Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27618 del 30/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2018, (ud. 18/09/2018, dep. 30/10/2018), n.27618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6726/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

N. ARREDAMENTI S.R.L., in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato ROBERTO FERRI, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale estesa a margine del controricorso;

– controresistente –

avverso la sentenza n. 244/22/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 29.7.2013, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18.9.2018 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l’appello proposto dalla società N. Arredamenti s.r.l. avverso la sentenza n. 88/1/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo che aveva respinto il ricorso, proposto dalla società avverso avviso di accertamento con cui erano stati accertati induttivamente maggior reddito imponibile ai fini IVA IRPEF ed IRAP per l’annualità 2004;

l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto… ed in particolare: del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis e sexies, conv. in L. n. 427 del 1993; del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. D e comma 2 lett. D bis e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40; del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56; anche in combinato disposto con l’art. 2697 per quanto concerne l’onere della prova”;

con il secondo motivo ha denunciato, in via subordinata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″, omessa e/o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio… o, comunque, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti”;

la società contribuente si è costituita deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso ed ha infine depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione delle norme indicate in premessa per avere la CTR ritenuto “illegittimo l’avviso di accertamento perchè motivato in base allo scostamento dagli Studi di Settore, in una fattispecie in cui il contribuente, in sede di contraddittorio, non…(aveva)… fornito alcun elemento non partecipando a tale fase”, è fondato;

1.2. secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, n. 26635/2009), la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente;

1.3. l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte; in tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il Giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito;

1.4. nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata contiene affermazioni in contrasto con tale principio, in quanto, pacifico essendo in causa che il contraddittorio sia stato attivato, erroneamente i Giudici d’appello non hanno tuttavia ritenuto idonee le risultanze degli studi di settore a fondare l’accertamento pur in mancanza di prova da parte del contribuente di circostanze in grado di giustificare il minor reddito dichiarato;

1.5. al riguardo, giova notare, la mancanza di prove documentali atte a supportare le difese del contribuente è, a ben vedere, pacifica, non avendo la parte contribuente contestato quanto riportato nell’avviso di accertamento (ritualmente trascritto in ricorso), ovvero che “la parte, in sede di contraddittorio, nulla…(aveva)… eccepito riguardo la mancanza di elementi oggettivi che inducano a ritenere inadeguato il percorso tecnico-metodologico seguito dallo Studio per giungere alla stima, alla non corretta imputazione nel cluster di riferimento o infine relativamente alla presenza di cause particolari che abbiano potuto influire negativamente sull’attività”, stima dell’Ufficio peraltro corroborata, oltre che dallo Studio di Settore, anche dall’analisi dei dati dichiarati ai fini dell’imposta sul reddito e dell’IRAP per i periodi di imposta 2003/2004/2005, da cui era emersa una condotta “antieconomica” dell’impresa nel sottodimensionamento dei ricavi;

1.6. si ricava, dal surricordato principio, la chiara affermazione che, nel riparto degli oneri, al contribuente è assegnato quello non solo di allegare ma anche di provare – ancorchè senza limitazioni di mezzi e di contenuto la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore incombe l’onere della dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (cfr. in tal senso ex multis Cass. n. 3415/2015);

1.7. erroneamente, pertanto, la CTR ha ritenuto che spettasse all’Amministrazione indicare e dimostrare fatti specifici idonei a confermare l’attendibilità del metodo presuntivo: onere invece predicabile solo ove non sia stato instaurato il contraddittorio ovvero quando, attivato quest’ultimo, il contribuente abbia offerto elementi sia pure presuntivi in grado di giustificare lo scostamento, atteso che, in caso contrario, ove cioè, come nella specie, il contraddittorio sia stato attivato e il contribuente nulla abbia contestato, l’accertamento ben può bastare, di per sè, l’applicazione dello studio di settore;

2. all’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue l’assorbimento del secondo, formulato in via subordinata;

3. alla stregua di quanto sopra, pertanto, va accolto il ricorso e cassata l’impugnata sentenza, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame della controversia ed alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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