Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27583 del 10/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27583 Anno 2013
Presidente: NUZZO LAURENZA
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 21969-2007 proposto da:
AGENZIA

DEL

DEMANIO

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E
DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
2013

rappresenta e difende;
– ricorrenti –

2120

contro

RICCIO
••■

ANTONIA

RCCNNT46C45A783G,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA l, presso

Data pubblicazione: 10/12/2013

lo studio dell’avvocato BOZZI SILVIO, rappresentata e
difesa dall’avvocato CRISCI LUCIO RODOLFO;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 971/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 30/03/2007;

udienza del 16/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALI SI;
udito

l’Avvocato

VITTORIO

RUSSO

difensore

dell’Avvocatura Generale dello Stato per parte
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

_
Svolgimento del processo

Riccio Antonia, con atto di citazione del 20 gennaio 1993 conveniva innanzi
al Tribunale di Napoli il Ministero delle Finanze in persona del Ministro pro
tempore chiedendo previo accertamento, che l’acqua del torrente Serretelle

scoperta una zona di terreno lungo la riva e, pertanto, venisse accertata la
delimitazione e la determinazione del terreno abbandonato dall’acqua corrente
e che venisse dichiarato il suo acquisto ai sensi dell’art. 941 e 942 cc. della
fascia di terreno formatasi per il ritiro delle acque con vittorie di spese e
compensi.
Si costituiva in giudizio il Ministero delle Finanze e in via preliminare
eccepiva il difetto di giurisdizione dell’adito giudice essendo la cognizione
della vertenza avente ad oggetto l’accertamento della natura demaniale o
meno dell’alveo del Torrente riservata al Tribunale Regionale delle Acque
Pubbliche ai sensi del Testo Unico n. 1775 del 1933. D’altra parte, specificava
parte convenuta la natura demaniale del terreno era stata espressamente
riconosciuta dall’attrice che aveva liberamente accettato, come da essa stessa
riferito, di pagare il canone annuo di concessione. Nel dedurre, poi, che il
bene in questione aveva natura demaniale in quanto era zona sottoposta a
sommergibilità in occasione di piene ordinarie e che, comunque, la
formazione dell’alveo abbandonato era stata determinata da opere eseguite
dall’uomo e non da cause maturali, chiedeva il rigetto della domanda in
quanto improponibile, inammissibile ed infondata.
,.
Il Tribunale di Napoli, acquisito la documentazione necessaria tra cui la
. –

relazione dell’UTE di Benevento del 13 marzo 1993, ammessa ed espletata
1

alla confluenza con il fiume Calore si era ritirata lentamente lasciando

,
prova per testi ammessa ed espletata consulenza tecnica di ufficio, con

sentenza n. 9287 del 2005, accoglieva la domanda attrice e dichiarava il
terreno de quo appartenente in proprietà a Riccio Antonia per una estensione

_
totale di mq 8.500 in corrispondenza della parte di fondo di proprietà della

lite in favore dell’attrice.
Avverso tale sentenza proponeva appello il Ministero dell’Economia (già
Finanze) e l’Agenzia del Demanio riproponendo le stesse eccezione già
proposte in primo grado, e riproponendo l’eccezione d’incompetenza
dell’adito giudice per essere la vertenza riservata alla cognizione del TRAP,
chiedeva, pertanto, la riforma della sentenza impugnata e il rigetto della
domanda dell’attrice perché inammissibile improponibile ed infondata.
Si costituiva in giudizio Riccio Antonia contestando il gravame e chiedendone
il rigetto.
La Corte di Appello di Napoli con sentenza

n. 971 del 2007, rigettava

l’appello e, confermata la sentenza impugnata, condannava la parte appellante
alla rifusione delle spese del secondo grado di giudizio. Secondo la Corte di
Appello di Napoli, posto che risultava pacifico che al tempo della notifica
dell’atto di citazione le zone in contestazione erano già state definitivamente
abbandonate dall’acqua

e che oggetto della controversia riguardava

l’appartenenza della porzione di terreno ormai lasciata libera dall’acqua per
alluvione o per accessione, l’eccezione sollevata da parte appellante in ordine
alla competenza del TRAP (Tribunale Regione delle Acque pubbliche) era
infondata. Nel caso di specie la modifica dell’art. 942 e ss. Cc. operata con
– –

legge n. 37 del 1994 non poteva trovare applicazione in quanto la dedotta
2

medesima e condannava il Ministero delle Finanze alla rifusione delle spese di

modifica dello stato dei luoghi risaliva ad epoca antecedente all’entrata in
vigore della novella quando, cioè, l’effetto giuridico dell’accessione si era già
verificato. Specificava, altresì, la Corte territoriale che il regime giuridico del
_
suolo

interessato

allo

scorrimento

delle

acque

(fiumi)

