Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27605 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. III, 29/10/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 29/10/2019), n.27605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6438-2018 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE XXI APRILE

11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO MORRONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ROSSELLA MARCUCCIO, MARCELLO MARCUCCIO;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE XXI APRILE

11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO MORRONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ROSSELLA MARCUCCIO, MARCELLO MARCUCCIO;

– controricorrente –

e contro

CH.FR., CURATORE EREDITA’ GIACENTE DI S.A. E

D.D.S., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

Nonchè da:

CH.FR., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELSIANA

71, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DELL’ERBA, rappresentato

e difeso dall’avvocato SALVATORE NISI;

– ricorrente incidentale –

contro

S.A.M., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 196/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/06/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente ha affidato alla impresa edile di S.A., quale esecutrice, ed all’Ing. Ch.Fr. quale direttore, i lavori di rifacimento di due suoi immobili, uno sito a (OMISSIS) e l’altro a (OMISSIS).

Il contratto di appalto venne stipulato nel 1994, mentre, secondo la ricostruzione del ricorrente, già nel 1996, si sono manifestati vizi di costruzione dell’immobile, che il ricorrente assume di avere tempestivamente denunciato ai due predetti suo incaricati.

Questi ultimi hanno negato di doverne rispondere, così che il C. ha iniziato un’azione per ottenere il risarcimento dei danni causati dalla erronea esecuzione dei lavori.

L’ing. C. ha chiesto il rigetto della domanda, e la sua inammissibilità, per decadenza dal termine di denuncia dei vizi; e, per altro verso ha proposto domanda riconvenzionale per conseguire il saldo del pagamento dei lavori.

Il Tribunale ha accolto la domanda dell’attore, dopo accertamento effettuato a mezzo CTU, ed ha rigettato la domanda riconvenzionale volta ad ottenere la residua somma a titolo di prestazione professionale a favore del direttore dei lavori.

La decisione di primo grado è stata impugnata sia dall’ing. C., che dagli eredi del S., nel frattempo deceduto.

La Corte di appello di Lecce, con sentenza non definitiva ha ritenuto che per l’immobile di (OMISSIS) l’attore era decaduto dalla domanda.

Per il resto, dopo aver rinnovato la CTU, ha rigettato le altre domande, ed ha accolto l’appello incidentale del direttore dei lavori riconoscendo in suo favore il saldo richiesto con la domanda riconvenzionale.

Il C. propone ricorso per Cassazione con cinque motivi. V’è costituzione del solo C. con ricorso incidentale. Le parti hanno illustrato le loro ragioni con ulteriori motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La sentenza di appello ha riconosciuto la decadenza quanto ai vizi dell’immobile di (OMISSIS), ed ha accolto la richiesta di pagamento del saldo del direttore dei lavori, disponendo la prosecuzione del giudizio per le altre domande (immobile di (OMISSIS) ed altro).

2.- Il ricorrente propone cinque motivi.

Con i primi due contesta il capo di domanda relativo alla intervenuta decadenza della denuncia dei vizi dell’immobile di (OMISSIS).

In particolare, con il primo motivo lamenta una decisione ultra petita, e dunque violazione dell’art. 122 c.p.c..

Ritiene che il direttore dei lavori non abbia riproposto con l’appello l’eccezione di decadenza, e che quindi il giudice di secondo grado non doveva occuparsene.

Il motivo è infondato.

Invero, a parte ogni rilievo circa l’autosufficienza del motivo, nella sentenza di appello si dà atto che l’appellante (ing. C.) con il primo motivo ha espressamente impugnato il capo di primo grado relativo alla decadenza.

In particolare, si dà atto che il motivo di appello censura la pronuncia di primo grado proprio per avere escluso la decadenza dall’azione, per tardiva denuncia dei vizi, rispetto ai quali il direttore dei lavori non aveva fatto alcuna ammissione di responsabilità (pagina 6 della sentenza impugnata).

Risulta dunque che l’eccezione di decadenza, fatta in primo grado, è stata riproposta con il primo motivo di appello.

Con il secondo motivo, invece, il ricorrente ritiene violato sia l’art. 1667 c.c., che l’art. 1176 c.c..

In sostanza egli ritiene che all’azione di risarcimento verso il direttore dei lavori non è applicabile la norma dell’art. 1667 c.c., la quale è invece prevista asolo per l’appaltatore. Il direttore dei lavori è invece un prestatore d’opera la cui responsabilità è misurabile ai sensi dell’art. 1176 c.c., o in base alle norme che regolano il contratto d’opera.

Anche questo motivo è infondato.

Va da sè che il termine di decadenza previsto per la denuncia dei vizi dell’opera è legato al tipo di azione fatta valere, ossia all’azione per i vizi. Di certo non si applica al caso in cui il creditore faccia valere altri inadempimento del direttore dei lavori alla sua obbligazione di diligenza nell’esecuzione della prestazione, ma non già perchè destinatario di tale azione si il direttore, quanto piuttosto nella misura in cui con tale azione non si fanno valere i vizi della cosa, ma altre inadempienze (Cass. 3608/1977).

