Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27613 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. III, 29/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 29/10/2019), n.27613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21497/2018 proposto da:

C.E., B.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA S GIOVANNI DELLA MALVA 8/A, presso lo studio

dell’avvocato SILVANA SEMERARO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALESSANDRO LENDVAI;

– ricorrenti –

contro

SIALLWOOD SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 276/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 13 luglio 2018 i coniugi B.R. ed C.E. ricorrono per la cassazione della sentenza numero 276-2018 resa nei confronti di SIALWOOD Srl con la quale è stata confermata la sentenza di rigetto della loro domanda tesa a ottenere il ristoro del danno non patrimoniale subito per la pubblicazione di immagini (foto) ottenute dall’impresa allorchè era stata incaricata di rifare gli infissi della loro villa, deducendo l’abusiva pubblicazione di foto, sul catalogo pubblicitario dell’impresa, che ritraevano la loro abitazione, ledendo il diritto alla riservatezza. La Corte d’appello ha confermato la pronuncia di 1 grado, riformandola parzialmente nella sola parte motiva, considerando che i) contrariamente a quanto indicato dal giudice di primo grado, sussisteva un rapporto contrattuale tra le parti, ma la sussistenza di un rapporto contrattuale per l’esecuzione di opere, in mancanza di una specifica pattuizione tra le parti, non comporta il divieto di realizzare foto, da pubblicare eventualmente a scopi pubblicitari, in quanto da parte della parte contraente deve essere espresso il divieto di fotografare, anche a fini pubblicitari, le opere realizzate; ii) sotto il diverso profilo della responsabilità extracontrattuale l’appello è inammissibile in quanto il diritto alla riservatezza si configura come specificazione del diritto alla intimità privata, inteso come esigenza dell’uomo al godimento pieno ed esclusivo dell’intimità della persona e delle proprie azioni, laddove il bene che il soggetto intende tutelare non si trova al di fuori di lui ma inerisce alla persona medesima nella sua individualità fisica o esigenza morale e sociale, mentre nel caso in esame manca qualsiasi collegamento tra la riproduzione fotografica e la persona dei coniugi, trattandosi di foto neutre, raffiguranti le sole caratteristiche e qualità tecniche del prodotto fornito e installato; iii) la critica degli appellanti si fonda invece sulla riproposizione di principi giurisprudenziali senza alcun adattamento al caso concreto, anche nel formulare l’ipotesi del reato di interferenze illecite nella vita privata; iv) quanto al reato de quo difetta pure l’elemento costitutivo dell’indebita intrusione, dal momento che le fotografie sono state scattate in occasione dei lavori dalla società che li ha realizzati e che quindi aveva pieno diritto all’accesso all’immobile.

2. Il ricorso è affidato a 3 motivi. La parte intimata non è comparsa nonostante la regolarità della notifica avvenuta per via postale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 10 c.c., costituente un illecito civile, laddove la sentenza ha ritenuto che nella riproduzione fotografica manca qualsiasi collegamento con la persona dei coniugi, trattandosi di foto neutre, raffiguranti le sole caratteristiche e qualità tecniche del prodotto fornito e installato dalla società convenuta (infissi), utilizzate a scopo promozionale e pubblicitario dall’impresa che ha eseguito i lavori; con il 2 motivo si deduce violazione e falsa applicazione l’art. 615 bis c.p., ex art. 360 c.p.c., n. 3, oltre che per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, poichè non sarebbe stato considerato che nell’ipotesi di interferenza nella vita privata viene insidiata la riservatezza delle condotte individuali e sociali che nei luoghi privati si svolgono; con il 3 motivo si deduce violazione e falsa applicazione di artt. 1175 e 1375 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto nell’esecuzione del contratto sussiste l’obbligo di solidarietà che impone a ciascuna parte di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere da specifici obblighi contrattuali.

1.1. I primi due motivi vengono trattati congiuntamente in quanto si

prospettano del tutto inammissibili con riguardo alla motivazione resa in tema di illecito extracontrattuale. Nella sentenza impugnata viene sancito che, quanto all’illecito extracontrattuale, l’appello è inammissibile, poichè esso si fonda sulla riproposizione di principi giurisprudenziali, senza alcun adattamento al caso concreto, anche nel formulare l’ipotesi del reato di interferenze illecite nella vita privata, nei fatti da escludersi in relazione al contenuto delle immagini pubblicate. Nel motivo di ricorso non si censura però la pronuncia di inammissibilità dell’appello che si pone come autonoma ragione del decidere. Il motivo pertanto non risulta sviluppato in conformità al requisito di cui ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. SU n. 7074 del 2017).

2. Per quanto attiene al terzo motivo viene denunciato che la mancata acquisizione del preventivo consenso allo scatto delle fotografie all’interno della privata abitazione e alla loro divulgazione integra la violazione di obblighi contrattuali, dovendo essere la condotta del contraente (il prestatore d’opera) improntata ai principi di correttezza e buona fede che impongono doveri di avviso o comunicazioni, di custodia o di sicurezza in riferimento a scatti nelle private dimore di cui un soggetto ha avuto accesso per eseguire una prestazione contrattuale.

2.1. Il motivo è infondato in relazione alla fattispecie considerata dalla Corte d’appello che, nelle foto acquisite e pubblicate senza il consenso degli interessati, non ha ravvisato alcun riferimento ad aspetti attinenti alla persona fisica o alla proprietà dei ricorrenti, prevalendo l’interesse dell’esecutore dell’opera a repertoriare il manufatto eseguito, visti e considerati il carattere neutrale delle riprese e la riferibilità delle immagini all’autore dell’opera. Il giudizio sul contenuto delle immagini riprese è stato fatto nei corretti termini, e, pertanto, è insindacabile in questa sede.

2.2. Oggetto della normativa sulla privacy, qui specificamente in questione (v. D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 1 – Codice in materia di protezione dei dati personali), sono i “dati personali”, che ineriscono a qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata od identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale. Costituiscono sempre dati personali quelli che riguardano la famiglia e altre situazioni personali, il lavoro, le attività economiche, commerciali, finanziarie ed assicurative, i beni, le proprietà e i possessi. Il dato è quindi un bene giuridico di secondo livello, un “contenitore vuoto” all’interno del quale si pone uno specifico contenuto che – se è personale – è relativo al patrimonio informativo dell’interessato.

2.3. Conseguentemente, la ritenuta “neutralità” del contenuto dei dati acquisiti senza il consenso della parte committente di una prestazione d’opera, dai quali non si desumano riferimenti alla vita privata o ai beni personali, ma solo alle caratteristiche estetiche e tecniche del manufatto eseguito dell’esecutore dell’opera, esclude che nella condotta assunta, in assenza di preventivo consenso dell’avente diritto, possa ravvedersi una violazione degli obblighi di salvaguardia degli interessi e diritti altrui. Nè tantomeno è ravvisabile una violazione del diritto alla privacy, all’immagine o della proprietà altrui nel comportamento di chi, nel proprio personale interesse, acquisisca dati contenenti immagini del proprio manufatto che, se anche riferite a parte del mobilio o degli ambienti in cui esso si inserisce, si dimostrino prive di contenuto personale riferito al committente dell’opera.

3. Conclusivamente il ricorso viene rigettato; nulla si dispone per le spese, stante l’assenza del resistente dal presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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