Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27583 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 30/12/2016, (ud. 23/03/2016, dep.30/12/2016),  n. 27583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15636-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

N.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1762/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/06/2010 R.G.N. 1240/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2016 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale Avvocato

FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione, in subordine rinvio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 4 giugno 2010, la Corte d’Appello di Roma in riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma accoglieva la domanda proposta da N.P. nei confronti di Poste Italiane S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria della nullità dell’apposizione del termine al contratto stipulato tra le parti per il periodo 1.2/30.4.2002, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per “esigenze tecniche, organizzative, produttive, anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche. ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002 nonchè alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre”, dichiarando la conversione a tempo indeterminato del rapporto, ordinando il ripristino dello stesso e condannando la Società al pagamento delle retribuzioni dal 1.4.2005 fino al 30.4.2005. La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, da un lato, non raggiunta la prova della ricorrenza in concreto del nesso causale tra l’assunzione del lavoratore interessato e le concrete esigenze della Società, dall’altro, sussistente il diritto al risarcimento del danno non oltre il triennio ai sensi dell’art. 1227 c.c., non essendo ulteriormente giustificabile il protrarsi dell’inerzia del lavoratore.

Per la cassazione di tale decisione ricorre Poste Italiane S.p.A. affidando l’ impugnazione a quattro motivi. La N. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la Società ricorrente principale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 e dell’art. 4, comma 2, dell’art. 12 disp. sulla legge in generale, dell’art. 1362 e segg. e dell’art. 1325 c.c., censura il convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine al mancato assolvimento dell’onere previsto dalla legge di specificazione della ragione posta a base dell’assunzione a termine del lavoratore conseguente all’indicazione nel contratto individuale di una pluralità di causali giustificative.

Con il secondo motivo il medesimo convincimento è censurato sotto il profilo motivazionale in relazione all’omessa considerazione dell’aspetto, qualificato come fatto controverso decisivo per il giudizio, dell’idoneità della compresenza nel contratto di più ragioni fra loro non incompatibili o porsi quali elementi di sufficiente specificazione dell’esigenza giustificativa.

Il terzo motivo, rubricato con riguardo alla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115, 116, 244 e 253 c.p.c., e art. 421 c.p.c., comma 2, è inteso a censurare il malgoverno da parte della Corte territoriale delle regole sulla ripartizione dell’onere della prova, accollato alla Società medesima in contrasto con la presunzione desumibile dal sistema della legge circa la ricorrenza delle invocate esigenze sostitutive, superabile con onere della prova a carico del lavoratore e, comunque, di non aver consentito alla Società di assolvere a tale onere, pur ad essa non incombente, non ammettendo i mezzi di prova richiesti, anche eventualmente valendosi dei propri poteri istruttori d’ufficio.

Tale ultima censura è riproposta nel quarto motivo sotto il profilo del vizio di motivazione, lamentandosi da parte della Corte territoriale la carenza dell’iter logico – argomentativo seguito ad esplicazione della mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti dalla Società medesima ed al mancato esercizio dei propri poteri istruttori di ufficio in ordine all’accertamento dell’effettività dell’esigenza sostitutiva invocata.

Presi in esame il primo ed il secondo motivo, che appare opportuno trattare congiuntamente per essere tutti relativi al medesimo passo della motivazione in punto genericità della causale, deve rilevarsi come gli stessi non meritino accoglimento.

Sono inammissibili in quanto inconferenti le censure basate sull’assunto che la Corte territoriale avrebbe ritenuto la clausola giustificatrice del termine apposta al contratto in esame priva del requisito di specificità, avendo la Corte territoriale ritenuto, all’esito dell’esame degli accordi collettivi richiamati nel contratto a termine, la sussistenza del requisito della specificità della causale e, viceversa, posto a fondamento della decisione di accoglimento della domanda della lavoratrice il mancato assolvimento da parte della Società dell’onere della prova della sussistenza del nesso di causalità fra le ragioni allegate nel contratto e la specifica assunzione.

Ciò in conformità al principio ripetutamente affermato da questa Corte (cfr., in particolare Cass. 27 aprile 2010, n. 10033) secondo cui il D.Lgs n. 368 del 2001, art. 1, nel legittimare l’apposizione di un termine al contratto di lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo e sostitutivo non solo impone che le stesse, a pena di inefficacia, risultino da atto scritto, ma accolla al datore l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare mediante l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.

Una tale valutazione, rimessa al giudice del merito, risulta nella specie operata in modo conforme a diritto e congruamente motivata, restando, pertanto, esente dal sindacato di legittimità, sicchè correttamente la Corte territoriale, dopo aver ritenuto sufficientemente specifica la causale invocata, ha concluso nel senso che la sussistenza in concreto della stessa, non è stata adeguatamente allegata nè provata dalla Società datrice, sulla quale incombeva il relativo onere probatorio (cfr., in particolare, Cass. 1 febbraio 2010, n. 2279). Infondati devono inoltre ritenersi il terzo ed il quarto motivo, anch’essi strettamente connessi, dovendosi, da un lato, disattendere, alla luce del consolidato orientamento accolto da questa Corte (cfr. ancora Cass. 1.2.2010, n. 2279) che fa leva sul carattere derogatorio dell’apposizione del termine rispetto alla normale costituzione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, la tesi della Società ricorrente per cui nel sistema normativo introdotto dal D.Lgs. n. 368 del 2001 il datore di lavoro non sarebbe più gravato dell’onere di dedurre e provare le ragioni obiettive che giustificano la clausola appositiva del termine, incombendo viceversa al lavoratore l’onere di fornire la prova dell’insussistenza dell’invocata ragione legittimante, dall’altro, rilevare la correttezza della decisione della Corte territoriale di non ammissione delle prove comunque offerte dalla Società, in relazione alla ritenuta genericità della causale.

Il ricorso va dunque rigettato, senza attribuzione delle spese per non aver l’intimata svolto alcuna attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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