Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2762 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2762 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 8195-2010 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587 in persona del suo Presidente
e legale rappresentante pro tempore, in proprio e
quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., C.F.
42013

3694

05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati
SGROI ANTONINO, MARITATO LELIO, CALIULO LUIGI, giusta
delega in atti;

Data pubblicazione: 06/02/2014

- ricorrenti contro

IRIDE MERCATO S.P.A. C.F. 01178580997, già Società di
Intermediazione Energia Torino S.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta
e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

EQUITALIA NOMOS S.P.A., già Uniriscossioni S.p.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 879/2009 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 11/08/2009 R.G.N. 1344/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/12/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito l’Avvocato DE NOTARIIS GIOVANNI per delega VESCI
GERARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo

Svolgimento del processo
La società Intermediazione Energia Torino s.p.a. (ora Iride Mercato s.p.a.)
proponeva opposizione avverso la cartella di pagamento
n.110200600011986989 per l’importo di E.7.467,14 a titolo di contributi
omessi, evidenziando che: l’Inps rivendicava i contributi a titolo di
indennità di disoccupazione per il periodo maggio 2004-febbraio 2005,

1827\35 e dell’art.36 del d.P.R. 24.4.1957 n. 818 (che escludono da tale
onere le aziende pubbliche e le aziende esercenti pubblici servizi che
assicurano ai propri dipendenti “stabilità d’impiego”), nonché i contributi a
titolo indennità di malattia, in relazione ai quali evidenziava di essere
parimenti esonerata in virtù dell’art. 6, comma 2, legge n. 138\43, posto
che tale contributo non era dovuto quando in forza di legge o di contratto
un trattamento economico pari o superiore a quello posto a carico
dell’ente di previdenza viene corrisposto direttamente dal datore di lavoro.
Si costituiva l’Inps che chiedeva respingersi l’opposizione, contestando sia
la natura pubblica rivendicata dall’opponente sia la sussistenza del
requisito della stabilità d’impiego e, quanto all’indennità di malattia,
contestava che il datore di lavoro possa invocare l’impegno contrattuale a
corrispondere detta indennità ai dipendenti ai fini di essere esonerato dal
versamento contributivo.
Il Tribunale, con sentenza del 23.11.07, respingeva l’opposizione
osservando, per quanto qui interessa, che quanto ai contributi per la
disoccupazione la norma che regola(va) la fattispecie (art. 40 n. 2 del r.d.
n. 1827\35) prevedeva l’esonero per i dipendenti di aziende pubbliche
esercenti pubblici servizi e per quelle private “quando ad essi sia garantita
la stabilità d’impiego”; per stabilità di impiego si doveva intendere la
possibilità di cessazione del rapporto esclusivamente per giusta causa,
mentre nel caso di specie la società opponente aveva struttura di s.p.a.
senza presentare alcun vincolo o peculiarità rispetto agli ordinari casi di
scioglimento di società e risoluzione del rapporto lavorativo, né vi era
alcun provvedimento amministrativo ad hoc, come previsto dal legislatore

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versamento dal quale ella era esonerata in forza dell’art.40 n.2 del r.d. n.

in via alternativa; la opponente non poteva comunque essere annovera tra
i cosiddetti “organismi di diritto pubblico”, né aveva ha rilievo il fatto che il
pacchetto di maggioranza fosse detenuto dalla s.p.a. AEM Torino; per
quanto atteneva ai contributi di malattia evidenziava come in materia non
vigeva un principio di sinallagmaticità tra prestazioni erogate dall’INPS ed
oneri contributivi, stante il principio di solidarietà che è a fondamento della

determinate proprio in base al più favorevole regime di cui alla legge
n.388/2000 per cui la doglianza dell’opponente anche sotto questo profilo
era da ritenersi infondata.
Proponeva appello la s.p.a. Iride Mercato, contestando tutte le
argomentazioni della sentenza impugnata, ed invocando lo

