Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 276 del 12/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/01/2010, (ud. 16/11/2009, dep. 12/01/2010), n.276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA;

– intimato –

e sul ricorso n. 10917/2007 proposto da:

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA gia’ ENTE CASSA DI

RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA, in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 9 – 11 presso lo studio dell’Avvocato SALVINI Livia,

che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato CIPOLLA GIUSEPPE

MARIA giusta procura speciale Notaio Dott.ssa CHIOSTRINI Paola di

Pistoia in data 22 marzo 2007 repertorio n. 91947;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 110/2005 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE, depositata il 17/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

16/11/2009 dal Consigliere Dott. BERNARDI Sergio;

udito per il ricorrente l’Avvocato Paolo GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto di quello

incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ente Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, che in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 11 aveva conferito la propria azienda di credito nella omonima societa’ per azioni, per il suo primo esercizio (27.06.1992 – 30.09.1993) verso’ l’irpeg nella misura del 50%, ritenendo di poter fruire della agevolazione di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6. L’Ufficio II.DD. di Pistoia recupero’ a tassazione l’altra meta’ dell’imposta con avviso di accertamento che venne impugnato davanti alla CTP di Pistoia. L’Amministrazione contestava l’applicabilita’ del beneficio perche’ esso spettava ai soggetti specificamente indicati con elencazione tassativa, fra i quali non poteva ricomprendersi la fondazione ricorrente, che non perseguiva scopi di pubblica utilita’ in via esclusiva, esercitando, per statuto e di fatto, attivita’ di amministrazione delle partecipazioni in aziende bancarie di cui era titolare. La decisione di primo grado, favorevole all’Ente, fu appellata dall’Ufficio e confermata in appello. L’Amministrazione finanziaria ricorre avverso la sentenza della CTR di Firenze con un motivo. L’Ente Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia resiste con controricorso, nel quale spiega ricorso incidentale condizionato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

La CTR ha premesso di condividere l’orientamento affermatosi con le (allora) piu’ recenti pronunce di questa corte di legittimita’ secondo il quale “il beneficio della riduzione alla meta’ dell’aliquota i.r.pe.g., riservata ai soggetti elencati nel D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 spetta anche alle Fondazioni bancarie in ragione delle finalita’ di interesse pubblico e di utilita’ sociale perseguite nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte e della sanita’, e considerato che l’amministrazione della partecipazione” nella societa’ conferitaria dell’azienda bancaria – avente carattere transitorio, fintanto che le fondazioni ne saranno titolari – non costituisce attivita’ commerciale e che il D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12 preclude alle Fondazioni qualsiasi ingerenza nell’esercizio dell’attivita’ bancaria e quindi anche la possibilita’ di operare come “holding”, esercitando in modo indiretto tale attivita’.

Sulla base del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 2 costituente disposizione di natura interpretativa, tale regime agevolativo e’ applicabile anche alle fondazioni gia’ esistenti al momento dell’entrata in vigore della disposizione e con riferimento ai pregressi anni d’imposta, purche’ tali soggetti, anche in conformita’ della Decisione della Commissione Ce (del 22 agosto 2002, C-2002- 3118), abbiano svolto la loro attivita’ senza scopo di lucro, secondo un giudizio di meritevolezza oggetto di accertamento in fatto” (19365/2003, 129 e 130/2004), Cio’ premesso, il giudice d’appello ha proceduto a tale giudizio di meritevolezza in fatto sulla scorta delle previsioni statutarie e dei documenti prodotti in giudizio, concernenti l’esercizio contabile in riferimento (27.06.2002/30.09.2003), ed ha concluso che “non essendo risultato che l’Ente Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia abbia esercitato nemmeno indirettamente attivita’ bancaria e comunque attivita’ economica, considerato anche che le partecipazioni possedute non potevano consentirgli un controllo tale da influire sull’attivita’ bancaria della partecipata”; poiche’ essa “si e’ limitata alla conservazione ed all’amministrazione del suo patrimonio e delle partecipazioni alfine del conseguimento degli scopi previsti dallo statuto”; non potesse essergli contestata la qualifica di ente non commerciale, e dunque la spettanza dell’agevolazione di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6.