è

stabilito,

contenitore delle acque stesse. Pertanto, quando le acque sono definite
pubbliche dalle leggi e conseguentemente soggette al regime del demanio
pubblico, la demanialità del suolo è in funzione di quella delle acque. La
normativa, cioè, non prevede espressamente la demanialità del suolo, bensì
indica espressamente la cessazione o al sorgere del regime demaniale in
conseguenza di determinati fenomeni naturali e l’irrilevanza a tali fini delle
modificazioni artificiali. L’effetto giuridico della perdita della natura
demaniale è, quindi, collegato al venir meno dell’attitudine del terreno a
consentire lo scorrimento delle acque pubbliche e, pertanto, l’accertamento
della perdita della natura demaniale presuppone il verificarsi di un fenomeno
naturale

che abbia implicato, in maniera definitiva e irreversibile,

l’allontanamento delle acque pubbliche da quella zona.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal Ministero dell’Economia e
delle Finanze in persona del suo legale rappresentante pro tempore

e

dall’Agenzia del Demanio in persona del suo legale rappresentante pro
tempore per tre motivi. Riccio Antonia ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo H Ministero dell’Economia e delle Finanze e
l’Agenzia del Demanio lamentano la violazione delle norme che regolano il
riparto di competenza tra Tribunale Ordinario e Tribunale delle Acque
3

dall’ordinamento previgente, in relazione alla funzione indispensabile di

Pubbliche, art. 360, primo comma, n. 2 cpc. Secondo i ricorrenti la Corte
territoriale avrebbe errato nell’aver concluso per la competenza del Tribunale
Ordinario in luogo di quella del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche,
epperò, in assenza di documentazione, l’accertamento del fenomeno di

per fatti dell’uomo tale da creare un’area di terreno di cui sarebbe maturato
l’acquisto ai sensi degli artt. 941 e 942 cc. appartiene all’esclusiva
competenza del TRAP: In ipotesi del genere chiariscono i ricorrenti sarebbe
innegabile l’esigenza di accertare se ed entro quali limiti il bene abbia cessato
di far parte del fiume e tale accertamento richiede un’indagine eminentemente
tecnica, esulante dalle competenze del GO. Pertanto, concludono i ricorrenti:
affermi la S.C. la sussistenza della competenza del Tribunale Regionale delle
Acque Pubbliche in relazione a quelle controversie per le quali sia necessario
accertare attraverso un’indagine eminentemente etcnica, se ed entro quali
limiti il bene abbia cessato di far parte del fiume.
1.1.= Il motivo è infondato.
Come ha correttamente evidenziato la Corte napoletana restando nel solco di
un condiviso indirizzo giurisprudenziale, ai Tribunali delle acque pubbliche è
riservata la competenza in ordine alle controversie sulla consistenza e sulla
—.

determinazione dei limiti dell’alveo e delle sponde di un corso d’acqua, al pari
delle controversie sulla qualificazione come alveo di una determinata zona di
terreno e tale competenza, si giustifica in vista del carattere eminentemente
tecnico dell’indagine necessaria alla loro soluzione e sussiste, pertanto, anche
quando la questione sia stata proposta incidenter tantum, in via di azione o di
eccezione. Epperò, la citata esigenza viene meno – e la controversia rientra
4

abbandono del letto del fiume o di un suo restringimento per fatti maturali o

nella competenza del giudice ordinario – allorquando, pur affermandosi in
causa che il terreno costituisse un tempo l’alveo di un corso d’acqua, risulti
peraltro pacifico che esso abbia definitivamente cessato di farne parte – per
eventi naturali o ad opera dell’uomo – e si disputi esclusivamente in ordine
all’appartenenza attuale a privati proprietari della zona lasciata libera
dall’acqua (cfr. Cass. n. 2540 del 969, n., n. 2627 del 1970, n- 4936 del 1974).

.

Ora, nel caso in esame, come afferma la sentenza impugnata, non sussisteva
nessuna questione in ordine alla determinazione dei limiti dell’alveo del fiume
o delle sponde o alla qualificazione dello terreno oggetto di causa come alveo,
sia con riferimento al passato che al momento attuale. Piuttosto, l’attrice
aveva chiesto l’accertamento dell’acquisto per alluvione o per accessione
della zona di terreno limitrofa al torrente Serretelle già occupata dalle acque, e
che parte convenuta (cioè il ministero dell’Economia) ne aveva rivendicato
l’apparenza al demanio idrico in quanto già costituente alveo del Torrente
Serretelle. Era, pertanto, circostanza incontestata tra le parti che le acque del
torrente Serretelle si erano lentamente allontanate dall’originaria riva,
lasciando libera una fascia di terreno. In particolare, la sentenza ha chiarito: a)
che emergeva dagli atti di causa (dalle deposizioni dei testi escussi che
avevano tutti riferito che fin dagli anni sessanta le acque del torrente Serretelle
si erano lentamente allontanate dalla originaria riva lasciando libera una fascia
di terreno), che risultava pacifico in causa che al tempo della notifica dell’atto
di citazione le zone in contestazione erano state definitivamente abbandonate
dalle acque del torrente. b) che la circostanza appena indicata, ovvero che le
zone in contestazione erano state abbandonate dalle acque del torrente, non
solo non era stata contestata dall’amministrazione statale, ma era stata dalla
5