ius

superveniens, che avrebbe novellato la normativa afferente la materia di
causa anche per il pregresso, e cioè l’art. 20 della legge n. 133\08, che
aveva convertito il d.l. n. 112/08.
Si costituiva l’INPS resistendo al gravame, ribadendo le argomentazioni
svolte dal Tribunale nella sentenza impugnata, senza prendere alcuna
posizione sul primo motivo di gravame consistente, come detto, nello ius
superveniens con effetti retroattivi.
Con sentenza depositata l’11.8.09, la Corte d’appello di Torino accoglieva il
gravame ed annullava la cartella opposta, compensando le spese del
doppio grado. Riteneva la Corte che l’art. 20 della sopravvenuta legge n.
133\08 prevedeva, ai commi 1 e 2, l’esonero ab origine (dunque sino al
2009) della società dall’onere del versamento contributivo di malattia,
essendo pacifico che essa si fosse accollata il trattamento di malattia in
favore dei dipendenti, mentre per i contributi di disoccupazione disponeva
sempre l’art. 20 cit. che abrogò le norme riguardanti il relativo obbligo a
decorrere dal 1°gennaio 2009, conseguendone che la contribuzione
richiesta in materia dall’INPS non era dovuta per il periodo pregresso.
Per la cassazione propone ricorso l’INPS, affidato ad unico motivo.
Resiste

la Iride Mercato s.p.a. con controricorso, poi illustrato con

memoria.

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previdenza sociale; quanto alle sanzioni, risultava che esse erano state

Motivi della decisione
1.-L’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del r.d.l. n.
1827\35, convertito in L. 6.4.36 n. 1155, nonché dell’art. 36 del d.P.R. n.
818\57, e dell’art. 20 d.l. n.112\08, convertito in L. n. 133\08 (art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.).
Lamenta che l’Azienda Energetica Municipalizzata del Comune di Torino

della medesima era detenuto dal Comune di Torino. La AEM Torino s.p.a.
aveva la proprietà di tutto il capitale azionario della Società
Intermediazione Energia Torino s.p.a. (SIET s.p.a.), ora Iride Mercato
s.p.a., che nel periodo maggio 2004-febbraio 2005 non versò all’INPS la
contribuzione dovuta per la disoccupazione ordinaria, asserendo che la
stessa non fosse dovuta in base all’art. 40, n. 2, del r.d.l. n. 1827\35.
Si duole che l’art. 20 della L. n. 133\08, pur abrogando tale ultima
disciplina, non comportò, come erroneamente ritenuto dalla Corte
distrettuale, l’insussistenza dell’obbligo contributivo in questione per il
periodo maggio 2004-febbraio 2005, e ciò in quanto i comma 4, 5 e 6 del
citato art. 20 avevano creato ex novo l’obbligo del pagamento della
contribuzione per la disoccupazione a decorrere dal 1°gennaio 2009 in
capo a quei datori di lavoro che, in base all’art. 40 n. 2 del r.d.l. n.
1827\35 e sino al 31.12.08, ne erano esentati per garantire ai propri
lavoratori la stabilità di impiego. Circostanza questa non ravvisabile in
capo alla Iride Mercato, società per azioni soggetta al diritto privato,
essendo a tal fine irrilevante che il suo capitale azionario fosse
integralmente nella proprietà della AEM Torino. Lamenta infine che non vi
era alcun provvedimento amministrativo di ricognizione del requisito di
stabilità di impiego.
2.- Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha più volte affermato in analoghe fattispecie (Cass. nn.
20820, 20818, 20822, 22318 ed altre del 2013) che la natura di impresa
pubblica non può derivare dalla circostanza che la formula della società
partecipata imposta dall’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 (nel testo

