Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27602 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 9774/2009 R.G. proposto da:

GOVERNMENT PENSION INVESTMENT FUND, quale successore universale

dell’ente The Pension Welfare Service Pubblic Corporation. Con sede

legale a (OMISSIS), C.F.

(OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante,

K.T. C.F. (OMISSIS), rappresentato e difeso,

come da procura speciale datata 29 ottobre 2008, autenticata in pari

data dal signor Hiroshi Nakajima, Notaio in Tokio (Giappone) e sempre

in pari data legalizzata a mezzo di Apostilla, come da Convenzione

dell’Aja del 5 ottobre 1961, depositata agli atti del Dott. Pasquale

Lebano, Notaio in Milano, con studio in Via Vittor Pisani n. 9, in

data 14.11.2008, Rep. N. 236767, raccolta 37367, dagli Avv. BONIELLO

Gerardo M. e Giuliana Polacco del Foro di Milano nonchè Gianfranco

Macconi e Guido Brocchieri del Foro di Roma, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale di Villa Massimo n. 57, presso lo studio

di questi ultimi;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata nei relativi Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

per la CASSAZIONE della sentenza n. 193/10/2007, della Commissione

Tributaria Regionale dell’Aquila Sezione Staccata di Pescara n. 10,

in data 15.11.2007, depositata il 26 febbraio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09 novembre 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Sentito, per parte ricorrente, l’Avv. G. Brocchieri;

Presente il P.M., Dott. VIOLA Alfredo Pompeo, che non ha mosso

osservazioni alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Considerato che nel ricorso iscritto a R.G. n. 9774/2009, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – L’ente pubblico di diritto giapponese in epigrafe, successore a titolo universale di The Pension Welfare Service Public Corporation, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di L’Aquila Sezione Staccata di Pescara, che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto dall’ente contro il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso della differenza tra quanto versato a titolo di imposta sui dividendi, con l’aliquota del 27%, negli anni di imposta 1999, 2000 e 2001, e quanto effettivamente dovuto in base all’aliquota del 15% prevista dall’art. 10 della Convenzione Italia-Giappone.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Con il primo motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’ente ricorrente si duole dell’omessa motivazione, riguardo al rigetto da parte del giudice tributario dell’eccezione di giudicato esterno sollevata con riferimento a numerose sentenze, che, secondo il ricorrente, avrebbero già risolto il thema decidendum in senso favorevole all’ente.

Il motivo è inammissibile, in quanto il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguarda la sola motivazione in fatto, e non è quindi utilizzabile per dolersi, come nella specie, della omessa motivazione in diritto riguardo al rigetto di una eccezione in senso stretto quale è quella di giudicato.

Il mezzo, in ogni caso, è privo di autosufficienza, in quanto delle uniche due pronunce di merito richiamate non si indicano le parti, la cui identità con le parti del giudizio in cui l’eccezione è sollevata è condizione essenziale per la configurazione del giudicato esterno.

Con il secondo, complesso motivo, sotto i profili della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e del vizio di motivazione, il ricorrente in sostanza assume che l’Ufficio avrebbe sollevato solo in appello per la prima volta nuove eccezioni, accolte dal giudice tributario, quanto alla prova del credito azionato dal contribuente.

Il motivo è manifestamente infondato.

Questa Corte ha infatti affermato che nel processo tributario, quando il contribuente impugni il silenzio rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, deve dimostrare che, in punto di fatto, non sussiste nessuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, e l’Amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi quindi a tutto campo, non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto. Ne consegue che le eventuali falle del ricorso introduttivo possono essere eccepite in appello dall’Amministrazione a prescindere dalla preclusione posta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto, comunque, attengono all’originario thema decidendum (sussistenza o insussistenza dei presupposti che legittimano il rifiuto del rimborso), fatto salvo il limite del giudicato (Cass. 11682/07).

Nella specie, le pur nuove difese (e non eccezioni) svolte in appello dal Centro Operativo di Pescara riguardo alla prova necessaria per ottenere il rimborso erano dunque sicuramente ammissibili.

Con il terzo motivo, sotto il profilo della violazione degli artt. 4 e 10 della Convenzione italo-giapponese per evitare le doppie imposizioni e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 27, il ricorrente censura l’assunto del giudice tributario secondo cui l’art. 27 citato integrerebbe la norma convenzionale, quanto alla individuazione dei documenti necessari per ottenere il rimborso, assumendo che nella specie sarebbe viceversa applicabile la sola norma pattizia.

Il terzo motivo è manifestamente fondato, nei termini di seguito precisati.

Va premesso che l’art. 10 della Convenzione tra l’Italia ed il Giappone è del tutto sovrapponibile all’art. 10 della Convenzione italo-svizzera, riguardo al quale questa Corte ha da ultimo affermato, superando un precedente contrasto in tema di imposte sui dividendi azionari, che l’art. 10 della Convenzione Italo – Svizzera contro le doppie imposizioni, stipulata il 3 ottobre 1974 e ratificata e resa esecutiva il Italia con L. 26 luglio 1975, n. 386 (recte: stipulata il 9 marzo 1976 e ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 23 dicembre 1978, n. 943), prevede una competenza impositiva dello Stato in cui essi vengano corrisposti, concorrente con quella principale dello Stato di residenza del percipiente, con il limite dell’aliquota massima del quindici per cento. Ad un tal riguardo, appare più aderente allo spirito ed agli scopi della suddetta Convenzione ritenere, in forza della disposizione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 75, che la disciplina di cui all’art. 27 del medesimo decreto non trovi applicazione in materia, ed interpretare perciò la norma convenzionale in questione nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il solo fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell’altro Stato, indipendentemente dall’effettivo pagamento dell’imposta. La sufficienza del solo fattore in sè della esistenza del potere impositivo principale dell’altro Stato, deve ritenersi infatti coerente con le finalità delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali, onde evitare che i contribuenti subiscano un maggior carico fiscale sui redditi percepiti all’estero ed agevolare l’attività economica e d’investimento internazionale (Cass. 1231/01, 2532/01).

Tali principi, come detto, sono sicuramente applicabili anche con riferimento alla Convenzione italo-giapponese, con la conseguenza che deve escludersi la necessità della documentazione richiesta per l’istanza di rimborso D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 27. Per tale profilo, la sentenza impugnata risulta, quindi, ispirata ad un erroneo principio di diritto.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, si propone che, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., il ricorso sia trattato in camera di consiglio e che, dichiarato inammissibile il primo e rigettato il secondo, sia accolto il terzo motivo, con corrispondente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della controversia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, che dovrà valutare, alla stregua dei suesposti principi di diritto, se la documentazione fornita dal contribuente soddisfi o meno i requisiti richiesti dal solo art. 10 della Convenzione italo- giapponese.

Il relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e gli altri atti di causa;

Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo i motivi esposti nella relazione, ritiene di dover dichiarare inammissibile il primo motivo, rigettare il secondo mezzo, ed accogliere, per quanto di ragione, il terzo motivo, con corrispondente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della controversia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, che dovrà valutare, alla stregua dei suesposti principi di diritto, se la documentazione fornita dal contribuente soddisfi o meno i requisiti richiesti dal solo art. 10 della Convenzione italo-giapponese e, quindi, deciderà nel merito ed anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, motivando congruamente;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, per il riesame, ad altra sezione della CTR dell’Abruzzo.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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