Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2760 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. I, 05/02/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 05/02/2021), n.2760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 8259/2019 r.g. proposto da:

T.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Lotti Mario, giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di Milano, depositato in data

09/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

SANLORENZO Rita, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Picciotto, (per delega), che ha

chiesto accogliersi il proprio ricorso;

udito, per il Ministero, l’Avv. Massarelli, che ha chiesto

respingersi l’avverso ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano ha rigettato le domande di protezione internazionale o umanitaria proposte dal cittadino (OMISSIS), il quale aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese dopo essere stato ingiustamente recluso perchè ascoltava apertamente musica di un cantante contrario al regime e di temere, in caso di rientro, di essere nuovamente arrestato, essendo fuggito dalla prigione in modo illegale.

2. Il ricorrente ha impugnato detta decisione con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Il Ministero intimato non ha svolto difese, ma ha solo partecipato alla discussione in pubblica udienza.

3. Con ordinanza interlocutoria del 23.6.2020, la Prima Sezione di questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza in relazione alla doglianza prospettata nel primo motivo e relativa all’audizione del richiedente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1. Con il primo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9-11, per non avere il Tribunale proceduto alla audizione personale del richiedente asilo nonostante specifica richiesta in tal senso.

3.2. Con il secondo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 2697 c.c., avuto riguardo al giudizio di non credibilità del ricorrente, peraltro formulato dal tribunale senza disporne l’invocata audizione personale, nel corso della quale egli avrebbe potuto offrire gli opportuni chiarimenti o integrazioni.

3.3. Il terzo motivo prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè l’omessa valutazione della situazione generale del Gambia, ove sarebbe sussistente un conflitto armato interno.

3.4. Con il quarto si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, nonchè omissione o erroneità del giudizio comparativo necessario ai fini della protezione umanitaria, tenendo conto anche di quanto accaduto nel paese di transito (Libia).

4. Il ricorso è infondato.

4.1 Il primo motivo è, in parte, infondato e, per altra, inammissibile.

4.1.1 Sotto il primo profilo ed in relazione alla questione dell’audizione giudiziale del richiedente, giova ricordare che, secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone le ragioni), in riferimento al procedimento D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui verbatim “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”).

4.1.2 Ciò posto, osserva la Corte come la doglianza articolata dal ricorrente sul punto qui in discussione risulti, in primis, infondata perchè – secondo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità sopra menzionata (e qui confermata) – non esiste un obbligo dell’autorità giudiziaria ad ascoltare in sede giurisdizionale il richiedente e, inoltre, la stessa si presenti del tutto generica e dunque irricevibile, non spiegando e non specificando il richiedente, nel presente ricorso per cassazione, i fatti a suo tempo dedotti a fondamento dell’istanza di audizione innanzi ai giudici del merito ed i profili di credibilità del racconto non approfonditi nelle precedenti fasi di giudizio.

Ne consegue il complessivo rigetto del primo motivo.

4.2 Il secondo motivo – articolato come vizio di violazione e falsa applicazione delle norme sopra indicate in premessa – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte di legittimità ad un nuovo scrutinio del giudizio di credibilità del racconto del richiedente, giudizio che – come è noto – è inibito a questo Giudice.

La censura, inoltre, non coglie l’ulteriore ratio decidendi posta a sostegno della decisione di diniego della richiesta tutela internazionale, e cioè la caduta del regime dittatoriale di J. e dunque la non attualità del pericolo denunciato.

4.3 Ma anche il terzo motivo – declinato come mancata valutazione del rischio del “grave danno”, in relazione alla richiesta protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – incappa nei medesimi profili di inammissibilità evidenziati nel motivo che precede, richiedendo, al solito, la censura così prospettata una nuova valutazione del rischio collegato all’asserita situazione di pericolosità interna del Gambia e non censurando la ratio decidendi sopra ricordata.

4.4 Il quarto motivo è invece infondato.

4.4.1 Quanto alla dedotta questione del transito in Libia, giova ricordare come la giurisprudenza di questa Corte abbia già chiarito che, nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide. Il paese di transito potrà tuttavia rilevare (dir. UE n. 115 del 2008, art. 3) nel caso di accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale paese (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 31676 del 06/12/2018; Sez. 6, Ordinanza n. 29875 del 20/11/2018; Sez. 6, Ordinanza n. 2861 del 06/02/2018).

Situazione quest’ultima neanche prospettata da parte del ricorrente.

Nè la parte ricorrente ha allegato – ai fini del riconoscimento dell’invocata protezione umanitaria – le eventuali conseguenze traumatiche discendenti dal transito nel paese nordafricano.

4.4.2 A ciò va aggiunto che il tribunale ambrosiano ha anche correttamente svolto la valutazione comparativa tra il grado di integrazione sociale del richiedente e la possibile condizione di vulnerabilità nel caso di rientro in patria, con valutazione in fatto non più censurabile innanzi a questa Corte di legittimità.

Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, con esclusivo riferimento all’attività svolta dal difensore nella discussione in pubblica udienza, come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 300 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

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