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era stata trasformata in s.p.a. (AEM Torino s.p.a.), ed il 69% del capitale

introdotto dall’art. 35 della 1. 28.12.01 n. 448) consente al soggetto
pubblico di esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza
dominante in ragione della maggioritaria partecipazione azionaria. Con la
conseguenza che una società, quale nella specie la Iride Mercato, non
rientra tra le imprese escluse dall’applicazione delle norme
sull’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria, ai sensi dell’art. 3,

modifiche apportate dall’art. 1 della L. 8.08.72 n. 464 e dall’art. 4, c. 1,
della 1.12.07.88 n. 270) e di conseguenza tra quelle escluse dal
pagamento dell’indennità di mobilità ai sensi dell’art. 16, c. 1, della L.
23.07.91 n. 223, né tra le imprese non tenute ai contributi per
l’assicurazione per la disoccupazione involontaria, in quanto i suoi
dipendenti non sarebbero soggetti a tale forma di assicurazione
obbligatoria in forza dell’art. 40 del r.d.l. 4.10.35 n. 1827, che esclude da
detta assicurazione “gli impiegati, agenti e operai stabili di aziende
pubbliche, nonché gli impiegati, agenti e operai delle aziende esercenti
pubblici servizi e di quelle private, quando ad essi sia garantita la stabilità
d’impiego” (n. 2).
Questa Corte ha già preso in esame tali considerazioni, rilevando che non
può identificarsi la società partecipata con “le imprese industriali degli enti
pubblici” (esonerate), trattandosi di società di natura essenzialmente
privata nella quale l’amministrazione pubblica esercita il controllo
esclusivamente attraverso strumenti di diritto privato; escludendo altresì,
in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello
schema societario, che la mera partecipazione -pur maggioritaria, ma non
totalitaria- da parte dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura
dell’organismo attraverso cui la gestione del servizio pubblico viene attuata
(oltre alle sentenze sopra citate: Cass. 24.06.09 n. 14847, Cass.10.03.10
n.5816 e, da ultimo, Cass.13.05.13 n. 11417).
Tale principio è posto in discussione dall’odierna controricorrente in quanto
a suo avviso basato su un presupposto legislativo non più attuale, quale il
riferimento alla norma dell’art. 23 della legge n. 142 del 1990 che non

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c. 1, del d.I.C.P.S. 12.08.47 n. 869 nel testo vigente (risultante dalle

comprende l’ente societario tra quelli che sono qualificati strumentali degli
enti locali. La norma, applicabile tallone temporls alla fattispecie (che
riguarda contributi relativi agli anni 2004 e 2005), infatti, prevederebbe
ormai l’obbligatorietà del ricorso all’ente societario (art. 113, c. 4, del t.u.
n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 35 della 1. 28.12.01 n. 448) e
prescinderebbe da ogni più o meno dichiarato carattere di strumentalità.

la modifica di detto art. 113 ad opera dell’art. 35 della legge 448, che il
successivo art. 114, non toccato dalla modifica, continua a non prevedere
l’ente societario tra quelli strumentali dell’ente locale. Inoltre, il ricorso alla
forma societaria è considerato dal nuovo testo dell’art. 113 frutto di una
vera e propria scelta economica imposta all’ente locale, atteso che detta
forma societaria è consentita solo nel caso esista separazione
dell’erogazione dalla gestione del servizio e solo per la gestione delle reti,
degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali. Si tratta, in altre parole
di una vera e propria opzione di carattere gestionale, in relazione alla
onerosità dell’attività, tanto è vero che gli enti in questa ipotesi sono posti
dinanzi all’alternativa di avvalersi o di soggetti economici costituiti in forma
societaria partecipata dagli enti interessati, oppure di idonee imprese da
scegliere attraverso pubblica gara (comma 4).
Dunque, la forma societaria di diritto privato è per l’ente locale una
modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta
dall’ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in cui il
perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato dall’accettazione
delle regole del diritto privato.
Le disposizioni impugnate definiscono il proprio ambito di applicazione non
secondo il titolo giuridico in base al quale le società operano, ma in
relazione all’oggetto sociale di queste ultime. Tali disposizioni sono fondate
sulla distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica e attività
d’impresa di enti pubblici. L’una e l’altra possono essere svolte attraverso
società di capitali, ma le condizioni di svolgimento sono diverse. Nel primo
caso vi è attività amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in

