Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27594 del 10/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27594 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 2395-2008 proposto da:
GIUFFRIDA MASSIMO

GFFMSM60T11C351J,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI 26,
presso lo studio dell’avvocato D’URBANO PAOLO,
rappresentato e difeso dall’avvocato PENNA RENATO;
– ricorrente contro

2013
2360

GULISANO ADA;
– intimata –

sul ricorso 4656-2008 proposto da:
GULISANO

ADA

GLSDAA43M52L3550,

elettivamente

Data pubblicazione: 10/12/2013

domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso lo
studio dell’avvocato DE ANGELIS ANTONIA, rappresentata
e difesa dall’avvocato CATANZARO LOMBARDO ANTONINO;
– c/ric. e ricorrente incidentale contro

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI 26,
presso lo studio dell’avvocato D’URBANO PAOLO,
rappresentato e difeso dall’avvocato PENNA RENATO;
– controrícorrente al c/ric. incidentale –

avverso la sentenza n. 1209/2006 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 25/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI
PICCIALLI;
udito l’Avvocato ANTONINO CATANZARO LOMBARDO difensore
della controricorrente e ricorrente incidentale che si
e’ riportato agli atti depositati ed ha chiesto il
rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del
ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che, previa
riunione dei ricorsi, ha concluso per il rigetto del
ricorso incidentale e per l’accoglimento del primo
motivo del ricorso principale e per il rigetto, ovvero
per l’inammissibilita’ del secondo motivo.

GIUFFRIDA MASSIMO GFFMSM60T11C351J,

SVOGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato 1’8.2.2000 Massimo Giuffrida,quale proprietario di una casa in
Catania,citò al giudizio del locale tribunale Ada Gulisano,proprietaria di un immobile
confinante,a1 fine di sentirla condannare al ripristino dello stato dei luoghi,che lamentava

fondo attoreo,oltre al risarcimento dei danni.
Costituitasi la convenuta,contestò la fondatezza delle avverse domande e chiese,in via
subordinata e riconvenzionale, riconoscersi l’avvenuto acquisto del suolo ex art. 938 c.c..
Nel corso del giudizio l’attore propose ulteriore domanda per la consegna di una chiave della
serratura di un portone di accesso, anche alla propria casa,apposta dalla convenuta,che
contestò anche tale richiesta,sostenendo di avervi già provveduto da anni.
Veniva ammessa ed espletata consulenza tecnica di ufficio e,con sentenza del 19.3.2004,i1
Tribunale di Catania ordinò alla Gulisano di demolire parzialmente i muri di confine,ai lati
sud ed ovest,diminuendone l’ altezza a cm. 75 ed apponendo sulla relativa sommità una
inferriata,onde consentire il passaggio di aria e luce,condannò la medesima al risarcimento
dei danni in misura di E 12.122,13,con interessi legali dalla domanda,nonché a consegnare
la chiave d’ingress

ortone di cui sopra all’attore,a1 fine del libero esercizio della servitù

di passaggio costituita con atto pubblico del 27.6.1984,rigettando ogni altra domanda e
compensando interamente le spese del giudizio.
Proposti appelli,principale dalla Gulisano,incidentale dal Giuffrida,in parziale accoglimento
del primo, la Corte di Catania eliminò la condanna risarcitoria e confermò nel resto la
decisione di primo grado,compensando anche le spese di secondo grado.
La corte etnea riteneva:a)insussistente la violazione dell’art. 112 c.p.c. dedotta dalla
Gulisano, considerato che il Giuffrida oltre a dedurre l’abusività dei lavori,aveva anche
lamentato che l’innalzamento dei muri pregiudicava la sua servitù di aria e luce,costituita
con atto del 16.12.1938,stipulato tra i danti causa delle parti;b) che,in mancanza di prova

essere stato dalla convenuta abusivamente modificato,occupando anche una porzione del

contraria, dovesse presumersi che l’immobile del Giuffrida,a seguito del ripristino della
situazione dei luoghi,avrebbe riacquistato il valore fondiario che avrebbe avuto nell’ipotesi
in cui non fosse stato violato il diritto di servitù; c) che peraltro dalla consulenza tecnica
fosse emerso che il reddito derivante dall’immobile medio tempore,nelle condizioni in cui si

