Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27601 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2020, (ud. 15/10/2020, dep. 03/12/2020), n.27601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10412-2019 proposto da:

S.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE BALENIERE

n. 92, presso SIMONETTA DE JULIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PAOLO ORLANDO

n. 111, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA DE JULIO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1977/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

28/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano

Valle.

 

Fatto

OSSERVA

quanto segue:

S.D. impugna per cassazione, con atto affidato a quattro motivi, la sentenza del Tribunale di Roma, n. 01977 del 28/01/2019, che, quale giudice di appello, ha accolto l’impugnazione proposta dal L. avverso sentenza del Giudice di Pace, di accoglimento di due opposizioni a precetto proposte dalla S. avverso due atti di precetto notificatagli, per ratei di mutuo, dal coniuge separando.

L.M. resiste con controricorso.

Il Tribunale ha ritenuto che i crediti per spese straordinarie dedotti in compensazione dalla S. non fossero certi e liquidi e non fossero, altresì, validamente sorretti dalla sentenza (così definita dal Tribunale) di omologa della separazione dei coniugi.

La proposta di definizione in sede camerale, non partecipata, stata ritualmente comunicata alle parti.

La sola ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza del 15/10/2020.

I quattro motivi di ricorso così censurano la sentenza d’appello.

Il primo mezzo muove censure di violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto, e segnatamente dell’art. 2909 c.c. in quanto era errato il riferimento, fatto dal giudice di appello, a sentenza di omologa della separazione, che non era stata emanata, trattandosi, nella specie, di verbale, omologato, di separazione, con la conseguenza che anche i crediti del L. non erano sorretti da valido titolo.

Il secondo mezzo deduce violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 30 Cost., dell’art. 474 c.p.c. e degli artt. 337-ter e 147 c.c., affermando che il Tribunale ha errato nell’applicare, anche con riferimento ai crediti per spese straordinarie, i requisiti di certezza e liquidità, omettendo l’esame della documentazione comprovante gli esborsi titolo di spese straordinarie.

11 terzo motivo deduce violazione di legge ed omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 112,91,96 e 345 c.p.c. non avendo il Tribunale riportato in dispositivo la statuizione di rigetto di alcuni capi di domanda o di alcune delle domande del L., in quanto nuovi (come statuito in motivazione), e, quindi, omettendo di statuire sulle spese relative all’inammissibilità di dette domande (o capi di domanda), se del caso in termini di almeno parziale compensazione.

Il quarto ed ultimo motivo deduce “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in violazione dell’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 5, la cui esistenza risulta dagli atti processuali e violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo all’art. 474 c.p.c.” e denuncia omesso esame di dati contabili sui crediti esposti dal L..

Il ricorso è, complessivamente, inammissibile.

I motivi proposti dalla ricorrente S., oltre che fortemente aspecifici e comunque non adeguatamente formulati, non intaccano adeguatamente la motivazione del Tribunale, giudice di appello, che ha dato conto della ragione del formarsi di giudicato su parte della sentenza di primo grado.

Sul punto il primo motivo di ricorso non censura adeguatamente la sentenza d’appello, in quanto il mezzo si limita a far rilevare che vi sarebbe un giudicato, derivante da provvedimento di omologa del verbale di separazione dei coniugi, e non dalla sentenza di omologa, che nel caso non sarebbe intervenuta, e ne fa derivare una mancanza di titolo anche per i crediti del L., ma non censura adeguatamente la statuizione del giudice di appello che ha ritenuto comunque i crediti per spese straordinarie, in favore del figlio, della Segai privi dei requisiti di certezza e liquidità.

Il Tribunale ha, viceversa, ritenuto che il credito per le rate di mutuo, di cui ai precetti opposti, era liquido ed esigibile, al contrario di quello per spese straordinarie, in quanto il credito per le rate di mutuo era determinato nel suo ammontare o, quantomeno facilmente determinabile e trovava causa nel decreto di omologa della separazione, che espressamente lo poneva a carico del L. con rimborso a suo favore del 50% da parte della S..

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto richiama un orientamento) giurisprudenziale in modo palesemente errato (si veda per esteso Cass. n. 21241 del 20/10/2016, richiamata dalla stessa ricorrente in questa sede) e non conducente, e comunque non affronta efficacemente il nucleo essenziale posto a fondamento della sentenza impugnata, della sostanziale mancanza di certezza e liquidità dei crediti dedotti in compensazione dalla S..

Il terzo mezzo è pure inammissibile: la mancata riproduzione della statuizione di rigetto di alcune domande del L. non integra omessa pronuncia, essendovi specifica statuizione in motivazione, nè la regolamentazione delle spese è stata specificamente contestata e, in ogni caso l’applicazione della regola delle spese secondo soccombenza non è stata validamente censurata, in quanto parte soccombente era, in una valutazione complessiva, la L. e la denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91 c.p.c., comma 1, in questa sede di legittimità, trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (Cass. n. 18128 del 31/08/2020 Rv. 658963 – 01: “In materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico lenci parte risultata totalmente vittoriosa, e ciò vale sia nel caso in cui la controversa venga decisa in ognuno dei suoi aspetti, processuali e di merito, sia nel caso in cui il giudice accerti e dichiari la cessazione della materia del contendere e sia, perciò, chiamato a decidere sul governo delle spese alla stregua del principio della cosiddetta soccombenza virtuale”.) e tanto non è dato cogliere dal motivo all’esame.

Il quarto ed ultimo mezzo è inadeguatamente formulato in quanto fa riferimento, in parte, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma deduce omessa motivazione, e non omesso esame, chiedendo a questa Corte di legittimità un sindacato sulla completezza della motivazione non più consentito, se non nel ristretto limite segnato dalla giurisprudenza nomofilattica (Sez. U Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629831 – 01) e, in parte richiamata vizio di violazione di legge in relazione all’art. 474 c.p.c., con riferimento, tuttavia, alle diverse indicazioni degli importi dei crediti, ricadendo, in tal modo, in deduzione inammissibile in questa sede.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 1.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

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