Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27580 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. III, 20/12/2011, (ud. 18/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27934/2009 proposto da:

P.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE REGINA MARGHERITA 216, presso lo studio dell’avvocato MANCINI

LUCIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato MIGLIACCIO Rocco giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS) in persona del Dirigente e

Procuratore speciale avv. A.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo studio

dell’avvocato BONACCORSI DI PATTI Domenico, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FALETTI GIANCARLO giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3865/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/11/2008 R.G.N. 5282/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato ROCCO MIGLIACCIO;

udito l’Avvocato DOMENICO BONACCORSI DI PATTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso con l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 3865/2008, depositata in data 11 novembre 2008, la Corte di appello di Napoli ha respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33, da P.C. contro la s.p.a. Axa Assicurazioni, a seguito del Provvedimento 28 luglio 2000 n. 8546 dell’autorità garante della concorrenza e del mercato.

Con tale provvedimento l’AGCM ha inflitto sanzioni ad un largo numero di società assicuratrici, fra cui AXA, per avere posto in essere un’intesa orizzontale, nella forma di una pratica concordata, consistente nello scambio sistematico di informazioni commerciali sensibili tra imprese concorrenti, con riferimento alle polizze di RCA. L’Autorità garante ha altresì rilevato che detta pratica ha comportato un notevole incremento dei premi, nel periodo interessato dal comportamento illecito (anni 1994 – 2000), con riferimento sia al livello in vigore prima del 1994, anteriormente alla liberalizzazione delle tariffe; sia alla media dei premi sul mercato europeo, che è risultato inferiore di circa il 20% rispetto a quelli praticati in Italia.

L’odierno ricorrente, assicurato con AXA per la RCA nel periodo 23 agosto 1995 – 9 agosto 1996, ha per l’appunto quantificato il danno personalmente subito nel venti per cento della somma pagata per il premio di polizza (Euro 112,92), cioè in Euro 22,58.

La Corte di appello ha respinto la domanda, ritenendo non provato il nesso causale fra l’illecito accordo fra le compagnie e l’incremento dei premi che ne è conseguito.

Il P. propone guattro motivi di ricorso per cassazione.

Resiste Axa con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La Corte di appello ha motivato la sua decisione in base al rilievo che il Provvedimento n. 8546/2000 dell’AGCM ha inflitto sanzione alle compagnie assicuratrici indagate, fra cui la convenuta, solo in relazione all’illecito scambio di informazioni; non per avere ravvisato un accordo di cartello diretto a provocare un incremento dei premi; che il principio enunciato da questa Corte, secondo cui gli accertamenti contenuti nel suddetto Provvedimento possono consentire al consumatore di invocare una presunzione in suo favore circa l’effetto dell’intesa sull’aumento dei premi, può trovare applicazione ove vengano offerti dall’attore concreti indizi in tal senso, che nella specie ha ritenuto di non poter ravvisare; che l’attore doveva farsi carico dell’eccezione della convenuta secondo cui l’intero settore della RCA operava in perdita, all’epoca dell’indagine conoscitiva; che il confronto con l’elemento dell’equilibrio costi-ricavi dell’impresa è pur sempre decisivo, quando venga dedotto arricchimento dell’imprenditore e impoverimento dell’utente per prezzo sopracompetitivo; che pertanto l’attore avrebbe dovuto dimostrare, e non ha dimostrato, l’esigibilità dalla controparte di un premio di minore importo.

2.- Il primo motivo, che denuncia esclusivamente violazione di legge, ed in particolare della L. 10 ottobre 1990, n. 287, artt. 2 e 33;

art. 41 Cost., art. 81 Trattato CE, artt. 2043 e 2697 cod. civ., è inammissibile, poichè investe una questione – qual è quella concernente la sussistenza del nesso causale fra l’illecito e il danno – la cui decisione è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice di merito e non è suscettibile di riesame in sede di legittimità se non sotto il profilo dei vizi di motivazione.

