Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27594 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. III, 29/10/2019, (ud. 24/05/2019, dep. 29/10/2019), n.27594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8797-2018 proposto da:

B.E., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

STEFANO CIAPPINI;

– ricorrente –

contro

BU.NO., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI DONNA

OLIMPIA 6, presso lo studio dell’avvocato MICHELE PETRELLA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 152/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 16/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2019 dal Consigliere Dott. POSITANO Gabriele.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 23 dicembre 2004, Bu.No. evocava in giudizio B.E. esponendo di essere coerede universale del defunto R.O., lamentando che B. aveva ricevuto indebitamente, da tale F.R., alcuni libretti al portatore facenti parte dell’eredità e, pertanto, chiedeva la condanna del convenuto alla restituzione dei libretti al portatore denominati ” O.” e ” C.” e, in via subordinata, la condanna al pagamento della metà dell’importo portato dai predetti libretti, pari ad Euro 170.000 circa. Il convenuto, inizialmente dichiarato contumace, si costituiva all’udienza di precisazione delle conclusioni contestando le domande e, in particolare, deducendo la mancanza di prova della qualità di erede in capo all’attore, contestando di essere entrato in possesso dei libretti menzionati in citazione, dei quali non era nota la consistenza, il valore e il contenuto;

con sentenza del 10 giugno 2009 il Tribunale di Bologna accoglieva la domanda subordinata condannando B. alla restituzione della metà delle somme portate dai libretti al portatore, per complessivi Euro 170.000;

avverso tale decisione proponeva appello B.E. con atto notificato il 4 marzo 2010 rilevando che la dichiarazione di successione e l’atto notorio non costituivano prove idonee a comprovare la qualità di erede in capo all’attore, deducendo che i testimoni non avevano riferito fatti di cui erano venuti personalmente a conoscenza, trattandosi di testimonianze de relato actoris. Lamentava che l’attore non avrebbe fornito la prova del valore dei libretti al portatore e che, comunque, aveva ricevuto quei libretti in buona fede da un soggetto estraneo alla successione. Si costituiva Bu. eccependo la tardività delle contestazioni;

la Corte d’Appello di Bologna con sentenza del 16 gennaio 2018 rigettava l’impugnazione confermando integralmente la decisione del Tribunale e condannando B.E. al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione B.E. affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso Bu.No..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta, sotto tre differenti profili, la violazione degli artt. 167 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 In particolare, con riferimento al difetto di legittimazione attiva e alla prova della qualità di erede si censura la decisione nella parte in cui applica alla fattispecie in oggetto il testo degli artt. 167 e 115 c.p.c. nella formulazione successiva all’instaurazione del giudizio. Trattandosi di controversia instaurata nel dicembre 2004 il testo dell’art. 167 c.p.c. non prevedeva le decadenze indicate dalla Corte territoriale, per cui B. avrebbe potuto ritualmente eccepire la mancanza di prova della qualità di erede della controparte. Nello stesso modo, sarebbe errato il riferimento al principio di non contestazione contenuto nell’art. 115 c.p.c. che, nel testo al tempo vigente, non conteneva alcun riferimento ai fatti “non specificamente contestati dal convenuto”;

quanto alla consistenza e al valore dei libretti al portatore, alla data di decesso del de cuius, rileva che la consistenza dei libretti avrebbe dovuto essere riferita alla data del decesso, avvenuto il 4 febbraio 2003, e non al mese precedente (9 gennaio 2003) come richiesto dall’attore. Il convenuto aveva evidenziato in comparsa conclusionale che l’attore non aveva fornito la prova della esistenza e consistenza dei libretti al portatore e tali censure erano state reiterate in sede di appello, evidenziando che, successivamente alla data del 9 gennaio 2003, il titolare dei libretti, ancora in vita, avrebbe potuto liberamente disporre dei propri beni;

quanto alla rilevanza della contumacia e della tardiva costituzione erroneamente la Corte territoriale avrebbe fatto derivare da ciò l’inversione dell’onere della prova sui fatti di causa;

