrario
alla norma imperativa dell’art. 458 cod. civ. che vieta i “patti
successori”, tale qualificando la convenzione stipulata in data
28.9.2001 tra i coniugi Raveggi Albero e Bombardini Cristina, laddove
si stabiliva che, in caso di morte pressocché contemporanea dei
predetti, il 50% degli utili derivanti dall’attività di impresa esercitata
dal marito sarebbero passati ad entrambi i rispettivi figli nella egual
misura del 50%, prevedendosi altresì che detto accordo non poteva
essere modificato senza il consenso e la firma di entrambi i
contraenti.
2.

– Avverso la decisione della CO.RE.DI. della Toscana,

l’incolpato propose reclamo alla Corte di Appello di Firenze, che, con
ordinanza del 24.5.2016, lo rigettò.
3. – Per la cassazione di tale ordinanza ricorre Greco Giuseppe
sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso l’Archivio Notarile Distrettuale di
Firenze, che ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze è
rimasto intimato.
FtAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Con l’unico motivo di ricorso, si deduce (ex art. 360 n. 3 cod.

proc. civ.) la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1411, 1412 e

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sei, ritenendolo responsabile – per quanto in questa sede ancora

513 cod. civ., per avere la Corte di Appello escluso che l’atto di
convenzione tra coniugi ricevuto dal notaio fosse, piuttosto che un
patto successorio, un valido contratto in favore di terzo da eseguire
dopo la morte dello stipulante, secondo quanto previsto dall’art. 1412
cod. civ.
La doglianza non è fondata.

devolve per legge o per testamento», esclude che la successione
possa devolversi per contratto, esclude cioè la regolamentazione
pattizia del fenomeno successorio. In questo senso, l’art. 457 cod.
civ. va letto unitamente all’art. 458 cod. civ. – che ne costituisce il
corollario – e che sancisce la nullità dei “patti successori” («È nulla
ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione»).
I patti successioni sono vietati per il votum captandae mortis che
essi determinano e perché, vincolando il

de cuius,

privano

quest’ultimo di quella libertà di disporre delle proprie sostanze, per il
tempo in cui avrà cessato di vivere; libertà questa – manifestazione
della più generale libertà della persona – che la legge riconosce ad
ogni individuo fino al momento della sua morte (“Ambulatoria est
voluntas testantis usque ad vitae supremum exitum”).
È per questo che l’ordinamento riconosce ad ognuno la libertà di
disporre delle proprie sostanze mediante quel negozio unilaterale,
non recettizio, che è il “testamento” (art. 587 cod. civ.); e garantisce
la revocabilità e modificabilità del testamento in ogni tempo,
stabilendo espressamente che «Non si può in alcun modo rinunziare
alla facoltà revocare o mutare le disposizioni testamentarie»,
aggiungendo che

«ogni clausola o condizione contraria non ha

effetto» (art. 679 cod. civ.)
In questo quadro, si comprende perché i patti successori siano
vietati dall’ordinamento, trattandosi di accordi negoziali che limitano

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Com’è noto, l’art. 457 cod. civ., nello stabilire che «l’eredità si

la libertà del

de cuius di disporre delle proprie sostanze per

testamento fino all’ultimo istante della sua vita.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è
ragione di discostarsi, configurano un patto successorio sia le
convenzioni aventi ad oggetto una vera e propria istituzione di erede
rivestita della forma contrattuale, sia quelle che abbiano ad oggetto la

successione non ancora aperta, tali da far sorgere un “vinculum iuris”
di cui la disposizione ereditaria rappresenti l’adempimento

(ex

plurimis, Cass., Sez. 2, n. 24450 del 19/11/2009; Sez. 2, n. 5870 del
09/05/2000; Sez. 2, n. 2623 del 27/04/1982; Sez. 2, n. 6230 del
24/11/1980).
Sussiste, pertanto, patto successorio – come tale nullo ai sensi
dell’art. 458 cod. civ. – allorquando, dall’accordo negoziale tra due o
più parti, risulti che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o
in parte alla propria successione, accettando di sottoporsi ad un
vincolo giuridico che lo ha privato dello jus poenitendi (cfr., Cass.,
Sez. 2, n. 2404 del 22/07/1971; Sez. 2, n. 1683 del 16/02/1995).
Nella specie, con la convenzione ricevuta dal notaio Greco, i
coniugi Raveggi-Bombardini hanno convenuto che «In caso di morte
pressoché contemporanea i proventi predetti passeranno ad entrambi
i rispettivi figli in egual misura del 50%».
Si tratta di una pattuizione con la quale le parti hanno
chiaramente inteso regolare le rispettive successioni, con effetti
vincolati tra loro. Di ciò si trova conferma nella clausola che stabilisce
che «Il presente accordo non potrà essere modificato in alcuna parte
senza consenso e firme di entrambi»; clausola – questa – che priva le
parti della loro facoltà di disporre diversamente per testamento,
sottraendo al de cuius quella libertà di disporre della propria eredità
che costituisce principio inderogabile dell’ordinamento.

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costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una

In sostanza, deve ritenersi che la convenzione con la quale due
coniugi dispongono dei loro beni (o di una parte di essi) in favore dei
loro rispettivi figli, per il tempo in cui avranno cessato di vivere,
stabilendo che l’accordo non potrà essere modificato senza consenso
scritto manifestato da entrambi, limitando la possibilità per le parti di
disporre dei loro beni mediante testamento, dà luogo ad un patto

essendo per ciò stesso esclusa la configurabilità di un valido contratto
a favore di terzi ai sensi dell’art. 1412 cod. civ.
Il divieto per il notaio di ricevere atti “espressamente proibiti dalla
legge”, ai sensi dell’art. 28 della legge 16 febbraio 1913 n. 89,
comprende senz’altro gli atti affetti da nullità assoluta, quali quelli che
includono patti commissori, espressamente vietati dalla legge.
Essendo – nella specie – evidente ed inequivoco il contrasto
dell’atto ricevuto dal notaio con l’art. 458 cod. civ, esattamente la
Corte territoriale ha ritenuto sussistente l’illecito disciplinare
contestato.
2. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente
condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento
delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
3. – Ai sensi dell’art. 13, comma

1-quater D.P.R. n. 115/02,

applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il
30 gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del
versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma
del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in
favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento) per

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successorio, come tale vietato dall’art. 458 cod. civ. e, perciò, nullo;

compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli
esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,

dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma

1 bis dello

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
Sezione Civile, addì 18 luglio 2017.
IL CONSI

E EST.

IL PRESIDENTE

Vincenzo Mazzacane
giV\I

‘oneri() Giudizio
‘ NERI

stesso art. 13.

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