Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27621 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 27621 Anno 2017
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: SABATO RAFFAELE

ORDINANZA

sul ricorso 13569-2014 proposto da:
SICE SOCIETA’

INDUSTRIALE COMPONENTI EDILIZI SRL,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 44,
presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO TERRIGNO,
rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA RIANNA,
BIAGIO RICCIO;
– ricorrente contro

PEDATO COSTRUZIONI GENERALI SRL,

in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in
ROMA, P.ZA

CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO SCOTTI
GALLETTA, MARCO SCOTTI GALLETTA;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 21/11/2017

avverso la sentenza n. 4056/2013 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 20/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 28/06/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE

SABATO.

28.6.2017 n. 21 13569-14 ORD FIN
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Rilevato che:
con sentenza depositata il 02/05/2006 il tribunale di • Napoli sezione distaccata di Frattamaggiore – ‘ha rigettato la domanda della

SICE – Società Industriale Componenti Edilizi – s.r.l. della somma di
lire 192.958.283 quale residuo corrispettivo dell’appalto per la
ristrutturazione di opificio industriale in Arzano, previo rilievo di ufficio
della nullità del contratto di appalto per mancata prova della
conformità del cespite alla concessione ediliíia;
,

con sentenza depositata il 20/11/2013 la corte d’appello di Napoli

.ha accolto l’appello della Pedato Costruzioni Generali s.r.l. e ha
condannato la SICE s.r.l. al pagamento di euro 97.j.19 oltre
accessori;
a sostegno della decisione, per quanto rileva, la corte d’appello ha
considerato che:
– a prescindere dalla produzione unitamente all’atto di ‘appello o
successivamente di documenti relativi alla concessione edilizia in
variante, l’esistenza della concessione agli atti, poi smarriti, era
desumibile sia dalle contestazioni della SICE sia dalla deposizione di

lun teste;
– in relazione ai dubbi circa il suo effettivo rilascio, poi, trattandosi
di concessione relativa alla realizzazione di un soppalco, anche
l’eventuale mancanza di essa non rendeva nullo l’appalto in quanto,
come indicato dal c.t.u., l’opera sarebbe rimasta non in .contrasto con
gli strumenti urbanistici • generale e di attuazione del comune di
Arzano;

Pedato Costruzioni Gene’rali s.r.l. volta a ottenere condanna della

- «in ogni caso … il contributo dato dalla Pedato

all’edificazione

… attiene solo al completamento e alla finitura degli uffici del
capannone e all’esecuzione di opere strutturali secondarie»;
– conseguendo la nullità dell’appalto secondo la giurisprudenza i

soli casi di realizzazione in assenza di concessione e non di

realizzazione di tre piani in luogo di due entro la sagoma e il volume
concesso, va esclusa la nullità stessa;
avverso tale decisionè ha proposto ricorso per cassazione la SICE
– Società Industriale Componenti Edilizi – s.r.I., affidandolo a quattro
motivi, cui la Pedato Costruzioni Generali s.r.l. ha resistito con
controricorso illustrato da memoria;

Considerato che:
non sussiste l’inammissibilità del ricorso per mancanza di
esposizione sommaria dei fatti, eccepita dalla controricorrente;
invero, benché manchi u,na idonea premessa, i fatti di causo sono
sommariamente esposti, con le dovute trascrizioni della sentenza
impugnata che fanno comprendere anche i motivi di appello
esaminati dalla corte territoriale, nell’ambito delle . stesse
argomentazioni di ciascun motivo; e sul tema questa corte (v. ad es.
Cass. 29 marzo 2012, n. 5051) ha già rilevato che l’esposizione
sommaria dei fatti di causa non debba necessariamente costituire una
• premessa a sé stante e autonoma rispetto ai motivi. di impugnazione,
*.
essendo soltanto indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui

all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., che il ricorso, almeno
nella parte destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in
modo sommario, una cognizione sufficientemente chiaf-a e completa
dei fatti che hanno originato la controversia, nonché delle vicende del
processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in

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costruzione in difformità parziale, quale era da ritenersi la

modo che tali elementi pcissano essere conosciuti soltanto mediante il
ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti;
il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione degli artt.
112, 345 cod. proc. civ. e 2725 cod. civ., ex n. 4) dell’art. 360, primo
comma, cod. proc. civ., tende a censurare la sentenza impugnata