il primo motivo è fondato. Lo status di erede è un elemento costitutivo della domanda, come la titolarità del rapporto ed è contestabile senza incorrere in decadenze. Il giudice del merito deve verificare se l’attore abbia dimostrato di essere erede. La questione centrale, pertanto, attiene alla verifica della idoneità degli elementi istruttori a dimostrare tale qualità. Opera il principio generale secondo cui la legittimazione ad agire e contraddire deve essere accertata in relazione non alla sua sussistenza effettiva ma alla sua affermazione con l’atto introduttivo del giudizio, nell’ambito di una preliminare valutazione formale dell’ipotetica accoglibilità della domanda. Tale accertamento, pertanto, deve rivolgersi alla coincidenza, dal lato attivo, tra il soggetto che propone la domanda ed il soggetto che nella domanda stessa è affermato titolare del diritto e, da quello passivo, tra il soggetto contro il quale la domanda è proposta e quello che nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto o comunque violatore di quel diritto. Inoltre, il difetto della relativa allegazione e dimostrazione, in quanto attinente alla regolare costituzione del contraddittorio e, quindi, disciplinata da inderogabile norma di diritto pubblico processuale, è rilevabile anche di ufficio. Invece, l’accertamento dell’effettiva titolarità del rapporto controverso, così dal lato attivo come da quello passivo, attiene al merito della causa, investendo i concreti requisiti d’accoglibilità della domanda e, quindi, la sua fondatezza (nella specie, non avendo il ricorrente dimostrato deceduta nelle more, nei cui confronti si era tenuto l’appello, in quanto la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da lui resa non ha valore probatorio nel processo civile, il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile – Sez. 2, Sentenza n. 6132 del 06/03/2008, Rv. 602267 – 01);

le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotta dall’attore hanno natura di mere difese e possono, pertanto, essere proposte in ogni fase del giudizio (Sez. 2 -, Ordinanza n. 20721 del 13/08/2018 e Cass. Sez. L -, Sentenza n. 25471 del 26/10/2017);

la Corte d’Appello ha fatto riferimento a due documenti ritenuti rilevanti: l’atto notorio e la dichiarazione di successione, ma il ricorrente ha menzionato anche le dichiarazioni rese dai testi escussi. Pertanto, una volta superata la questione relativa alla tempestività della contestazione, per quanto si è detto in premessa, deve prendersi atto che il sintetico riferimento operato dalla Corte territoriale a pagina 3 (“correttamente, pertanto, il giudice a quo ha posto a fondamento della decisione le prove proposte dalla parte attrice, nonchè i fatti non specificamente contestati dalla parte convenuta “costituita”, nel pieno rispetto di quanto disposto dall’art. 115 c.p.c.”) risulta assolutamente insufficiente, non facendosi carico della questione relativa all’idoneità di tali documenti (e delle altre prove costituende) a dimostrare la qualità di erede dell’originario attore (in tal senso, Cass. n. 6132 del 2008 citata e Cass. n. 21436 del 2018);

con il secondo motivo si lamenta la violazione l’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 Poichè il convenuto B. aveva contestato in primo grado la qualità di erede in capo all’attore, quest’ultimo avrebbe dovuto fornire la prova di tale status. Al contrario la Corte territoriale, invertendo l’onere della prova avrebbe attribuito al B. il dovere di fornire la dimostrazione della mancanza della qualità di erede in capo a Bu.;

con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 116 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 sotto il profilo della violazione di norme di diritto e della nullità della sentenza. In particolare, dalle risultanze processuali emergerebbe che gli unici elementi prodotti per dimostrare la qualità di erede erano: un atto notorio e una denuncia di successione, entrambi predisposti da parte attrice. Si tratta di atti ai quali la giurisprudenza non attribuisce una efficacia probatoria. Rispetto a tale questione la decisione di appello avrebbe omesso di adottare una motivazione. Ove tale mancata decisione debba essere interpretata come idoneità dei documenti ricorrerebbe la violazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. non trattandosi di documenti aventi efficacia probatoria. Nel caso, invece, in cui la mancata considerazione di tale profilo debba essere valutata come omessa pronunzia, ricorrerebbe l’ipotesi di motivazione inesistente;

con il quarto motivo si deduce la violazione, ai sensi dell’art. 360, nn. 4 e 5 e l’omesso esame di un fatto decisivo, rappresentato dalla mancata conoscenza della consistenza e dell’importo dei libretti alla data del decesso;

i motivi da due a quattro sono assorbiti;

ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto con riferimento al primo motivo; la sentenza va cassata con rinvio, atteso che, in forza della decisione preliminare relativa alla tardività delle contestazioni, non erano stati esaminati presupposti fondamentali e decisivi dell’azione, mentre il giudice di rinvio dovrà verificare la idoneità del materiale probatorio a dimostrare lo status di erede del Bu. e, eventualmente e successivamente, affrontare la questione relativa alla reale consistenza dei libretti alla data della morte di R.O..

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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