La Corte di appello non ha contraddetto alcuna delle norme indicate, nell’escludere che il ricorrente abbia fornito sufficienti elementi di prova della sussistenza del nesso causale fra l’illecito e il danno. Ed anzi, ha dimostrato di volerle rispettare per il solo fatto di avere affrontato il problema, che sarebbe stato dichiarato assorbito, ove la Corte avesse voluto negare la sussistenza degli illeciti di cui alle norme citate.

Non è configurabile violazione di legge neppure con riferimento all’art. 2697 cod. civ., violazione che avrebbe ragione di essere invocata se la Corte avesse disatteso i principi sulla ripartizione fra le parti dell’onere della prova, addebitando all’attore l’onere di dimostrare fatti che debbono essere dimostrati dal convenuto, o viceversa; non invece qualora si censuri il giudizio sulla valutazione delle risultanze istruttorie.

Nella specie è indubbio che l’onere di fornire la prova del nesso causale fra l’illecito e il danno è a carico del danneggiato, pur se quest’ultimo possa avvalersi, per adempiervi, anche di presunzioni e di criteri di alta probabilità logica, come questa Corte ha più volte affermato, con riferimento a casi simili a quello in esame (Cass. civ. n. 2305/2007). Ma egli è tenuto, per l’appunto, ad avvalersene, cioè ad indicare per quali parti e sotto quali aspetti il contenuto del Provvedimento n. 8546/2000 dell’AGCM offra tali elementi presuntivi.

Qualora il giudice del merito escluda che un tale onere sia stato adempiuto, il relativo giudizio è censurabile solo sotto il profilo dei vizi di motivazione.

3.- Con il secondo, il terzo ed il quarto motivo il ricorrente denuncia per l’appunto insufficiente motivazione e carente e lacunosa valutazione delle risultanze processuali, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, nelle parti in cui la Corte di appello: a) ha omesso di procedere ad un’approfondita disamina del Provvedimento dell’AGCM, prodotto in giudizio dall’attore, e quindi di rilevare che esso ha accertato la derivazione causale dell’aumento dei premi dall’illecito scambio di informazioni fra le compagnie assicuratrici (secondo motivo); b) ha dato credito a quanto dedotto nel parere presentato dall’Isvap all’AGCM, in occasione della procedura di infrazione, nel quale l’aumento dei premi viene attribuito ad una serie di cause diverse dallo scambio di informazioni, così facendo prevalere il giudizio dell’Isvap su quello dell’AGCM (terzo motivo);

c) ha affermato che l’assicurato avrebbe potuto rivolgersi a compagnie assicuratrici non partecipanti all’intesa dichiarata illecita, trascurando di considerare che la quasi totalità delle imprese assicuratrici operanti sul mercato ha partecipato all’illecito, ed in particolare le compagnie che raccoglievano l’85% dei premi RCA, sicchè gli assicurati non erano in grado di operare un effettivo confronto fra le condizioni di contrattazione reperibili sul mercato (quarto motivo).

4.- I tre motivi – che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi – non sono fondati.

Va premesso che la motivazione della Corte di appello è ampia e specifica e – pur potendo essere più o meno condivisa, quanto alle soluzioni di merito – di per sè non presta il fianco a censura, sotto il profilo della violazione dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5: norma che, com’è noto, consente di mettere in discussione, in sede di legittimità, solo la completezza, la coerenza e la logicità interna alla motivazione della sentenza impugnata; non certo le soluzioni di merito che essa abbia adottato (cfr. fra le tante, Cass. civ., 16 novembre 2000 n. 14858; 9 aprile 2003 n. 5582; 19 novembre 2007 n. 23929; 2 luglio 2008 n. 18119).

Nella specie l’interpretazione che la Corte di appello ha dato del Provvedimento dell’AGCM in tanto potrebbe essere censurata per insufficiente od illogica motivazione, in quanto avesse ingiustificatamente disatteso circostanze di fatto contrarie alle sue deduzioni, risultanti dagli accertamenti probatori acquisiti agli atti.