111/

,

stessa confermata con l’accatastamento della zona e il conferimento in

concessione per l’uso del terreno all’attrice.
Sicché, per tali ragioni , a prescindere da ogni altra considerazione, ricorreva,
come, correttamente, ha evidenziato la sentenza impugnata, la competenza,
ratione materiae, del Tribunale ordinario.

1.1.a).= Dalla sentenza impugnata emerge, altresì, che il ricorso alla CTU non
era stato determinato per accertare i limiti dell’alveo del fiume o delle sponde
o alla qualificazione della zona di terreno oggetto di controversia come alveo,
ma per verificare le cause che avevano determinato l’origine del terreno
controverso, nonché l’estensione del terreno rilasciato dalle acque (crf.
Sentenza impugnata pag. 8 e pag. 10). Come si legge in sentenza il ricorso al
consulente tecnico si giustificava proprio per l’acquisizione della valutazione
i-

scientifica del fenomeno, cioè, in altri termini a cosa era dovuto la formazione
del terreno oggetto di causa, se riconducibile ad un incremento fluviale o ad
un alveo abbandonato. L’accertamento scientifico del CTU — si legge in
sentenza- aveva acclarato che “il terreno controverso non era conseguenza del
progressivo ritiro dell’acqua del Torrente Serretelle ma di progressivi
incrementi dovuti a depositi alluvionali dei materiali trasportati dal fiume
Calore e (… ) dallo steso torrente”. E di più, come affermano gli stessi
ricorrenti il CTU era stato chiamato ad “accertare previa descrizione dello
stato dei luoghi e tenendo presenti gli atti di causa, se l’acqua del torrente
Serretelle in confluenza con il fiume Calore si era ritirato lasciando scoperto il
terreno confinante con il terreno di proprietà dell’attrice”.

,.

2.= Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o l’erronea

6

«

..

applicazione dell’art. 942 cc. nella formulazione anteriore all’entrata in vigore
della Legge n. 37 del 5 gennaio 1994. Secondo i ricorrenti diversamente da
quanto emerso dal giudizio di secondo grado deve escludersi il venir meno
della demanialità del terreno oggetto della controversia nonostante che la
Corte di appello abbia applicato il disposto del previgente testo dell’art. 942

cc. Piuttosto, specificano i ricorrenti posto che la demanialità di un terreno
viene meno con conseguente acquisto delle aree in capo ai proprietari delle
aree

limitrofe,

solo

allorché

il

torrente

abbia

definitivamente

ed

irreversibilmente abbandonato il proprio precedente percorso mentre mantiene
ancora il carattere della demanialità allorché un alveo abbandonato continui
tuttavia ad essere interessato dallo scorrimento di acque in concomitanza con
,‘

fenomeni metereologici anche di modesta entità svolgendo la funzione di
cc.dd. bacino di espansione, il terreno di cui si dice non ha perso il carattere
della demanialità perché, come emerge dalla relazione tecnica il terreno in
questione per la sua collocazione e soprattutto per la sua altezza si trova ad un
livello maggiore rispetto al livello del letto del fiume Serretelle in alcuni punti
anche di due o tre metri e, pertanto, risulta difficilmente sommergibile se non
in casi eccezionali ed intensi eventi piovosi. Pertanto concludono i ricorrenti
riaffermi la SC. Che la demanialità di un terreno interessato dallo scorrimento
di acque pubbliche viene meno solo allorché il torrente abbia definitivamente
ed irreversibilmente

abbandonato il proprio precedente percorso, con la

conseguenza che, finché tale evento non si verifichi il terreno può essere
posseduto da alcuna persona con carattere di continuità.
,.
,

2.1.= Il motivo è infondato.
La normativa previgente alla modifica operata dalla legge n. 37 del 1994 non
7

1/V

a
..