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La tesi è tuttavia infondata. Deve infatti innanzitutto notarsi, anche dopo

essere da società di capitali che operano per conto di una pubblica
amministrazione. Nel secondo caso, vi è erogazione di servizi rivolta al
pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza.
Questi concetti sono ben presenti nella giurisprudenza costituzionale la
quale, soprattutto al fine di individuare il corretto discrimine tra la
legislazione regionale e quella statuale, considera la legislazione ora in

amministrativa da quella privata per evitare che un soggetto, che svolge
attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa,
beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica
amministrazione. Non è, dunque, negata né limitata la libertà di iniziativa
economica degli enti territoriali, ma è imposto loro di esercitarla
distintamente dalle proprie funzioni amministrative, rimediando a una
frequente commistione, che il legislatore statale ha reputato distorsiva
della concorrenza (Corte cost.1.08.08 n. 326).
In questa sede deve essere rimarcato che la conclusione dell’autonoma
personalità giuridica della società pur a partecipazione pubblica è stata
affermata dalle sezioni unite di questa Corte in diverse occasioni (sentt. n.
26806\09, n.14957\11, n. 20940\11, n.14655\11) proprio sulla base del
rilievo che le disposizioni del codice civile sulle società per azioni a
partecipazione pubblica non valgono a configurare uno statuto speciale
delle stesse e che la scelta della Pubblica Amministrazione di acquisire
partecipazioni in società private implica l’assoggettamento alle regole
proprie della forma giuridica prescelta.
Né può attribuirsi rilievo ad alcuni provvedimenti emessi dall’Autorità
amministrativa (d.nn. 25338 del 12.11.98 e ulteriori provvedimenti
dell’INPS) ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 26.04.57 n. 818 (peraltro
abrogato in parte qua dal menzionato art. 20 del d.l. n. 112 del 2008), per
l’applicazione del più volte richiamato art. 40, c. 2, del r.d.1.4.10.35 n.
1827, che escludevano l’assoggettamento dei dipendenti delle aziende
pubbliche e di quelle esercenti pubblici servizi “quando ad essi sia
garantita la stabilità dell’impiego”. Detti provvedimenti, con cui era stata

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esame quale frutto di disposizioni che mirano a separare la sfera di attività

accertata la stabilità di impiego del personale dipendente della Azienda
energetica metropolitana (AEM) di Torino, dante causa remota di Iride
Mercato costituirebbero, secondo la controricorrente, titolo per l’esonero
contributivo, in quanto contenuti nel patrimonio dell’impresa originaria,
trasmesso ex art. 2112 c.c. all’avente causa.
Questa richiesta, come evidenziato da questa Corte nelle recenti sentenze

c.c. Questa norma, infatti, persegue lo scopo di garantire ai lavoratori la
conservazione dei diritti in caso di mutamento dell’imprenditore,
assicurando la continuità del rapporto di lavoro nei confronti dell’azienda,
o alla parte di essa, trasferita ed esistente al momento del trasferimento
(v. per tutte Cass. 17.03.09 n. 4452). E’ estranea, invece, alla tutela da
essa offerta la garanzia di continuità delle prerogative della struttura
aziendale riconosciute alla parte imprenditoriale dall’autorità
amministrativa, atteso che dette prerogative sono condizionate alla
permanenza dei requisiti richiesti dalla legge per il loro riconoscimento. Nel
caso di specie detti provvedimenti di accertamento erano legati alla
condizione dell’Azienda esaminata -chiamata ad accertare “la sussistenza
della stabilità d’impiego, … in sede amministrativa su domanda del datore
di lavoro”- in relazione alla soggettività specifica del datore di lavoro,
come esistente al momento dell’accertamento, ed alle condizioni ivi
verificate, con impossibilità di trasferire detti provvedimenti in capo ad altri
soggetti economici (cfr. da ultimo Cass. n. 27444\13).
Deve dunque ritenersi che, per il fine in esame, nessun significato
interpretativo può attribuirsi al d.l. 25.06.08 n. 112, convertito in L.
6.08.08 n. 133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e
la perequazione tributaria, il quale ha previsto, solo con decorrenza
1.1.09, l’obbligo del versamento dei contributi per malattia e maternità nei
confronti delle “imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali,
privatizzate ed a capitale misto” (art. 20, c. 2). Infatti, la contribuzione
disciplinata da tale norma è diversa da quella inerente i titoli vantati