;tardiva di documentazione in appello; b) avrebbe comunque
..ammesso che l’esistenza della concessione si pote:sse desumere da
altri dati; c) sarebbe caduta in contraddizione riconoscendo non
essere stata comunque rilasciata la concessione; d) si sarebbe
fondata in definitiva sulle ‘risultanze di una c.t.u. esplorativa;
il secondo motivo, con cui si deduce violazione degli artt. 7, 8 e
12 I. n. 47 del 1985, 1346 e 1418 cod. civ., ex n. 4) [sic] dell’art.
360, primo comma, cod. proc. civ., concerne, poi, i presunti: a)
erroneo affidamento della corte d’appello sulle risultanze della c.t.u.,
peraltro eccedente rispetto ai quesiti; b) erroneo governo della
,nozione di difformità rispetto alla concessione, in cui non rientrerebbe

.il caso in esame; c) sostituzione del giudice nel ruolo dell’organo
comunale ai fini edilizi e urbanistici;
il terzo motivo, formulato ex n. 3) dell’art. 360, primo comma,
cod. proc. civ., contiene ulteriore doglianza relativa, a violazione
dell’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 in ordine – da altro punto di vista ad erroneo governo della nozione di difformità rispétto alla
concessione;
il quarto motivo, infine, formulato sempre ex n. 3) dell’art. 360,
primo comma, cod. proc. civ., censura violazione degli artt. 7 e 134

tdel d. Igs. n. 104 del 2010, nuovamente lamentando sostituzione del
giudicante alle autorità urbanistiche nella declaratória di conformità
agli strumenti urbanistici della costruzione;
i motivi sono tutti inammissibili;

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oltre frontespizio

nella parte in cui: a) avrebbe ritenuto ammissibile la produzione

invero, la corte d’appello, effettivamente incorrendo in qualche
carenza di chiarezza espositiva circa *il proprio accertamento circa
l’essere o meno dimostrata l’esistenza di una concessione in variante
ritualmente rilasciata, ha comunque fondato la decisione su una
duplice ratio decidendi, l’una alternativa all’altra; invero, come sopra

documento, poi smarrito, attestante un procedimento concessorio
relativo alla nuova iniziativa edilizia (prima ratio, su cui si concentra il
*

ricorso), d’altro lato la sentenza comunque afferma che, trattandosi di

,

realizzazione di tre piani in luogo di due entro la s agoma e il volume
concessi originariamente, e conseguendo la nullità dell’appalto
secondo la giurisprudenza alla sola realizzazione in assenza di
concessione e non di costruzione in difformità parziale, quale sarebbe
da ritenersi quella in e’same, andrebbe esclusa la nullità stessa
(seconda ratio);
la mancanza di impugnazione [salvo che, in qualche modo,
attraverso il profilo sub d), su cui in appresso] della seconda ratio
decidendi nell’ambito del primo motivo, considerata congiuntamente

lall’inammissibilità per quanto si dirà del secondo motivo, consente di
escludere una qualsiasi rilevanza sulla decigione dei profili
(sottolineati invece dalla ricorrente nel primo motivo) relativi alla
poca chiarezza della sentenza circa l’esistenza o l’inesistenza
originaria in atti del documento concessorio, dell’utilizzo da parte
della corte o del c.t..u. di documenti irritualmente prodotti,
dell’eventuale travalicare della c.t.u. rispetto al mandato, d un lato,
e dall’altro, dei profili relativi all’eventuale incolpevolezza dello
smarrimento della documentazione, in sede di conclusioni
g

(stigmatizzato dalla controricorrente); ciò in particolare alla luce del

tfatto che l’apprezzamento della corte, relativo al ricadere dell’edificio
nella sagoma e nei volumi concessi giusta quanto acclarato dal c.t.u.,
è pienamente rispettoso del principio (per quale v. ad es. Cass. n.