Invece, nel caso in cui l’appaltatore faccia valere i vizi (e non rileva se nei confronti dell’appaltatore o del direttore dei lavori) a disciplina della decadenza segue naturalmente a tale tipo di domanda. La denuncia dei vizi sarà soggetta a decadenza a prescindere dal soggetto verso cui è rivolta.

Nella fattispecie, l’appellante ha agito sia verso il costruttore appaltatore che verso il direttore dei lavori proprio per far valere i vizi della cosa, non già inadempienze di altro genere. Con la conseguenza che la sua azione è soggetta al regime di decadenza proprio dell’azione per vizi.

3.- Con il terzo motivo, invece, il ricorrente denuncia violazione sia dell’art. 112 c.p.c., che dell’art. 183 c.p.c..

La questione è la seguente. Con le memorie di cui all’art. 183 c.p.c., il ricorrente aveva aggiunto ai già denunciati vizi un’ulteriore difformità riguardante il distacco delle piastrelle.

In primo grado la controparte aveva denunciato la tardività della nuova allegazione, ed avuto rigetto di tale eccezione in primo grado, l’aveva riproposta in appello. Il giudice di secondo grado ha dunque ritenuto tardiva l’allegazione, in quanto comportante mutamento della domanda, non consentita in quella fase del giudizio.

Il motivo è infondato.

Invero l’aggiunta di un nuovo vizio di costruzione a quelli già indicati in citazione comporta mutamento di domanda, ciò in quanto costituisce un inadempimento ulteriore e diverso rispetto a quelli inizialmente posti ad oggetto della domanda, e si incide sul diritto di difesa, trattandosi della contestazione di una ulteriore inadempienza fatta però successivamente alle altre.

4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1988 c.c., e art. 112 c.p.c.. Secondo la sua prospettazione, il giudice di primo grado aveva decurtato l’onorario spettante al direttore dei lavori, in ragione dei vizi riscontrati.

Il giudice di appello invece ha riformato tale statuizione ritenendo che l’onorario spettasse comunque e che residuava un solido di 4 mila Euro, in ragione del fatto che era stato, in primo grado, lo stesso ricorrente ad ammettere di dovere ancora 8 milione di Lire.

Ciò avrebbe deciso il giudice di appello senza che vi fosse motivo di impugnazione sul punto.

Il motivo è infondato.

Invero, a parte ogni questione in ordine alla autosufficienza del motivo, risulta dalla sentenza impugnata con il settimo e l’ottavo motivo di appello, il direttore dei lavori ha contestato il capo di sentenza che non gli riconosceva, rigettando la sua riconvenzionale, alcuna ulteriore somma a titolo di saldo (pagina 16 della sentenza).

Il che dimostra che invece v’era uno specifico motivo di appello sul diritto dell’ing. C. al pagamento della somma residua.

Che poi tale somma fosse dovuta è stato correttamente aggiunto dal giudice di appello dalla circostanza che, in primo grado, lo stesso ricorrente aveva ammesso di dovere ancora 8 milioni.

Questa dichiarazione ha tutti gli estremi della ricognizione di debito (non necessariamente, come assume il ricorrente, deve trattarsi di confessione).

E del resto, non come confessione, ma come riconoscimento di debito è stata intesa dal giudice di appello, il quale ne ha tratto la conclusione che spettava al debitore dichiarante dimostrare il contrario.

5.- Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 161 c.p.c., nonchè nullità della sentenza per motivazione contraddittoria. Secondo il ricorrente la Corte di appello avrebbe violato la regola di motivare i suoi provvedimenti, disponendo senza ragioni la rinnovazione della CTU.

Il motivo è infondato.

Si tratta di un provvedimento istruttorio che non ha necessità di una motivazione simile alla sentenza; l’ordinanza istruttoria va succintamente motivata, e nel caso specifico, risultano le ragioni per le quali la Corte è addivenuta ad una simile determinazione.

Senza contare che la decisione sulla innovazione della consulenza tecnica è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.

6.- Parimenti infondato è il ricorso incidentale, che anzi deve ritenersi inammissibile.

Il ricorso è poco intelligibile.

In sostanza il ricorrente incidentale ritiene che il giudice di appello avrebbe riconosciuto il risarcimento al ricorrente per la sostituzione della porta caldaia.

Il ricorrente incidentale stesso ritiene che il giudice di appello non ha riconosciuto tale risarcimento, ed anzi lo ha escluso, ed impugna dunque la sentenza solo per l’eventualità che alla luce della motivazione si dovesse ritenere diversamente.

In realtà il dispositivo della sentenza è chiaro, ed è di accoglimento dell’appello relativamente al danno della porta caldaia, con conseguente mancanza di soccombenza del ricorrente incidentale sul punto.

Entrambi i ricorsi vanno dunque rigettati, con condanna alle spese a carico del ricorrente principale.

P.Q.M.

La Corte rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese di lite nella misura di 5.200,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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