Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27586 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 30/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep.30/12/2016),  n. 27586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14929-2011 proposto da:

T.D.L.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CLITUNNO 51, presso lo studio dell’avvocato FRANCO ONGARO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANCARLO

TONETTO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CASINO’ MUNICIPALE VENEZIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 88, presso lo studio dell’avvocato MARA

CURTI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA

ANDRICH, GIOVANNI MOLIN, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 691/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/03/2011 R.G.N. 246/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2016 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito l’Avvocato ONGARO FRANCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

Con sentenza 16 marzo 2011, la Corte d’appello di Venezia dichiarava inammissibile la domanda di T.D.L.F., intesa alla modifica dell’ordinanza del Giudice dell’esecuzione di fissazione di un termine per la riassunzione del giudizio di opposizione all’esecuzione: così riformando la sentenza del primo giudice, che aveva escluso il suo diritto a procedere ad esecuzione nei confronti del Casinò Municipale di Venezia s.p.a. e dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di quest’ultima.

Preliminarmente ritenuta l’ammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 616 c.p.c., applicabile ratione temporis per la pendenza del giudizio al 4 luglio 2009, la Corte territoriale riteneva di competenza del giudice dell’esecuzione le questioni relative alla sospensione dell’esecuzione e alla revoca o modifica del provvedimento non aventi carattere decisorio.

Con atto notificato il 27 maggio 2011, T.D.L.F. ricorre per cassazione con unico motivo, cui resiste Casinò Municipale di Venezia s.p.a. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con unico motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 617, 623, 624 e 295 c.p.c. e vizio di omessa e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per l’erronea esclusione di ammissibilità della propria domanda, conseguente alla riassunzione del giudizio di merito cognitorio, avendo il giudice dell’esecuzione sospeso la procedura davanti a sè pendente, non soltanto a norma dell’art. 623 c.p.c., per la sospensione (dalla Corte d’appello di Venezia ai sensi dell’art. 431 c.p.c., comma 3) dell’efficacia esecutiva della sentenza costituente il titolo dell’esecuzione intrapresa, ma anche a norma dell’art. 624 c.p.c., per ragioni di merito riguardanti la determinazione del credito alla base dell’esecuzione intrapresa.

Il motivo è inammissibile.

Esso è generico, per omessa confutazione della ratio decidendi della sentenza impugnata: sicchè, così come formulato, viola la prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).

E tale ratio incontestata investe l’inammissibilità della domanda del creditore esecutante, odierno ricorrente, per questioni relative al provvedimento di sospensione dell’esecuzione (nell’ambito dell’opposizione del Casinò Municipale esecutato avverso il pignoramento presso terzi in proprio danno notificato da D.L.T., dopo l’intimazione di precetto sulla base della sentenza del Tribunale di Venezia, sospesa nella provvisoria esecutorietà dalla Corte d’appello) e alla sua revoca o modifica, non aventi carattere decisorio, di pertinenza cognitoria del giudice dell’esecuzione (così a pg. 12 della sentenza); a seguito del quale provvedimento di sospensione il predetto T. ha introdotto il giudizio deciso in primo grado con un accertamento di inesistenza del suo diritto ad agire in executivis, impugnato in appello con la sentenza qui ricorsa.

La statuizione della Corte territoriale è pure conforme a indirizzo di legittimità, secondo cui, in tema di esecuzione forzata, i provvedimenti sulla sospensione del processo esecutivo adottati, in senso positivo o negativo, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2 e dell’art. 624 c.p.c. (nel testo vigente dopo le sostituzioni del D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, conv. con mod. dalla L. n. 80 del 2005 e della L. n. 52 del 2006, art. 18) sono impugnabili con il rimedio del reclamo, ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. e contro gli stessi provvedimenti non è pertanto ammissibile l’opposizione agli atti esecutivi (Cass. 13 marzo 2012, n. 3954; Cass. 12 marzo 2009, n. 6048).

Dalle superiori argomentazioni discende coerente l’inammissibilità del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, senza condanna per responsabilità ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, richiesta dalla controricorrente. E ciò per difetto dei requisiti di mala fede o colpa grave (Cass. 19 aprile 2016, n. 7726), nè tanto meno degli elementi necessari alla liquidazione, pure equitativa, del danno (Cass. 27 ottobre 2015, n. 21798; Cass. s.u. 20 aprile 2004, n. 7583)1 neppure positivamente allegati dalla controricorrente, limitatasi a prospettarne la valutazione dalla Corte.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna T.D.L.F. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 100,00 per esborsi e Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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