Le censure prospettate dal ricorrente sub a), non sono significative al fine di dimostrare che l’AGCM ha offerto elementi per ritenere sussistente il nesso causale fra l’illecito scambio di informazioni fra le compagnie assicuratrici e l’aumento dei premi: il Ricorso evidenzia solo il fatto che le compagnie si scambiavano informazioni in ordine ai profili tariffari utilizzati, sì da essere in grado di allineare i propri comportamenti.

Ma il mero allineamento dei comportamenti – pur se è normalmente premessa di comportamenti collusivi, che rendono possibile l’incremento ingiustificato dei prezzi – di per sè solo non dimostra ancora che un tale aumento sia stato effettivamente praticato.

Vi sono parti del Provvedimento dell’AGCM ben più significative, che non sono richiamate nel ricorso, e che soprattutto non risulta siano state sottoposte all’attenzione della Corte di appello, sì da sollecitare una decisione sul punto e da poter poi effettuare una verifica circa la completezza della motivazione che di esse abbia omesso di tenere conto.

Qualora la parte produca come prove in giudizio documenti corposi e complessi, che si occupano di molteplici questioni, oltre a quella oggetto di discussione, è suo onere anche indicare al giudice quali parti del documento essa ritiene rilevanti in suo favore e sollecitarne l’esame.

Il ricorrente avrebbe dovuto mettere a raffronto le affermazioni della Corte di appello circa l’insussistenza del nesso causale con il contenuto concreto del Provvedimento n. 8546 dell’AGCM, al fine di dimostrare l’illogicità o l’incongruenza della decisione rispetto alle risultanze probatorie. E soprattutto avrebbe dovuto dimostrare di avere fatto ciò in sede di appello, indicando nel ricorso in che modo e tramite quali atti vi avrebbe provveduto.

In mancanza, il ricorso è inammissibile non solo perchè non autosufficiente, ma anche e soprattutto perchè si riduce alla mera contestazione del merito della decisione impugnata, nella parte in cui ha dato una certa interpretazione anzichè un’altra del Provvedimento dell’AGCM. 4.1.- Analoghe argomentazioni valgono quanto al rilievo attribuito dalla Corte di appello ai dati risultanti dal parere dell’Isvap. Il ricorrente non specifica se, ed in quali parti, il Provvedimento dell’AGCM abbia espressamente sconfessato il suddetto parere, sì che il solo fatto che la Corte di appello ne abbia utilizzato il contenuto verrebbe a configurare vizio di motivazione.

Neppure specifica se e come sia stata prospettata alla Corte di appello l’irrilevanza del parere dell’Isvap a fronte degli accertamenti contenuti nel Provvedimento n. 8546.

Anche il terzo motivo è quindi inammissibile.

4.2.- Lo stesso vale per il quarto motivo, poichè l’affermazione che il nesso causale andrebbe escluso per il solo fatto che l’assicurato avrebbe potuto rivolgersi ad una delle poche imprese non partecipanti all’illecito – ancorchè oggettivamente discutibile (per ragioni diverse da quelle prospettate dal ricorrente) – costituisce motivazione aggiuntiva, che non attiene all’accertamento del nesso causale ed il cui annullamento non potrebbe di per sè solo giustificare la cassazione della sentenza impugnata.

5.- Il quinto motivo – con cui il ricorrente lamenta la mancata ammissione delle prove per interrogatorio formale e per testimoni, da lui dedotte a dimostrazione del nesso causale – è manifestamente infondato.

Correttamente ha rilevato la Corte di appello che i capitoli di prova sono inammissibili perchè eccessivamente generici e tali da demandare ai testi mere valutazioni (per di più su questioni complesse quali il fatto che “gli assicurati Axa, per effetto dell’attività anticonconcorrenziale subivano un aumento dei premi del 20%…”; che “l’aumento non trova alcuna causale relativa al rapporto contrattuale de quo…”; che “…era esigibile da parte di esso assicuratore la fissazione di un premio di minore importo…”;

ecc.).

Trattasi di capitoli di prova che correttamente la Corte di appello ha dichiarato inammissibili.

6.- Il ricorso deve essere rigettato.

7. – Considerata la natura della controversia e la complessità delle questioni trattate, nonchè il suo esiguo valore, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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