Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27581 del 10/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27581 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 24133-2007 proposto da:
DI

PASQUO

LORENZO

INDIVIDUALE

C.F.TITOLARE

P.I.00082590944,

DELLA

DITTA

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI BANCHI NUOVI 39, presso
lo studio dell’avvocato JANNETTI DEL GRANDE GIUSEPPE,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2013

ONOFRI FRANCESCO;
– ricorrente –

1678

contro

CASEIFICIO STABIUMI SPA;
– intimata –

Data pubblicazione: 10/12/2013

avverso la sentenza n. 520/2006 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 16/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/06/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Svolgimento del processo
l. – Con atto di citazione notificato il 22 dicembre 1997, Lorenzo Di
Pasquo, quale titolare della ditta individuale Caseificio Lorenzo Di
Pasquo, propose opposizione avverso il decreto con il quale il Pretore di

s.p.a. Caseificio Stabiumi, quale corrispettivo di una fornitura di
latte, assumendo che questo presentasse una percentuale di grasso
superiore al normale a causa della quale una parte del latte sarebbe
andata perduta ed il formaggio ottenuto sarebbe stato di qualità
inferiore.
La s.p.a. Caseificio Stabioni si costituì in giudizio contestando le
allegazioni avversarie.
2. – Il Tribunale adito, ritenuta non provata la tempestività della
opposizione, non risultando dalla copia prodotta del decreto la data
della notifica, dichiarò inammissibile la opposizione.
Il Di Pasqua interpose appello avverso detta sentenza.
3. – Con sentenza depositata il 16 giugno 2006, la Corte d’appello di
Brescia ritenne la tempestività della opposizione, rilevando che
l’opponente non era in possesso della cartolina di ritorno comprovante la
data di ricezione del plico postale contenente il decreto ingiuntivo,
sicchè egli aveva assolto il proprio onere probatorio mediante la
produzione di quanto in suo possesso, e cioè la copia del decreto
ingiuntivo recante la sola data di consegna all’ufficio postale per la
notifica. Inoltre la tempestività della opposizione emergeva dagli atti,
avendo l’ingiungente prodotto la cartolina attestante il perfezionamento
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Brescia gli aveva ingiunto il pagamento di lire 10.000.000 a favore della

della notifica del decreto ingiuntivo in data 12 novembre, mentre
l’opposizione era stata notificata il 22 dicembre 1997, ultimo giorno
utile.
La Corte di merito pertanto riformò la sentenza impugnata nella parte in

merito, osservando che la s.p.a. Caseificio Stabiumi aveva contestato
anzitutto la valenza probatoria delle analisi effettuate dal Laboratorio
Pasteur di Campobasso, senza alcun contraddittorio, ed inoltre la
possibilità di considerare come un vizio la presenza nel latte di
sostanza grassa in percentuale elevata.
Tali argomentazioni furono condivise dalla Corte territoriale, che
osservò, in primo luogo, che non risultava pattuito che il latte fornito
dovesse avere una determinata percentuale di grasso o comunque una
percentuale compresa entro un determinato valore, e che anzi dalla stessa
relazione di analisi prodotta risultava che il grasso doveva essere
superiore ad un minimo, mentre non si evidenziava una percentuale
massima: sicchè mancavano le condizioni per potersi configurare un vizio
della cosa venduta.
In secondo luogo, rilevò la Corte che il Caseificio Di Pasquo non aveva
chiesto alcun accertamento tecnico preventivo e, a seguito della
contestazione sollevata in giudizio dal venditore, non aveva nemmeno
provato che il campione consegnato al Laboratorio Pasteur per l’analisi
provenisse dalla partita di latte consegnata dal Caseificio Stabiumi.
L’appellante fu infine condannato al pagamento delle spese del giudizio.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Di Pasquo sulla base

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cui aveva dichiarato inammissibile la opposizione, ma la respinse nel

di sei motivi.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo il ricorrente, premesso che non avrebbe senso
affermare, come si legge nella sentenza impugnata, che l’eccesso di
“in quanto non

risulta pattuito che il latte fornito dovesse avere una determinata
percentuale di grasso”, sembra dedurre che i giudici di merito avrebbero
applicato nella specie la normativa relativa alla mancanza di qualità
promesse, in presenza di quello che doveva considerarsi vizio
redibitorio, in considerazione del fatto notorio che questo riguarda le
imperfezioni ed i difetti inerenti al processo di produzione,
fabbricazione, formazione, conservazione della cosa medesima che sono
tali a prescindere da qualsivoglia pattuizione o promessa.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod.proc.civ.,
applicabile nella specie ratione temporis: “Qualora sia dedotto un vizio
della cosa nella compravendita, è necessario che la sua insussistenza sia
espressamente pattuita dalle parti nel contratto perché possa essere
efficacemente fatto valere dall’acquirente ex art. 1490 c.c.?”.
2. – Il motivo è infondato in base alla considerazione che la Corte di
appello ha escluso che la percentuale di grasso riscontrata nel latte
costituisse un vizio e che intanto la tesi dell’attuale ricorrente
avrebbe potuto essere fondata, sotto il profilo della mancanza delle
qualità promesse, in quanto le parti avessero pattuito che la percentuale
di grasso nel latte non dovesse superare una determinata soglia.