Col motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria deduce “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12;

del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12; del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 nonche’ omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”. Sostiene che la fattispecie andava decisa a prescindere dalla questione della natura di enti commerciali delle fondazioni emerse dalla riforma del settore creditizio delineata dal D.Lgs. n. 356 del 1990, perche’ il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 non attribuisce il beneficio a tutti gli enti non commerciali che perseguono fini di pubblica utilita’, ma soltanto a quelli specificamente indicati con elencazione tassativa, fra i quali le fondazioni bancarie non sono comprese. L’agevolazione e’ stata concessa alle fondazioni bancarie, alle condizioni normativamente previste, soltanto dal D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 con disposizione innovativa e non retroattiva. In ogni caso, la affermazione che l’Ente Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia si era limitata alla conservazione ed all’amministrazione del suo patrimonio e delle partecipazioni al fine del perseguimento degli scopi previsti dallo statuto sarebbe viziata da omesso esame degli argomenti e dei documenti decisivi in contrario prodotti dall’Ufficio, nei quali:

risultava che esistevano “patti parasociali mirati sostanzialmente al mantenimento di ampi margini di controllo sulle societa’ conferitarie da parte dei rispettivi enti conferenti”; “si sottolineava il pervasivo potere che, nell’ambito dell’attuale holding Casse Toscane, le singole fondazioni hanno esercitato nella nomina degli organi amministrativi delle Spa bancarie”; si notava che, nella valutazione dei patti parasociali, la Banca d’Italia aveva dato atto “che durante il periodo transitorio di due anni le eventuali sostituzioni che si fossero rese necessarie negli organi consiliari delle societa’ bancarie sarebbero avvenute (come per il passato) su orientamento dell’Ente di riferimento”. Quanto alla destinazione delle risorse, l’Ufficio aveva inoltre prodotto estratto del rogito col quale si era attuato lo scorporo dell’azienda bancaria, e da esso risultava che “rimanevano esclusi dal conferimento nella spa circa L. 4 miliardi che costituivano i fondi gia’ accantonati per scopi di beneficienza dall’ex istituto di credito Cassa di Risparmio di Pistoia e di Pescia. Cio’ al fine di dimostrare che quanto risultava impiegato a titolo di erogazione nel bilancio al 30/9/93, prodotto dalla fondazione, non proveniva dai proventi conseguiti dal nuovo Ente conferente bensi’ si trattava di somme gia’ stanziate e deliberate da altro soggetto …” sicche’ “la fondazione in proprio aveva deliberato erogazioni soltanto per L. 247.000.000”, somma affatto modesta a fronte del cospicuo importo dei dividendi percepiti sulle partecipazioni, pari a L. 1.224.000.000.

La societa’ resistente contesta puntualmente tutte le argomentazioni esposte nel ricorso, e prospetta – per l’ipotesi che venga tuttavia accolto – due motivi di ricorso condizionato: deduce che la CTR non avrebbe rilevato la novita’ della questione introdotta con l’appello dell’Amministrazione concernente l’indiretto esercizio, da parte dell’Ente Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, dell’impresa bancaria partecipata (mentre l’avviso impugnato era fondato sul solo rilievo che l’amministrazione della partecipazione bancaria rendesse non esclusivo il fine statutario di pubblico interesse); deduce secondariamente che la CTR non ha pronunciato sul motivo di impugnazione dell’avviso fondato sul rilievo che esso era stato emanato da una autorita’ subordinata dopo che l’Ispettorato Regionale, con provvedimento 5 aprile 1993, aveva riconosciuto all’Ente Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia la spettanza del diritto all’esonero dalla ritenuta sui dividendi ai sensi della L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 bis esonero legato agli stessi presupposti della riduzione a meta’ dell’Irpeg di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 6 con conseguente affidamento nella spettanza anche di quest’ultimo beneficio.

