Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27623 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2020, (ud. 29/10/2020, dep. 03/12/2020), n.27623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11243-2019 proposto da:

DICA TRE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO FAA’ DI BRUNO 4,

presso lo studio dell’avvocato GAIA MORELLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato SERGIO QUIRINO VALENTE;

– ricorrente –

contro

MARCONI HOTEL SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO PIANESE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 692/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La società Dica Tre srl ha stipulato un contratto di affitto di azienda con la società Marconi Hotel srl, proprietaria di un complesso di beni destinati all’attività alberghiera.

Nel contratto, a fronte dell’obbligo di corrispondere il canone, e di stipulare una assicurazione, gravante sull’affittuaria Dica tre srl, era previsto un corrispettivo obbligo della concedente Marconi Hotel di effettuare lavori di adeguamento.

La Dica Tre srl ha interrotto nel 2014 il pagamento del canone e la Marconi Hotel ha agito in giudizio invocando la clausola risolutiva espressa e la condanna al pagamento dei canoni arretrati.

La Dica Tre srl si è costituita eccependo l’inadempimento della controparte, ad impedire la risoluzione, e domandando in via riconvenzionale il risarcimento del danno dovuto alla mancata esecuzione dei lavori ed alla impossibilità di godere dell’immobile. Il Tribunale ha accolto la domanda principale e rigettato quella riconvenzionale.

Decisione conforme è stata assunta dalla Corte di Appello che ha rigettato l’impugnazione.

Ricorre la Dica tre srl, con tre motivi. V’è controricorso della Marconi Hotel srl

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La corte di appello, pur ritenendo che il conduttore (o l’affittuario) non può interrompere il pagamento del canone eccependo una riduzione del godimento, ha poi valutato nel merito se vi fosse effettivo inadempimento del locatore (rectius del concedente) ed ha escluso che la Marconi Hotel possa ritenersi venuta meno agli obblighi assunti verso la affittuaria.

Questa ratio è contestata con tre motivi.

2.- Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 447 bis, 416 e 420 c.p.c..

In sostanza, la società Dica Tre srl aveva formulato richiesta di prova testimoniale, ammessa dal giudice di primo grado ed espletata; se non che, lo stesso giudice con la sentenza ha deciso di non tenerne conto, oltre che per l’irrilevanza delle dichiarazioni, altresì per la tardività della richiesta istruttoria.

La contraddizione è stata fatta valere con l’appello, nel quale inoltre si è ribadita la tempestività della richiesta di ammissione della prova.

Su questo motivo di appello, secondo la società ricorrente, la corte di appello non avrebbe pronunciato, o se lo ha fatto, ha implicitamente confermato la decisione erronea di primo grado.

Il motivo è articolato in quattro sotto motivi, che denunciano, per l’appunto, omessa valutazione di prove su circostanze di fatto specifiche.

Il motivo è infondato.

In realtà la corte di appello, sia pure con una motivazione succinta (pp. 3-4-) valuta i risultati probatori sulle questioni di fatto indicate nel motivo di ricorso, che prevalentemente vertono sull’inadempimento della concedente (la Marconi Hotel) ed esclude che siano sufficienti a dimostrare che quest’ultima è venuta meno ai suoi obblighi contrattuali.

Non v’è dunque omissione nella valutazione del risultato probatorio, e non v’è violazione delle norme sulle preclusioni, in quanto la corte di appello non afferma espressamente (nè implicitamente) che le prove testimoniali sono state tardivamente proposte; piuttosto, fa una valutazione complessiva delle prove, affidandosi solo ad alcune di esse, e non ad altre, nell’ambito di una discrezionalità di valutazione rimessa al giudice di merito.

3.- Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 1460 c.c..

Secondo la ricorrente, la corte ha errato nel ritenere che il conduttore può sospendere i canoni di locazione solo ove l’inadempimento del locatore (a far si che la cosa oggetto di locazione sia godibile) è accertato con sentenza e non a prescindere da tale accertamento.

Il motivo è infondato.

Infatti, è vero che in principio quella affermazione è sbagliata, avendo sempre ritenuto questa corte che in tema di locazione di immobili, il conduttore può sollevare l’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c. non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall’inesatto adempimento del locatore derivi una riduzione del godimento del bene locato, purchè la sospensione, totale o parziale, del pagamento del canone risulti giustificata dall’oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto e all’obbligo di comportarsi secondo buona fede (Cass. 16918/2019; Cass. 20322/2019).

E tuttavia, la corte di merito, pur dopo quella erronea affermazione, ha compiuto una valutazione dell’inadempimento del locatore escludendolo (p. 5), e ritenendo non provato che i casi di mancato godimento del bene fossero imputabili al concedente.

Senza contare che l’eccezione di inadempimento, anche se sollevata in buona fede, non ha effetti liberatori ma solo sospensivi; pertanto, quando ad essa faccia seguito una pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento della parte contro cui fu sollevata rexceptio inadimpleti contractus”, gli effetti risarcitori, liberatori e restitutori della risoluzione restano disciplinati dalle previsioni dell’art. 1458 c.c. (Cass. 8760/ 2019)

4.- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c..

La ricorrente ritiene che la corte non ha pronunciato sulla domanda riconvenzionale che aveva ad oggetto le conseguenze dell’inadempimento del concedente, la Marconi Hotel.

In pratica, la ricorrente aveva invocato l’inadempimento della concedente agli obblighi contrattualmente assunti, di effettuare lavori e di consentire il godimento del bene, sia in via di eccezione (e se ne è discusso ai motivi precedenti) sia in via di domanda riconvenzionale. La corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi su quest’ultima.

Il motivo è infondato.

Infatti, se la questione dell’inadempimento è stata oggetto di pronuncia quanto alla fondatezza della relativa eccezione, tale pronuncia, ossia il relativo accertamento, vale altresì ai fini della riconvenzionale; non v’era motivo che la corte, accertato che non v’era stato inadempimento e che dunque l’eccezione relativa era infondata, duplicasse la pronuncia quanto alla riconvenzionale.

5.- Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. Ritiene la ricorrente che la corte non ha pronunciato sulla questione dell’esatto adempimento da parte sua dell’obbligo di stipulare una assicurazione.

Il motivo è inammissibile.

Lo è per due ragioni: intanto non allega che la questione dell’esatto adempimento sia stata posta in appello adeguatamente, e solo in tal caso la corte avrebbe dovuto pronunciarsi. In secondo luogo l’omessa pronuncia è irrilevante ai fini della decisione, dal momento che la corte di merito ha accertato come illegittimo il mancato pagamento dei canoni, inadempimento di per sè sufficiente a giustificare la risoluzione del contratto, pur se fosse adempiuta l’obbligazione accessoria di stipulare una assicurazione.

Il ricorso a pertanto respinto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 7800,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

 

 

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