sarebbe potuto trarre in assenza di tale intervento,d) che il Giuffrida non avesse provato che
il comportamento illecito subito gli aveva impedito la fruizione dell’immobile;e) che
l’esborso dal suddetto sostenuto per la progettazione della manutenzione straordinaria,resa
impossibile dall’illecito,risultasse “abbondantemente superato dall’aumento di reddito
connesso allo stesso illecito”;f) che infondatamente l’appellante incidentale avesse lamentato
violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in ordine alla domanda di eliminazione di un ballatoio
realizzato dalla Gulisano,essendo risultato dalla consulenza tecnica ,basata su dati
documentali convergenti e preminenti su altri di segno contrario,che detto manufatto
preesisteva alla ristrutturazione eseguita dalla suddetta e comportando,comunque,la
contraddittorietà delle risultanze probatorie,la reiezione della tesi sostenuta dal Giuffrida.
Avverso tale sentenza il Giuffrida ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Ha resistito la Gulisano con controricorso,contenente ricorso incidentale con tre motivi.
Il ricorrente principale ha replicato con controricorso ex art. 371 co. IV c.p.c.
E’ stata infine depositata una memoria illustrativa per la Gulisano.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disposta la riunione dei reciproci ricorsi,ai sensi dell’art. 353 c.p.c.
Tenuto conto della pregiudizialità delle questioni proposte nel ricorso incidentale,l’esame di
questo deve precedere quello del ricorso principale.
Con il primo motivo del ricorso incidentale viene dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c.,
per vizio di extrapetizione,che sarebbe consistito nell’averei giudici di merito accolto la
domanda di demolizione dei muretti e risarcimento danni sulla scorta di una causa
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era trovato per effetto dell’intervento illecito,era stato perfino maggiore di quello che se ne

petendi,quella della tutela di servitù,di aria e luce,contrattualmente costituita, diversa da
quella dedotta nella domanda, costituita dalla dedotta abusività dell’intervento edilizio,come
desumibile dall’aver denunciato la violazione degli artt. 840 e 873 e segg. c.c.,senza tuttavia
precisare quali distanze fossero state violate.

La corte di merito,nel rigettare il primo motivo dell’appello principale, ha ritenuto che
“dall’attento esame della domanda introduttiva del giudizio” fosse chiaramente emerso che il
“Giuffrida,oltre a dedurre l’abusività dei lavori.., aveva inteso lamentare proprio la lesività
dell’innalzamento dei predetti muri.. .in quanto pregiudizievoli…

“per la

veduta,l’illuminazione,l’insolazione e la ventilazione del medesimo e di tutto il restante
immobile di proprietà dell’attore..” ; deduzione con la quale avrebbe,così, “implicitamente”
fondato la sua pretesa sulla servitù costituita ..nel contratto di compravendita stipulato il
16.12.1938 (tra danti causa degli odierni contendenti).
Ma proprio un attento esame (che questa Corte è tenuta a compiere in considerazione della
natura processuale della censura ) dell’atto di citazione notificato 1’8.2.2000 evidenzia la non
rispondenza all’effettivo contenuto dello stesso dell’argomentazione sopra riportata, atteso
che in quell’atto introduttivo non figura alcuna menzione del diritto di servitù di “aria e
luce” che,con il citato atto pubblico del 1938,secondo le successive deduzioni della parte
attrice,sarebbe stato costituito a favore del proprio immobile,essendo invece soltanto
invocata una diversa servitù,quella di passaggio,costituita con altro titolo.
Quanto alle doglianze deducenti le limitazioni di veduta,.illuminazione,etc…, le stesse
risultano formulate non in relazione alla titolarità di uno specifico diritto reale, ius in re

aliena negozialmente costituito,bensì quali elementi dedotti a sostegno della pretesa ex art.
873 c.c., demolitoria e risarcitoria,correlata all’assunta (che dalla sentenza impugnata non
risulta se fondata o meno ) abusività urbanistico — edilizia della costruzione realizzata dal
vicino ed a tutela del diritto di proprietà dell’attore,con richiamo anche all’art. 840 c.c.,ma
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Il motivo è fondato.

senza alcun riferimento,che avrebbe dovuto essere chiaramente esplicitato,alla servitù,poi
successivamente invocata.
Risulta pertanto evidente la mutatio /ibe//i,concretatasi nell’introduzione di una diversa
causa petendi, vale a dire nella deduzione di un diritto diverso,quello di servitù,

inizialmente dedotte. Né può valere il richiamo ai principi giurisprudenziali affermanti la
natura di diritti c.d. “autotederminati” di quelli reali,integranti di per sé la causa petendi
delle azioni reali,con la conseguente possibilità di dedurre anche titoli di acquisto,originari o
derivativi,diverso da quello originariamente dedotto (v.,tra le altre, Cass.
nn.221316/13,11211/13, 22598/10,12607/10) operando siffatto principio, di fungibilità dei
titoli,nell’ambito del medesimo diritto dedotto,senza tuttavia anche consentire di dirottare il
thema decidendum su un diritto,quand’anche reale,ma di derivazione negoziale,diverso da
quello posto inizialmente a sostegno della domanda.
Restano conseguentemente assorbiti il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale,tra
loro strettamente connessi e rispettivamente deducenti violazione e falsa applicazione degli
artt. 99,100 c.p.c..2697 c.c. e violazione e falsa applicazione degli artt. 1027 e 1079 c.c.,con
connessi vizi della motivazione,segnatamente con riferimento all’interpretazione dell’atto
pubblico del 1938, con i quali essenzialmente si lamenta avere la corte di merito
erroneamente riconosciuto al Giuffrida la servitù di aria e luce, pur risultando da quel
titolo che il medesimo era proprietario del fondo servente,anziché di quello dominante.
Con il ricorso principale si deduce,nel primo motivo,violazione degli artt. 115,116
c.p.c.,872,2043 c.c.,censurando il diniego al risarcimento danni del giudice di appello,che
non avrebbe tenuto conto delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio,recepite dal
primo giudice,evidenzianti come l’intervento abusivo della Gulisano avesse determinato la
creazione di un volume chiuso,considerato illegittimo aumento di cubatura dall’ufficio
tecnico comunale, sì da impedire il rilascio dell’ autorizzazione all’esecuzione di lavori di
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convenzionalmente costituita,rispetto a quello di proprietà ed alle relative facoltà legali,

straordinaria manutenzione ed il normale uso abitativo dell’immobile,pregiudicato dalle
intervenute modifiche;non si sarebbe tenuto conto delle accertate limitazioni di
veduta,illutninazione,insolazione e ventilazione dei fondi dell’attore;immotivatamente
pertanto sarebbe stata disattesa la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica,ai fini

primo grado.
Tale motivo resta reiettivamente assorbito dall’accoglimento del primo di quello
incidentale,nella parte in cui la pretesa risarcitoria si basa sulla violazione del diritto di
servitù,mentre per il resto va dichiarato inammissibile,ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,attesa
l’assoluta genericità del quesito di diritto ( “se il Giufflida ha diritto a conseguire il
risarcimento dei danni causati dagli abusi commessi da Gulisano Ada in applicazione degli
artt 872 e 2043 c.c. e se di conseguenza la domanda formulata in sede di appello
incidentale deve ritenersi fondata”), in quanto privo di alcun riferimento specifico alla
fattispecie concreta e basato su di una premessa,la natura abusiva dell’intervento edilizio
della Gulisano, costituente una mera petizione di principio,non risultando, né venendo
dedotto, che i giudici di merito abbiano effettivamente accertato,oltre alla ritenuta violazione
dell’assunta servitù, tale abusività, così riconoscend

do•TQ
che il titolo risarcitorio dedotto a

sostegno dell’iniziale domanda.
Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta violazione degli artt. 115,116 ,112
c.p.c.,per avere la corte etnea omesso di pronunziarsi sulla specifica domanda,ribadita con
l’appello incidentale, di ottenere la demolizione di quanto illegittimamente realizzato dalla
Gulisano all’interno della proprietà Giuffrida,segnatamente di una trave di cm. 70,nonché
sulla connessa richiesta risarcitoria, domande che sarebbero risultate fondate sulla scorta
della consulenza tecnica di ufficio.
Il motivo va respinto,non ravvisandosi la dedotta omissione di pronuncia da parte del
giudice di appello,che sulla scorta di incensurabile accertamento di fatto basato sulla
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della corretta valutazione del danno in misura superiore a quella riconosciuta dal giudice di

risultanze della consulenza tecnica,dei documenti e delle testimonianze,ha ritenuto la
preesistenza del ballatoio (o,comunque,non sufficientemente provata la diversa tesi attrice),e
dunque della trave di sostegno dello stesso asseritamente invadente la proprietà del
Giuffrida,rispetto all’interevento edilizio realizzato dalla Gulisano;accertamento

art. 360 co. I n. 5 c.p.c.,e che, in quanto esente da vizi logici o lacune argomentative, non
può essere rimesso in discussione nella presente sede di legittimità.
Il ricorso principale va,conclusivamente,respinto,mentre l’accoglimento di quello incidentale
in ordine al primo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata,nella parte
fondatamente censurata, con rinvio ad altra sezione della corte di provenienza,cui si
demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio.
P . Q.M.
La Corte,riuniti i ricorsi,accoglie quello incidentale in ordine al primo motivo,dichiarandone
assorbiti i rimanenti,rigetta il principale,cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia,anche per le spese di questo giudizio,ad altra sezione della Corte d’Appello
di Catania.

quest’ultimo riservato al giudice di merito, la cui motivazione neppure risulta attaccata ex

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