Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27620 del 10/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27620 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 23040-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –

Contro
BASTIANELLI GIANDOMENICO;
– intimato avverso la sentenza n. 300/40/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di ROMA – Sezione Staccata di LATINA del 5.5.2010,
depositata il 28/06/2010;

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Data pubblicazione: 10/12/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. UMBERTO

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Ric. 2011 n. 23040 sez. MT – ud. 13-11-2013
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APICE.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Roma ha accolto l’appello di Bastianelli Giandomenico, appello proposto
contro la sentenza della CTP di Frosinone n.57-03-2007 che aveva respinto il ricorso
del predetto Bastianelli avverso avviso di accertamento di genere induttivo ai fini
IVA-IRPEF-IRAP per l’anno 2001, avviso emesso a seguito di controllo della
documentazione prodotta dallo stesso contribuente su invito dell’Agenzia ed a mezzo
del quale era stato determinato un maggior reddito di impresa pari a £ 328.640.485 a
fronte di quello dichiarato pari a £ 31.364.000.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che —premesso che
l’accertamento induttivo era stato elevato sul presupposto che la dichiarazione IVA
risultava scartata per “dati non conformi alle specifiche tecniche”, elemento sul quale
poi l’Ufficio aveva ritenuto “di non insistere” all’udienza pubblica di discussionel’appello doveva ritenersi fondato sia per la rinuncia da parte dell’Ufficio al motivo
costituente il presupposto di adozione dell’accertamento, sia per il fatto che il
contribuente aveva comunque dichiarato un reddito congruo secondo gli studi di
settore, sia infine per il fatto che il libro degli inventari non poteva considerarsi
obbligatorio (trattandosi di impresa a contabilità semplificata).
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte intimata non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il motivo di impugnazione (centrato sul vizio di motivazione), la
ricorrente si duole -in sostanza- del fatto che il giudice del merito abbia del tutto
travisato il presupposto su cui si fondava l’avviso di accertamento, perciò

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Osserva:

valorizzando ai fini decisori elementi del tutto irrilevanti, atteso che né l’omessa
presentazione della dichiarazione IVA né la mancata tenuta del libro degli inventari
avevano costituito la ragione dell’effettuato accertamento, sibbene la circostanza
della riscontrata incongruenza tra i valori delle rimanenze finali al 31.12.2000 e delle
rimanenze iniziali al 1.1.2001, per come era risultato dalle stesse dichiarazioni

Il motivo appare fondato e può essere accolto.
Invero, alla luce delle autosufficienti ricostruzione dei fatti di causa addotti in ricorso
dall’Agenzia, emerge dallo stesso raffronto tra gli elementi valorizzati nell’avviso di
accertamento e quelli presi in considerazione nella motivazione della sentenza
impugnata, che il giudice del merito ha del tutto travisato le ragioni dell’esercizio del
potere impositivo ed ha —per ciò stesso- del tutto erroneamente ricostruito la
fattispecie sottopostagli.
E ciò si dice non già come valutazione della giustezza o meno della decisione, ma
come indice della presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta,
che tali possono ritenersi allorquando sussiste un’adeguata incidenza causale (come
nella specie esiste) della manifesta negligenza di dati istruttori qualificanti, siccome
capaci di generare una difettosa ricostruzione del fatto dedotto in giudizio, oggetto di
possibile rilievo in cassazione, esigenza a cui la legge allude con il riferimento al
“punto decisivo” (in termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7635 del 16/05/2003).
Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto il vizio motivazionale può essere
accolta e che, per conseguenza, la controversia debba essere rimessa al medesimo
giudice di secondo grado che —in diversa composizione- tornerà a pronunciarsi sulle
questioni oggetto dell’atto di appello proposto e regolerà anche le spese del presente
grado di giudizio.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 30 marzo 2013

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presentate dal contribuente.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

P.Q. M .
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lazio
che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2013.

che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

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