prevedeva espressamente

la demanialità del

suolo

interessato

dallo

scorrimento di acque (i fiumi) ma indicava espressamente la cessazione o il
sorgere del regime demaniale in conseguenza di determinati fenomeni naturali
e la irrilevanza a tali fini delle modificazioni artificiali. Sicché come è stato
chiarito dalla sentenza impugnata il regime giuridico del suolo interessato

dallo scorrimento di acque (i fiumi) era determinato, nell’ordinamento
previgente in relazione alla funzione indispensabile di contenitore delle acque
stesse. In altri termini, quando le acque sono definite pubbliche dalle leggi e,
dunque, soggette al regime del demanio pubblico ai sensi degli arti. 822, 823,
cc. la demanialità del suolo è in funzione di quella delle acque. Con la
conseguenza, come ha correttamente evidenziato la corte napoletana,

che

l’effetto giuridico della perdita della natura demaniale è collegato al venir

meno dell’attitudine del terreno a consentire lo scorrimento delle acque
pubbliche e l’accertamento della perdita della natura demaniale presuppone il
verificarsi di un fenomeno naturale che abbia implicato in maniera definitiva e
irreversibile l’allontanamento delle acque pubbliche da quella zona che fino
ad un certo momento era stata interessata dallo scorrimento delle acque.
2.1.a).= Ora, nell’ipotesi in esame come ha chiarito la sentenza impugnata, il
CTU attraverso l’analisi della cartografia e della aerofotogrammetria reperita
presso le strutture pubbliche e la sovrapposizione dei grafici ha accertato la
definitiva modifica dello stato dei luoghi ovvero ha accertato che

l’acqua

corrente del fiume Se rr etelle si era ritirata ed aveva lasciato scoperta una zona
lungo la riva confinante con il terreno di proprietà dell’attrice. La
rr
di terreno
..

Corte territoriale ha avuto modo di specificare altresì che ragionevolmente lo
scorrimento delle acque del fiume Serretelle non avrebbe più interessato la
8

1

14

s

striscia di terreno oggetto della controversia. A tal fine la Corte territoriale ha

avuto modo di evidenziare che lo stesso

CTU, ha chiarito che il terreno

oggetto di causa si trovava ad un livello maggiore rispetto al livello del letto
del torrente Serretelle, in alcuni punti, anche di 2 o 3 metri tale da risultare

,

difficilmente sommergibile se non in casi di eccezionali ed intensi eventi

piovosi, epperò, nessuna ipotesi di sommersione era stata denunciata dal
periodo 1988 ad oggi e, comunque, la PA. aveva proceduto non solo
all’accatastamento dei suoli ma anche al loro conferimento in concessione. In
definitiva, correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la striscia di
terreno oggetto della controversia non era più e ragionevolmente non sarebbe
stata più interessata dallo scorrimento dell’acqua del fiume Serretelle e come
tale rientrava tra i beni che il privato confinante poteva acquistare in ragione
dell’art. 942 cc.

*

3.= Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio. Ritengono i ricorrenti che la Corte non abbia valutato correttamente
le controdeduzioni tecniche del geo. Fulvio Ciardello laddove aveva chiesto
al CTU di chiarire se in ragione degli eventuali incrementi di suolo lungo la
sponda del torrente Serretelle trattavasi di depositi alluvionali e/o altro e le
ragioni del loro concretarsi. Tale accertamento risultava necessario, sempre
secondo i ricorrenti, perché la normativa di cui all’art. 947 cc. nel testo
previgente la modifica introdotta dalla legge 37/1994 espressamente
prevedeva che la normativa precedente non si applicava nel caso in cui le
A

alluvioni e i mutamenti derivano dal regolamento del loro corso da bonifiche
o da altre simili cause. Riconosca, dunque, concludono i ricorrenti, la SC.
9

A

/

l’omessa considerazione da parte del giudice a quo di quanto emerso
dall’attività del CTU con la conseguente irriconoscibilità e/o assoluta
incertezza della normativa applicata.
,
3.1.= Il motivo rimane assorbito dai motivi precedenti, atteso che l’esame dei
motivi precedenti ha evidenziato ampiamente le ragioni di fatto e di diritto che
hanno indotto la Corte napoletana ad escludere che la striscia di terreno di cui
si dice fosse ancora un bene demaniale. Tuttavia, il motivo è inammissibile
per novità dell’eccezione atteso che, come si legge nella sentenza impugnata
(pag. 7), oggetto della controversia non era la determinazione dei limiti
dell’alveo del fiume o la qualificazione come alveo di una determinata zona di
terreno bensì l’appartenenza della porzione di terreno ormai lasciata libera
dall’acqua del fiume Serretelle. Pertanto, ogni questione relativa alla pretesa
sussistenza di demanialità dell’alveo, era rimasta estranea al presente giudizio.
In definitiva il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione che liquida in C. 2200,00 di cui

e. 200,00 per

esborsi oltre accessori come per legge
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione il 16 ottobre 2013

,

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