Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27622 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 27622 Anno 2017
Presidente: MATERA LINA
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 13374-2014 proposto da:
MARIANI FERNANDA, in persona dell’amministratore di
sostegno MARIANI TIZIANO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 1, presso lo studio
dell’avvocato SILVIO ROZZI, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente contro
2017
2102

2d

ANDREUCCI ALDO, ANDREUCCI ALESSANDRA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 170, presso lo
studio dell’avvocato BRUNO MANZELLA, che li rappresenta
e difende;
– controricorrenti nonchè contro

Data pubblicazione: 21/11/2017

ANDREUCCI ALESSANDRA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 350/2014 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 20/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 13/07/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

Ritenuto che la Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata
il 20/1/2014, rigettato l’appello proposto da Fernanda Mariani,
assistita da amministratore di sostegno, nei confronti di Aldo
Andreucci e Alessandra Andreucci, confermò la sentenza del Tribunale
di Roma, pubblicata il 24/2/2006, con la quale era stata rigettata la

incapacità naturale i contratti, stipulati il 12/4/2001, con i quali la
medesima aveva venduto ai nipoti Aldo e Alessandro Andreucci la
nuda proprietà di due appartamenti e, comunque, condannarsi i
medesimi a corrispondere il prezzo, solo apparentemente quietanzato
in seno al rogito;
ritenuto che la Corte capitolina rigettò l’impugnazione sulla base
di due confluenti argomenti: a) la limitata impugnabilità della
quietanza, costituente confessione extragiudiziale (solo per errore di
fatto o violenza ed esclusa la prova testimoniale); b) non era rimasta
provata la incapacità naturale dell’alienante, né la malafede degli
acquirenti (in particolare, l’indice rilevante costituito dal prezzo di
vendita svantaggioso per la Mariani non era stato neppure allegato);
ritenuto che avverso la statuizione d’appello la Mariani propone
ricorso corredato da unitaria censura;
che gli Andreucci avversano l’impugnazione con controricorso;
che il Procuratore Generale trasmette memoria, che conclude per
l’accoglimento del ricorso;
considerato, in preliminarietà, la tardività del controricorso, e,
quindi, la sua inutilizzabilità, stante che l’istanza di rinnovo della
notifica del medesimo (sulla quale il Presidente della Sezione riservò,
il 9/5/2016, la decisione del Collegio) è successiva di circa due anni
rispetto al primigenio tentativo, risalente al 19/6/2014;
considerato che siccome ribadito dal protocollo d’intesa del
17/12/2016 tra la Corte, il Consiglio Nazionale Forense e
L’Avvocatura Generale dello Stato sull’applicazione del nuovo rito

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domanda della Mariani, la quale aveva chiesto annullarsi per

civile (d.l. n. 168/016, conv,. I. n. 197/016), «per i ricorsi già
depositati alla data del 30 ottobre 2016 per i quali venga
successivamente fissata l’adunanza camerale, l’intimato che non
abbia provveduto a notificare e 41( depositare il controricorso nei
termini di cui all’art. 370 c.p.c., ma che, in base alla pregressa

discussione orale, possa, per sopperire al venir meno di siffatta
facoltà, presentare memoria, munita di procura speciale, nei termini
entro i quali può farlo il controricorrente» e che di una tale facoltà
gli intimati non si sono avvalsi;
considerato che il ricorso risulta legittimamente avanzato
dall’amministratore di sostegno, senza necessità di autorizzazione del
giudice tutelare, trattandosi della coltivazione di lite sorta
anteriormente alla designazione di sostegno (cfr., da ultimo, Sez. 2,
n. 19499, 30/9/2015, Rv. 636524, in materia di tutela, ma il principio
appare estensibile);
considerato che la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 428,
cod. civ., nonché vizio motivazionale in quanto, secondo la
prospettazione impugnatoria, il Giudice d’appello aveva errato
nell’escludere che fosse rimasta provata l’esistenza di un pregiudizio
tale da doversene inferire la malafede dei due acquirenti, in quanto:
a) nessun prezzo era stato effettivamente pagato, sfruttando
l’incapacità della trasferente; b) «il divieto di utilizzare
testimonianze contrarie alla quietanza presente nei contratti invocato erroneamente dal giudice di seconde cure – ha rilievo solo
nelle ipotesi in cui l’inadempimento avvenga in contesto fisiologico
della formazione della volontà contrattuale e pertanto non può in
alcun modo essere collegato ad uno stato d’incapacità che rende
patologico il contratto comprensivo della quietanza»,
rappresentando l’annullabilità ex art. 428, cod. civ., «un prius
logico diverso e ulteriore rispetto a profili di simulazione di un

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normativa, avrebbe ancora avuto la possibilità di partecipare alla

contratto»; c) la malafede degli acquirenti risultava, a prescindere
dalla lesività del contratto per l’alienante, dalle dichiarazioni del figlio
della Mariani, il quale aveva affermato, senza essere smentito, di non
aver mai saputo dell’intenzione della madre di trasferire la nuda
proprietà degli immobili;

convergenti ragioni:
a)il richiamo al vizio motivazionale, per vero evocato solo con il
riferimento al n. 5 dell’art. 360, cod. proc. civ., deve intendersi
tamquam non esset, non essendo stato allegato il fatto decisivo e
controverso che la sentenza avrebbe omesso di esaminare;
b) la violazione dell’art. 428, cod. civ., è, del pari, insussistente,
avendo il ricorso, in definitiva, contestato inammissibilmente il vaglio
probatorio e le valutazioni di merito che hanno portato la Corte locale
ad escludere che fosse stata fornita la prova dei presupposti di cui
alla predetta norma, nel resto correttamente interpretata;
c) a tutto concedere (cioè, volendo prescindere per comodità
espositiva, dalla promiscuità della censura, la quale, sibbene assume
la sola violazione dell’art. 428, cod. civ., s’impegna, poi, sul terreno
della prova della simulazione della quietanza), pur suggestive le
osservazioni del P.G. sulla ipotizzata refluenza sui limiti della prova
della simulazione della quietanza della condizione di soggetto
“debole” del quietanzante, qui è troncante rilevare che proprio la
prova della capacità d’intendere e di volere (la quale non può che
essere rigorosa e precisa, cfr., Sez. 2, n. 4677, 26.2.2009, Rv.
607231) la Corte romana ha reputato, con valutazione non
censurabile in questa sede, non raggiunta;
considerato nulla doversi disporre per le spese di lite stante
l’assenza di validi atti difensivi da parte degli intimati;
considerato che, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n.
115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile

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considerato che il ricorso non può essere accolto per più

ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente
al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del
versamento del contributo unificato da parte dei ricorrenti, a norma
del comma 1-bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito
dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il giorno 13 luglio 2017.
Il Presidente
(Una Matera)

fu.
NE111.

DCPCgíT1-\r0 íN CANCELLERUX
Roma,

21

v. 2017

rigetta il ricorso.

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