Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27614 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. III, 29/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 29/10/2019), n.27614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22858/2018 proposto da:

ASSICURATORI DEI LLOYD’S, in persona del procuratore generale del

Rappresentante Generale per l’Italia Dott.

P.M.A.E., D.G., elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE

REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio dell’avvocato MARCO FERRARO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO GIOVE;

– ricorrenti –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 4,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIA PICUTI, rappresentato e

difeso dagli avvocati GABRIELE GHILARDUCCI, ANDREA VETTORE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1051/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato via pec che il 19 luglio 2018 D.G. e Lloyds of London ricorrono per la cassazione della sentenza numero 10512018 della Corte d’appello di Palermo, pubblicata il 21 maggio 2018, resa nel giudizio promosso da S.R. nei confronti del notaio D.G., che ha ritenuto il notaio responsabile in ordine al danno subito dall’acquirente S.R., quale conseguenza dell’acquisto di un immobile sito in (OMISSIS) da un soggetto risultato fallito (fallimento di ” O.G.”), in ragione del quale l’attrice acquirente aveva versato un importo per evitare la perdita del bene conseguente all’azione pauliana intentata dal fallimento, sull’assunto che il notaio rogante non aveva correttamente adempiuto all’obbligo di verificare la capacità dell’alienante che, sin dal 1986, risultava fallito in proprio quale gerente di una società di fatto nel territorio di Trapani, luogo di sua precedente residenza. In particolare, la Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda dell’attrice acquirente, affermava la sussistenza di una responsabilità del notaio che, all’atto della compravendita immobiliare stipulata in Livorno il 26 luglio 2004 per atto pubblico, non aveva effettuato le opportune visure presso tutte le conservatorie dei registri immobiliari dei luoghi dove il soggetto alienante era nato e vissuto operando come imprenditore, e non aveva consultato l’elenco dei falliti di cui alla L. Fall., art. 50, allora vigente.

2. Il ricorso è affidato a 4 motivi. Le parti controricorrenti hanno notificato congiuntamente controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione degli artt. 1176,1218 e 1256 c.c., laddove la Corte d’appello, ampliando in maniera abnorme il dovere di diligenza professionale gravante sul notaio, ha ritenuto, pur nella riconosciuta assenza di qualsiasi elemento che facesse anche ipotizzare un possibile fallimento del signor O., che il notaio avrebbe dovuto cionondimeno estendere le proprie ricerche eseguendo le apposite visure.Con il secondo motivo si denuncia ex art. 360 c.p.c.. n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio laddove la Corte non ha considerato il fatto che il ricorrente, a seguito del proprio fallimento, aveva mutato la propria residenza in violazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 49, nel testo vigente all’epoca dei fatti e, di fatto, ha imputato al notaio la responsabilità di non aver ipotizzato tale circostanza. Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, deducendo che la Corte non ha considerato che l’immobile per cui è causa, soltanto due anni prima, era stato acquistato dinanzi a un altro notaio dallo stesso alienante che nell’occasione aveva ottenuto un mutuo bancario erogato in suo favore. Con il quarto motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo la Corte d’appello considerato che l’intero prezzo della compravendita era stato pagato prima dell’intervento con conseguente interruzione del nesso di causalità tra la pretesa condotta omissiva del professionista e gli asseriti danni.

2. I motivi sono inammissibili.

3. La Corte di merito, rilevando che la sentenza dichiarativa del fallimento del ricorrente, risalente all’anno 1986, poteva emergere dall’elenco dei falliti di cui alla L. Fall., art. 50, allora vigente, non consultato dal notaio, ovvero anche da una ispezione ipotecaria presso i registri immobiliari di Trapani nei quali era stato annotato il fallimento del ricorrente, ha ritenuto che il professionista non abbia assolto all’onere di provare la mancanza di colpa, ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c., essendo tenuto ad estendere le proprie ricerche anche nei luoghi in cui l’alienante aveva risieduto ed esercitato in passato la sua attività imprenditoriale, a nulla rilevando che le ricerche fossero state effettuate nel luogo di attuale residenza, ove da circa due anni aveva impiantato la sua attività imprenditoriale. Per tale motivo ha ritenuto fondata la richiesta di risarcimento corrispondente al maggiore importo versato dall’acquirente per evitare gli effetti dell’azione pauliana.