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grasso nel latte non costituirebbe vizio della cosa

3. – Con il secondo motivo il ricorrente deduce che la Corte di appello
non si è interrogata sul punto centrale della causa, non ponendosi la
seguente risolutiva questione: “premesso che è pacifico che una partita
di latte con una percentuale di grasso superiore alla norma di per sé non

presenza non viene denunciata all’acquirente il quale lo mette in
lavorazione per la produzione di formaggio a pasta filata confidando su
una percentuale di grasso ordinaria, tale produzione si realizza oppure
no, in modo altrettanto proficuo e con la stessa resa che si sarebbe
ottenuta dal latte a percentuale grassa normale e quindi la percentuale
di grasso superiore alla norma in questo caso concreto costituisce o no
un vizio?”.
Prosegue poi il ricorrente deducendo che i giudici di merito non
avrebbero adeguatamente valutato in ordine alla “resa” del latte le prove
testimoniali assunte.
4. – Il motivo è infondato, in base alla contraddittorietà di quanto
dedotto nella formulazione della questione risolutiva prospettata, nel
senso che si riconosce che comunque la percentuale di grasso riscontrata
non rendeva il latte meno pregiato di quello normale, e che quindi non
sussisteva alcun vizio (in contrasto con quanto dedotto col primo
motivo), ma poi si afferma che tale anomala presenza avrebbe dovuto
essere denunciata dal venditore all’acquirente, per cui costituirebbe un
vizio, per concludere che tale vizio non esisteva in sé, ma rilevava solo
in relazione alla utilizzazione concreta del latte.
5. – Con il terzo motivo il ricorrente deduce che, in subordine, se anche
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rende il latte meno pregiato di quello normale, tuttavia se tale anomala

le circostanze risultanti dalla prova testimoniale non fossero state di
per sé sufficienti a rispondere alla questione della causa (ovvero se il
latte più grasso che è di per sé pregiato viene emesso in produzione per
il caciocavallo, in realtà risulta pregiudicata la resa produttiva e

giudice avrebbe dovuto sottoporre tale quesito ad un consulente.
6. – Il motivo è infondato, in quanto ripete le incongruenze di cui al
secondo motivo, ipotizzando l’assurdo che un latte “pregiato” in quanto
più grasso del normale possa essere affetto da vizi, se destinato ad una
determinata produzione, mentre il mancato superamento di una determinata
percentuale di grasso potrebbe rilevare solo in quanto qualità
espressamente pattuita.
7. – Con il quarto motivo si deduce che la Corte di appello, sulla base
di una errata valutazione delle prove, avrebbe affermato che l’attuale
ricorrente non aveva provato che il campione di latte consegnato al
laboratorio Pasteur provenisse dalla partita di latte consegnata dal
Caseificio Stabiumi.
8. – Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, dal momento che
la affermazione la cui esattezza viene contestata, in definitiva, è stata
fatta solo ad abundantiam.
9. – Con il quinto motivo si deduce che la presenza di una quantità
“molto elevata” di grasso era stata riconosciuta dallo stesso Caseificio
Stabiumi in una lettera in data 10 ottobre 1996, e si formula il seguente
quesito di diritto:

“In caso

di

dichiarazione confessoria resa dalla

parte venditrice circa le condizioni della cosa venduta

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deve o non deve

perciò tale latte deve ritenersi affetto da un vizio redibitorio), il

ritenersi raggiunta la prova rigorosa del suo stato ex art. 1513 c.c.?”.
10. – Anche tale motivo è infondato sotto vari profili.
10.1. – In primo luogo è contraddittorio invocare l’art. 1513 c.c., il
quale fa riferimento alla “qualità della cosa”, mentre l’attuale

10.2. – In secondo luogo il ricorrente dimentica che il riconoscimento
di una quantità di grasso “molto elevata” era accompagnata dalla
precisazione che ciò non costituiva un difetto del latte ma semmai un
pregio, per cui ai sensi dell’art. 2734 c.c. non poteva parlarsi di
confessione.
11. – Con il sesto motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte
di appello abbia confermato la sua condanna alle spese del giudizio di
primo grado, per avendo accolto parzialmente l’appello in ordine alla
tempestività della opposizione a decreto ingiuntivo.
12. – Il motivo è infondato, in quanto l’attuale ricorrente era comunque
rimasto soccombente nel merito.
13. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v’è luogo a
provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo la società
intimata svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
civile, il 18 giugno 2013.

ricorrente ha sempre invocato la tutela per vizi.

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