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del 2013 sopra indicate, è frutto di una non corretta lettura dell’art. 2112

dall’INPS nel presente giudizio (contributi per la disoccupazione volontaria)
e non implica una “razionalizzazione” dell’intera materia dell’obbligazione
contributiva delle imprese pubbliche, privatizzate e a capitale misto,
ovvero una assimilazione di tali imprese a qualunque fine previdenziale o
assistenziale, dato che, piuttosto, la omogeneità è solo nel senso della
estensione dell’obbligo contributivo per la malattia a tutte le imprese,

Cass. n. 5816 del 2010).
Una volta escluse le società per azioni a partecipazione pubblica dal
concetto lato di “imprese pubbliche”, ai fini della presente controversia,
diviene ovviamente irrilevante che l’art. 20, c. 4, dello stesso d.l. n. 112
del 2008 abbia abrogato la disposizione dell’art. 40, n.2, del r.d.l. 4.10.35
n. 1827 (che esclude dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione
involontaria i dipendenti delle aziende pubbliche e delle aziende esercenti
pubblici servizi) ed abbia esteso il detto obbligo assicurativo “solo dal
primo periodo di paga decorrente dal 1° gennaio 2009”.
Essendo la Iride Mercato s.p.a. tenuta, per le ragioni dette, al pagamento
della contribuzione per la disoccupazione involontaria ab origine, essa non
trae alcun giovamento dallo ius superveniens, restando così dovuti i
contributi de quibus per il periodo per cui è causa (maggio 2004-febbraio
2005).
3.- Non essendo censurata la sentenza impugnata circa l’insussistenza
dell’obbligo della società al versamento dei contributi per malattia, per i
quali del resto l’art. 20, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008, convertito nella
legge n. 133 del 2008, ha stabilito che l’art. 6, secondo comma, della
legge n. 138 del 1943, va inteso nel senso che quando il trattamento di
malattia venga corrisposto, per legge o per contratto collettivo,
direttamente dal datore di lavoro, com’è pacifico nella specie, il medesimo
non è tenuto al versamento della relativa contribuzione all’istituto (Cass.
13.10.08 n. 25047, che ne ha escluso un contrasto sia con i principi
costituzionali che sovranazionali CEDU); risultando inapplicabile, ratione
temporis, il successivo decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in

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comprese quelle privatizzate e a capitale misto (v. la già citata sentenza

legge dall’art. 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111 che ha reintrodotto, a
carico dei datori di lavoro che corrispondono ai propri dipendenti il
trattamento economico di malattia, l’obbligo di versare la contribuzione di
finanziamento dell’indennità di malattia a decorrere dal 1 maggio 2011, il
ricorso, inerente solo il debito della società Iride Mercato per i contributi di
disoccupazione, deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi

quantificazione del complessivamente dovuto per contributi di
disoccupazione dalla società Iride Mercato all’INPS, per il periodo maggio
2004-febbraio 2005.
Il medesimo giudice provvederà anche alla regolamentazione delle spese,
ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in ordine ai
contributi di disoccupazione dovuti dalla controricorrente all’INPS, e rinvia,
anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 dicembre 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, affinché provveda alla

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