Il ricorso principale merita accoglimento.

Osserva il collegio che la causa ripropone una problematica a lungo dibattuta nella giurisprudenza di questa corte, che, come ricordato nella sentenza impugnata, si era ripetutamente pronunciata nel senso prospettato dalla parte contribuente (6607/02, 19445/2003, 129/2004).

Con la sentenza 1576/2009, peraltro, il contrasto con la linea di interpretazione alternativa (14574/2001) e’ stato recentemente composto dalle sezioni unite con l’accoglimento di quest’ultimo indirizzo.

Con tale pronuncia le sezioni unite hanno risolto, con argomenti che questo collegio pienamente condivide, tutte le questioni rimaste in contestazione fra le parti. Ha in specie osservato che gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite societa’ per azioni, ai sensi della L. n. 218 del 1990 ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12 definite dalla legge come “enti conferenti”, non costituivano delle fondazioni private, ma appartenevano al settore pubblico creditizio. Non erano dunque assimilabili, ai fini della riduzione a meta’ dell’aliquota Irpeg, agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6. “La predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati ne’ in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, ne’ in via estensiva, poiche’ la sua “ratio” va ricercata nella esclusivita’ e tipicita’ del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale gia’ esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalita’ giuridica di diritto privato, cosi’ estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, “ex” art. 87, comma 1, lett. c), non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. Ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entita’ della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attivita’ dell’ente creditizio e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c., di aver in concreto svolto un’attivita’, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attivita’ di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anziche’ quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni”.

Nella specie, e’ pacifico che la controricorrente, fra il 1.10.1997 ed il 30.09.1998, non svolgeva un attivita’ diversa da quella delineata come propria degli “enti conferenti” per il periodo transitorio dalla riforma del settore bancario introdotta con la L. n. 218 ed il D.Lgs. n. 356 del 1990. Risulta dallo stesso controricorso che deteneva, in quell’esercizio sociale, il 31,252% della neo costituita s. p. a. Cassa di Risparmio, oltre al 10,92 del capitale della holding Casse Toscana s. p. a. (cui aveva conferito il residuo 61,26% della s.p.a. conferitaria). E’ dunque indiscutibile che abbia potuto influire sulla nomina degli organi sociali, e dunque sull’attivita’, di tali enti creditizi, ed e’ pacifico che nemmeno si sia proposta di dimostrare in giudizio di aver svolto in quell’esercizio un’attivita’ di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale, incompatibile con quella di controllo e governo della partecipazione bancaria.

Il primo motivo del ricorso incidentale e’ inammissibile.

L’affermazione che la contestazione della indiretta gestione dell’azienda di credito conferita non era desumibile dall’avviso di accertamento avrebbe dovuto supportarsi con la trascrizione dell’avviso, del quale questa corte non puo’ prendere cognizione diretta, restandole preclusa la verifica di fondatezza del merito della doglianza.

Il secondo dei motivi del ricorso incidentale si ricollega ad una questione preliminare alla valutazione del merito della contestazione contenuta nell’avviso. Essa deve quindi ritenersi implicitamente rigettata, seppure senza motivazione esplicita, avendo la CTR deciso la questione spettanza del beneficio D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 6 nel merito. La doglianza di nullita’ dell’avviso riproposta come motivo di ricorso incidentale e’ inammissibile per genericita’, perche’ manca della specificazione della norma di legge che si pretende violata, e di ogni argomentazione esplicativa del contrasto lamentato.

La sentenza impugnata va dunque cassata. Non si pone la necessita’ di altri accertamenti di fatto. La causa puo’ decidersi nel merito – ex art. 384 c.p.c. – col rigetto dell’originario ricorso, introduttivo della lite. La difficolta’ della materia e le oscillazioni della giurisprudenza, anche di questa corte, giustificano la compensazione delle spese per tutto il processo.

PQM

Riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale e respinge quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e – decidendo nel merito – rigetta il ricorso introduttivo della lite. Dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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