Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27623 del 29/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 29/10/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 29/10/2019), n.27623
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8007-2018 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei
Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO S.R.L. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro
tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 404/14/2017 della Commissione tributaria
regionale della PUGLIA, depositata il 07/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/06/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
Fatto
RILEVATO
che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un provvedimento di diniego parziale di rimborso dell’eccedenza dell’IVA dichiarata dalla società contribuente nell’anno d’imposta 2001, ma maturata negli anni dal 1997 al 2000, e fondata sulla circostanza che tale eccedenza derivava dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con la sentenza impugnata la CTR laziale accoglieva l’appello proposto dalla curatela del fallimento della società contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sul rilievo che il credito IVA maturato nell’anno d’imposta 1997 “era da considerarsi definitivo” in quanto mai rettificato, con la conseguenza che “la curatela del fallimento non era tenuta a fornire alcuna prova della spettanza del vantato credito”.
2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con due motivi l’Agenzia delle entrate, cui non replica l’intimato.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, è infondato e va rigettato in quanto la CTR ha espresso una chiara ratio decidendi, nel ritenere, seppur erroneamente, come si dirà esaminando il secondo mezzo di cassazione, che il credito Iva maturato dalla società contribuente nell’anno d’imposta 1997 era divenuto “definitivo” in quanto mai oggetto di accertamento e contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria.
2. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, con cui la difesa erariale censura la statuizione impugnata là dove ha ritenuto definitivo il credito Iva maturato dalla società contribuente nell’anno d’imposta 1997 in quanto mai fatto oggetto di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria.
3. La statuizione d’appello si pone, infatti, in insanabile contrasto con il principio giurisprudenziale affermato dalle sezioni unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 5069 del 15/03/2016, Rv. 639014), poi ribadito da numerose successive pronunce della Quinta Sezione (da ultimo, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2392 del 31/01/2018, Rv. 646705), secondo cui “In tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio “quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum””.
4. Da quanto detto consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR perchè, facendo applicazione di detto principio, riesamini la vicenda processuale e provveda anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019