4. Quanto al primo motivo si osserva che la Corte d’appello ha motivato sulla sussistenza di una responsabilità del notaio richiamando correttamente i principi che affermano la responsabilità del professionista nel caso in cui non sia in grado di dimostrare che nemmeno con l’uso della diligenza professionale da lui esigibile avrebbe potuto conoscere dell’esistenza della sentenza dichiarativa di fallimento, in ciò citando la pronuncia della Corte di cassazione numero 11569-2009, partendo dal presupposto che incombe al notaio, sulla base del parametro di diligenza richiesto a chi è professionalmente tenuto a garantire la certezza e stabilità dei negozi giuridici, l’onere di dimostrare la propria mancanza di colpa ai sensi degli artt. 2218 e 1256 c.c.. Lo stesso principio affermato nel precedente di cui a Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26908 del 19/12/2014 regola il caso della responsabilità contrattuale del notaio che abbia rogato un atto di trasferimento di immobile allorchè il venditore sia stato in precedenza dichiarato fallito, risultando per tale ragione l’atto privo di effetti verso i creditori. L’acquirente in tale eventualità ha diritto al risarcimento del danno patito, il cui ammontare è pari al valore monetario dell’immobile al momento dell’effettivo rilascio, detratto l’importo corrispondente all’eventuale vantaggio economico tratto nel periodo in cui l’acquirente ne ha avuto il godimento quale proprietario.

5. Le censure di cui al primo motivo si dilungano nel riportare elementi di fatto, in tesi non adeguatamente considerati dalla Corte, di cui si chiede una diversa valutazione, e pertanto risulta inammissibile in quanto induce la Corte a riesaminare circostanze già correttamente scrutinate nel loro insieme, tenuto conto dell’onere probatorio incombente sul notaio, non assolto con la dimostrazione della difficoltà della ricerca richiesta perchè riferita a un territorio diverso da quello in cui è stato stipulato il negozio, essendo un impedimento non opponibile dal professionista che, nell’espletare le sue funzioni, in tutto il territorio nazionale ha pieno accesso alle informazioni necessarie a garantire la stabilità degli effetti dell’atto da lui rogato.

6. Risulta inammissibile anche il secondo motivo per carenza del requisito dell’autosufficienza, di cui la controparte eccepisce la novità, poichè non viene indicato “quando e come” la deduzione sia stata svolta innanzi ai giudici di merito in ordine alla violazione della norma che impone al fallito di ottenere dal giudice delegato l’autorizzazione a risiedere altrove. Tale considerazione, tuttavia, non sarebbe in grado di interrompere il nesso causale tra l’omissione colpevole del professionista e l’evento occorso, imputabile alla negligenza professionale del notaio.

7. Il terzo motivo, relativo al fatto che non sarebbe stato considerato che lo stesso immobile era stato acquistato dal ricorrente due anni prima con l’intervento di una banca che aveva mutuato la somma per l’acquisto senza nulla rilevare, inerisce in realtà a un elemento fattuale non decisivo alla luce del rilievo che il notaio non ha dimostrato di avere svolto diligentemente la propria attività attivandosi per ottenere informazioni “privilegiate”, da lui acquisibili, sullo status personale e giuridico dell’alienante, non potendo basare la sua attività di indagine sulla propria “scienza privata”, bensì su un’ analisi (cd. visura) dei dati ricavabili dai registri pubblici, del tenore dei quali è tenuto ad informare le parti in ragione della pubblica finalità di certezza e stabilità del traffico giuridico cui è funzionalmente preposto (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 2525 del 30/01/2019).

8. Quanto al quarto motivo, anch’esso deve ritenersi inammissibile, poichè il danno emergente riconosciuto dalla Corte di merito corrisponde all’importo di Euro 75.000,00, equivalente al versamento della ulteriore somma che l’attrice acquirente ha dovuto versare per evitare lo spossessamento del bene, e non coinvolge l’intero prezzo versato prima del rogito. Pertanto l’eccezione dei ricorrenti, secondo cui non si sarebbe tenuto conto della carenza di un nesso causale tra il danno preteso e l’evento perchè il prezzo di compravendita era stato corrisposto prima della stipula dell’atto, non ha avuto alcun pregio ai fini della decisione, in quanto il risarcimento liquidato, limitato alla somma aggiuntiva che l’acquirente ha dovuto pagare alla curatela fallimentare per non subire l’inefficacia statuita dalla sentenza del Tribunale di Marsala che ha accolto l’azione revocatoria del fallimento, è certamente ricollegabile all’atto di acquisto rogato dal notaio.

9. Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore delle parti congiuntamente resistenti.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in via tra loro solidale, alle spese, liquidate in Euro 5.500,000, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge in favore della ricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA