Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2759 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. I, 05/02/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 05/02/2021), n.2759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 6097/2019 r.g. proposto da:

Y.H., rappresentato e difeso dall’avvocato VALENTIA SASSANO,

e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO depositato il 01/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

SANLORENZO Rita, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per il Ministero dell’Interno, l’Avv. Massarelli, che ha

chiesto respingersi l’avverso ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela.

2. Il Tribunale di Milano, con il decreto impugnato, respingeva il ricorso avverso detto provvedimento reiettivo.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto Y.H. affidandosi ad un solo motivo.

Il Ministero dell’interno, intimato, ha depositato atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza e si è limitato alla discussione orale in pubblica udienza.

3. Con ordinanza interlocutoria del 26.6.2020, la Prima Sezione di questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza in relazione alla doglianza prospettata nel primo motivo e relativa all’audizione del richiedente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, introdotti dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6, lett. g), nonchè degli artt. 12, 14, 31 e 46 della Direttiva UE 2013/32 e l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè il giudice di merito, pur avendo fissato l’udienza per la comparizione della parte, nell’indisponibilità della videoregistrazione del colloquio svoltosi innanzi la Commissione territoriale, non avrebbe poi proceduto alla sua audizione. Ad avviso del ricorrente il Tribunale di Milano, nel richiamare il precedente di questa Corte n. 17717 del 5.7.2018, secondo il quale, in aderenza alla giurisprudenza comunitaria, l’audizione giudiziale sarebbe sempre facoltativa, ne avrebbe frainteso il senso. L’audizione, in sostanza, non sarebbe “discrezionalmente omissibile”, ma potrebbe essere omessa soltanto quando “… le circostanze non lascino alcun dubbio sulla manifesta infondatezza del ricorso (o sulla fondatezza della decisione di rigetto che il giudice adito sta per disporre) e non risulti necessario procedere a nuova audizione ai fini dell’esame completo ex nunc degli elementi di fatto e di diritto contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva” (si intende la Direttiva UE 2013/32).

2. Prima di esaminare i motivi di ricorso occorre evidenziare che la procura speciale allegata allo stesso, autenticata nella firma dal difensore, non soddisfa i requisiti di cui all’art. 365 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13.

Essa infatti non contiene alcun riferimento al decreto impugnato, oggetto del presente ricorso, e pertanto non soddisfa il requisito di specialità proprio richiesto dall’art. 365 c.p.c., da ultimo citato.

E’ stato invero affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità il condivisibile principio (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa) secondo cui, in tema di protezione internazionale, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, stabilisce che la data della procura speciale a ricorrere in cassazione sia espressamente certificata dal difensore, sicchè deve essere dichiarato inammissibile il ricorso ove la procura ad esso relativa, ancorchè rilasciata su un foglio materialmente congiunto al medesimo ricorso e recante una data successiva al deposito del decreto impugnato, non indichi gli estremi di tale provvedimento, nè altri elementi idonei ad identificarlo, come il numero cronologico ovvero la data del deposito o della comunicazione, poichè tale procura non soddisfa il requisito della specialità richiesto dall’art. 365 c.p.c. (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15211 del 16/07/2020).

Nè può essere, a tal fine, valorizzata la materiale congiunzione della procura con l’atto cui essa dovrebbe accedere, posto che la norma speciale (che prevede espressamente l’obbligo, a pena di inammissibilità del ricorso, del conferimento della procura in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato, nonchè la certificazione della data di rilascio a cura del difensore incaricato del ricorso in Cassazione) è evidentemente tesa ad evitare la prassi del rilascio della procura a ricorrere in Cassazione in un momento anteriore a quello della comunicazione del decreto oggetto di impugnazione. Di qui l’esigenza che nel testo della procura sia specificato il riferimento al provvedimento impugnato, quantomeno con indicazione del numero cronologico, della data di deposito o di comunicazione, in modo che sia assicurato il requisito della specialità della procura stessa.

Nel caso di specie questi requisiti non sono soddisfatti perchè la procura allegata al ricorso in Cassazione, ancorchè recante una data successiva al deposito del decreto impugnato, si riferisce genericamente al “ricorso alla Suprema Corte di Cassazione in ogni sua fase e grado ivi compreso gravame, esecuzione od opposizione…” e dunque non contiene alcun elemento idoneo ad individuare il conferimento del potere difensivo in relazione all’impugnazione del decreto emesso dal Tribunale di Milano, oggetto del presente ricorso.

In definitiva, va dichiarata in limine l’inammissibilità del ricorso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, con esclusivo riferimento all’attività svolta dal difensore nella discussione in pubblica udienza, come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 300 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

 

 

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