Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27589 del 02/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 02/12/2020), n.27589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

BANCA DI CREDITO POPOLARE di Torre del Greco S.c.p.a., in persona del

Presidente C.d.A., rappr. e dif. dall’avv. Claudio Giorgio Suppa,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Pellegrino De

Girolamo in Roma, via Delle Fornaci n. 43, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

Contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del curatore

pro tempore, rappr. e dif. dall’avv. Achille Cipullo ed

elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avv.

Eleonora Ziccheddu, in piazza Bartolomeo Gastaldi n. 1, come da

procura in calce all’atto;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto Trib. Santa Maria Capua Vetere

01/02/2017, n. 391/2017, in R.G. n. 10211/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 30 settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Ferro

Massimo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. BANCA DI CREDITO POPOLARE di Torre del Greco S.c.p.a. (BANCA) impugna il decreto Trib. Santa Maria Capua Vetere 01/02/2017, n. 391/2017, in R.G. n. 10211/2016 che ha rigettato la sua opposizione allo stato passivo, sul presupposto della insufficienza degli estratti conto a documentarne il credito, per difetto di continuità degli stessi, esibiti relativamente al 2003 (in poi), mentre il rapporto con la fallita (OMISSIS) s.r.l. era sorto nel 1997, aggiungendo la mancanza di prova documentale delle “operazioni”;

2. il ricorso è su tre motivi e ad esso resiste con controricorso il fallimento;

3. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in riferimento alla necessità di esibire gli estratti conto dall’inizio del rapporto, avendo la banca comunque prospettato un credito verso il fallito documentato a partire da un primo estratto conto positivo per il cliente; (secondo motivo) la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 167 c.p.c., non avendo la curatela opposto censure specifiche alla domanda e dunque dovendo piuttosto ritenersi il saldo vantato dalla banca quale ammesso; (terzo motivo) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., non avendo il decreto tenuto conto che i documenti del conto corrente erano stati già prodotti in sede monitoria, anche se poi il decreto ingiuntivo era stato opposto dal debitore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo e secondo motivo di ricorso, da trattare in via congiunta perchè connessi, sono infondati, con assorbimento del terzo; invero questa Corte, con indirizzo consolidato, ha statuito che “nel contratto di conto corrente bancario, la banca che assuma di essere creditrice del cliente ha l’onere di produrre in giudizio i relativi estratti conto a partire dalla data della sua apertura, non potendo pretendere l’azzeramento delle eventuali risultanze del primo degli estratti utilizzabili, in quanto ciò comporterebbe l’alterazione sostanziale del medesimo rapporto, che vede nella banca l’esecutrice degli ordini impartiti dal cliente, i quali si concretizzano in operazioni di prelievo e di versamento ma non integrano distinti e autonomi rapporti di debito e credito tra cliente e banca, rispetto ai quali quest’ultima possa rinunciare azzerando il primo saldo” (Cass. 9365/2018, 22208/2018, 23313/2018); il principio trova applicazione, per assoluta identità di ratio, anche nella vicenda, non valendo ad operare una distinzione l’offerta di prova documentale del rapporto bancario fatta iniziare da un estratto conto positivo, anzichè a zero o negativo; anche per esso, infatti, è proprio l’incompletezza dello sviluppo del rapporto a precludere non solo la prova della prospettata coincidenza fra saldo contabile finale e importo del credito vantato, ma altresì e prima la stessa allocazione dell’onere della prova in capo alla controparte; la terzietà dell’organo concorsuale, invero, esige che una rappresentazione difensiva di contestazione del corredo probatorio della domanda di credito le sia innanzitutto opponibile non solo per data certa quanto piuttosto per esaustività rappresentativa;

2. il terzo motivo è invero assorbito, poichè, nonostante la laconicità del decreto impugnato, la ratio decidendi che ad esso si riferisce – ove il tribunale non avrebbe considerato r e la riproduzione nella verifica dei crediti dei documenti già acclusi ad un procedimento monitorio pregresso rispetto al fallimento, comunque esemplifica una circostanza almeno di opponibilità degli stessi anche al curatore rende irrilevante l’esame della doglianza, anticipata risolutivamente dal non fondamento delle due principali;

alla predetta infondatezza dei motivi consegue, oltre alla condanna alle spese regolata secondo il principio della soccombenza e liquidazione come meglio da dispositivo, la dichiarazione della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso, quanto ai primi due motivi, assorbito il terzo; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 2.600 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2020

 

 

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