Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27617 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2020, (ud. 29/10/2020, dep. 03/12/2020), n.27617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 121-2019 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320/D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA

RICCI, rappresentata e difesa dall’avvocato GUIDO RAFFAELE DE ROSSI;

– ricorrente –

contro

I.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA

251, presso lo studio dell’avvocato MARIA SARACINO, rappresentata e

difesa dall’avvocato FERNANDO FRANCO ANTONUCCI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1892/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 21/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La ricorrente, R.A., ha stipulato con I.G. un preliminare di compravendita di un immobile, ma dopo la stipula ha appreso di una ipoteca gravante sul bene e ne è insorta questione con la promittente acquirente, che ha poi portato ad una transazione con la quale la I. si è impegnata a rendere il bene libero da pesi entro un certo termine.

Poichè l’impegno non sarebbe stato mantenuto, la promissaria acquirente ha citato in giudizio la promittente venditrice, per avere risoluzione per inadempimento e risarcimento; del pari la promittente (ossia la I.) ha avanzato domanda riconvenzionale volta ad avere, lei, il risarcimento del danno per lavori effettuati sull’immobile. Inizialmente entrambe le domande sono state accolte; mentre in appello, fatto principalmente dalla R. (promissaria acquirente) per il rigetto della riconvenzionale, cui ha fatto seguito l’appello incidentale della I., le decisioni di primo grado sono state ridotte nel quantum, ma sostanzialmente confermate nel merito.

La R., promissaria acquirente ricorre con due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La promissaria acquirente aveva proposto uno specifico motivo di appello avverso la sentenza del Tribunale, sostenendo che, in quanto parte adempiente, non poteva essere condannata al risarcimento dei danni in favore di quella inadempiente (la promittente venditrice), ostandovi il disposto dell’art. 1453 c.c..

La corte rigetta questo motivo di appello chiarendo che il tribunale non ha condannato lei, parte promissaria e adempiente al risarcimento del danno, ma alla restituzione di quanto percepito in base al contratto; utilità che, venuto meno il titolo, a seguito della risoluzione, vanno restituite (“Il Tribunale, come esaustivamente enunciato e motivato, ha disposto il risarcimento del danno a carico dell’attrice non in conseguenza della sua inadempienza contrattuale nel rapporto sinallagmatico, ma quale conseguenza diretta degli effetti restitutori della dichiarata risoluzione contrattuale”).

Chiarisce dunque la corte che, risolto il preliminare, ne derivano automaticamente effetti restitutori.

Questa ratio è censurata con due motivi, che possono esporsi congiuntamente.

2.- Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., e si asserisce che la restituzione della prestazione ricevuta sulla base di un contratto risolto è, si, un effetto della risoluzione, ma non può essere pronunciata in assenza di domanda di parte; e la promittente venditrice non aveva affatto richiesto la restituzione nè del bene promesso in vendita, di cui nel frattempo la ricorrente aveva acquisito il possesso, nè dei frutti del godimento di quel bene.

Cosi che v’è stata pronuncia senza domanda.

Con il secondo motivo si denuncia omesso esame del fatto negativo della assenza di domanda specifica. La corte avrebbe cioè omesso di esaminare che non v’era domanda di restituzione.

Il ricorso è infondato.

E’ vero che la corte di merito nel dispositivo non pronuncia alcuna restituzione, limitandosi a disporre la condanna ad una certa somma a titolo di risarcimento del danno, ma ciò non toglie che una pronuncia sull’effetto di restituzione conseguente alla risoluzione per inadempimento vi sia.

Essa è rinvenibile nel rigetto del primo motivo di appello.

La parte ricorrente, come accennato prima, aveva lamentato una condanna al risarcimento del danno in favore della promittente venditrice, che era stata ritenuta inadempiente, ed aveva osservato che, data la risoluzione per inadempimento, la parte adempiente non potesse essere condannata a risarcire quella inadempiente, ma semmai il contrario.

La corte di merito ha rigettato questo motivo sostenendo che non coglieva la ratio della decisione impugnata, la quale non aveva affatto condannato al risarcimento del danno la parte inadempiente ma semmai alla restituzione di quanto conseguente alla risoluzione.

Ne deriva che non è vero che v’è stata pronuncia senza domanda, quanto piuttosto una diversa qualificazione di quest’ultima. In altri termini, la corte di appello osserva che la promissaria acquirente non è stata condannata al risarcimento ma è stata condannata alla restituzione di quanto percepito con il godimento medio tempore del bene, che pure ha avuto; e questa restituzione era stata domandata dalla controparte, dunque v’era specifica domanda, salvo a doverla qualificare non come risarcimento ma come di restituzione.

In altri termini, la corte qualifica la domanda di risarcimento della parte promittente venditrice piuttosto come domanda di restituzione, che dunque è stata proposta dalla parte.

p..- Quanto al ricorso incidentale, esso è basato su due motivi.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 1458 c.c. per omessa valutazione di una prova documentale.

Ritiene la controricorrente che la corte di merito non ha concesso, per errore, il risarcimento del danno anche sul secondo immobile locato, limitandolo invece al primo, per difetto di prova del quantum.

Ritiene la controricorrente che il rigetto è dovuto all’omessa considerazione sia della planimetria che del preliminare da cui emerge che i due immobili hanno una consistenza eguale e che dunque i danni stimati per uno dei due valgono anche per l’altro.

Il motivo è inammissibile in quanto si tratta della censura della valutazione di una prova, che è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice. Inoltre, la controricorrente non dimostra di avere posto la questione al giudice di appello, ossia di averla devoluta nei termini in cui la denuncia qui, vale a dire come omessa valutazione di documenti probatori, omissione che rileva nella misura in cui la questione, in quegli esatti termini, era stata devoluta in appello.

5.- Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè omesso esame di un fatto decisivo e rilevante per il giudizio.

La questione è la seguente. La corte di appello ha ritenuto inammissibile la domanda di pagamento dei canoni di locazione maturati dopo la sentenza di primo grado, in quanto tardiva: secondo il giudice di merito la locatrice avrebbe dovuto proporre autonoma domanda.

La controricorrente censura questa decisione sostenendo che invece i danni futuri rientrano nella domanda iniziale.

Il motivo è infondato per due ragioni. La prima è che non si tratta, come ritiene la controricorrente di un danno futuro, bensì di frutti maturati o maturandi, per i quali vale la regola che nel giudizio di appello, se in primo grado è stato chiesto il pagamento dei frutti civili scaduti, quali sono i canoni, è consentita la richiesta degli ulteriori frutti maturi dopo la sentenza impugnata (Cass. 23695/2004).

Deve dunque trattarsi di canoni scaduti.

La seconda ragione sta nella mancata dimostrazione di avere chiesto in primo grado la condanna al pagamento dei canoni da scadere in futuro, oltre che di quelli scaduti al momento della domanda.

Va dunque rigettato sia il ricorso principale che quello incidentale.

P.Q.M.

La corte rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte della ricorrente e da parte della resistente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

 

 

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