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oltre frontespizio

riepilogato, se da un lato appare affermata l’esistenza di un

.6155 del 13/03/2009) secondo cui la consulenza tecnica di ufficio,
non essendo qualificabile come mezzo di prova tn senso proprio,
perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi
acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche
conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al
prudente apprezzamento del giudice di merito, che può affidare al

esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti
stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e
sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo
ldiritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche
cognizioni tecniche; tali ultime considerazioni essgndo idonee a far
rilevare l’ininfluenza anche delle deduzioni sub d) nell’ambito del
primo motivo, nella parte,in cui possono ritenersi attingere la seconda
ratio decidendi;
derivando da ciò l’inammissibilità, anche per difetto di pertinenza
rispetto al decisum, del primo motivo oltre che del profilo a) del
secondo (relativo sempre allo svolgimento della c.t.u.), come dianzi
riepilogati, e l’esenzione conseguente della corte di esaminare
l’impatto sulla fattispecie del procedimento di ricostruzione degli atti

l

mancanti (cfr. ad es. Cass. n. 1806 del 29/01/2016 e n. 9269 del
19/04/2010), e ponendosi del tutto fuor d’opera (con conseguente
inammissibilità) altresì le doglianze – non connotate da specificità in
riferimento alle norme violate, anche in relazione alle disposizioni di
rango costituzionale e di natura processuale che impongono al giudice
la risoluzione delle controversie mediante accertamenti motivati secondo cui i giudici di merito si sarebbero sostituiti alla p.a. nei
valutare (peraltro incidentalmente e ai fini dell’apprezzamento di una
nullità contrattuale) i profili edilizi e urbanistici della fattispecie

‘(secondo motivo lett. c e quarto motivo, come sopra riepilogati),
restano da esaminare il secondo motivo lett. b ed il terzo motivo

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consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o’ dati per

(oltre che alcuni profili giuridici relativi a quest’ultimo, ma collocati
.nel quarto), relativi al presunto erroneo governo da parte dei giudici
4
‘di merito del concetto giuridico per cui sono nulii solo gli appalti
relativi a costruzioni prive di titolo edilizio, e non quelli con difformità
parziale;

decidendi indicata – sono inammissibili;
infatti, esse non fanno emergere in alcun modo che la .sentenza
impugnata abbia violato il principio, desunto dalle norme sopra
elencate (v. anche ad es. Cass. n. 2187 del 31/01/2011), secondo il
quale in tema di contratti di appalto aventi•ad oggetto la costruzione
‘di immobili eseguiti in difformità rispetto alla concessione edilizia,
,occorre distinguere a seconda che tale difformità si totale o parziale:
nel primo caso (art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47) – che si
verifica quando è stato realizzato un edificio radicalmente diverso per
caratteristiche tipologiché e volumetriel’opera è da equiparare a
quella costruita in assenza di concessione, con la conseguenza che il
relativo contratto di appalto è nullo per illiceità dell’oggetto e
violazione delle norme imperative in materia urbanisti c a; detta
nullità, invece, non sussiste nel secondo caso (art. 12 della legge n.
47 del 1985), che si verifica quando la módifica concerne parti non
,essenziali del progetto;
^.

esse, piuttosto, tendono a sottoporre al giudice:di legittimità una
rivalutazione in fatto dell’accertamento circa il ricadere della
situazione dell’immobile per cui è causa nella seconda delle categorie
elencate, già acclarato dalla corte territoriale anche con, riferimento a
risultanze di c.t.u. percipiente, con accertamento di merito non
censurabile per cassazione; in particolare, sostiene la ricorrente che
la realizzazione di un terzo piano non previsto costituirebbe difformità
totale rispetto alla concessione, valutazione questa cui si contrappone
– senza che, per quanto detto, il giudice di legittimità possa

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anche tali censure -` che afferiscono invece alla secondsb ratio

rivalutarla – quella della corte di merito secondo cui, restando il piano
aggiuntivo negli originari volume e sagoma, si tratterebbe di
difformità parziale e abuso minore;
il ricorso deve in definitiva essere rigettato per inammissibilità dei
^. motivi con condanna della ricorrente alle • spese secondo

ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 si deve
atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore irriporto pari al contributo unificato dovuto per
il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.;
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a
favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che
lliquida in euro 200 per esborsi ed euro 5.500 per- compensi, oltre
spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p,r. n. 115 del 2002 dà atto del
sussistere dei presuppost; per il versamento da parte della ricorrente
dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovutcr per il ricorso
a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della, seconda
sezione civile, il 28 giugno 2017.
Il p esiden

(F. Mha).

ari° Gilditie.0
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DEPOSI740 IN CANCELLER/A
Roma,

2 1 NOV 2017

soccombenza;

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