Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2758 del 05/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 2758 Anno 2018
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: SCARPA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 4759-2014 proposto da:
MARIANO DAMIANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
V.PIEMONTE 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
SPADA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti contro
CONDOMINIO PRIMAVERA, RENATO FUGINI, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo
studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati PAOLO LODI, NUNZIA
COPPOLA LODI;
– controricorrenti avverso la sentenza n. 1331/2013 della CORTE D’APPELLO di
BRESCIA, depositata il 02/12/2013;

• 2-

[13 rt

Data pubblicazione: 05/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 12/12/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
I.Mariano Damiano ha proposto ricorso articolato in tre motivi

1331/2013, depositata il 02/12/2013. Resistono con unico
controricorso il Condominio Primavera di via Torretta 13-13/A
Bergamo e l’amministratore di esso Renato Fugini.
Con citazione del 30 giugno 2003 Mariano Damiano convenne il
Condominio Primavera di via Torretta 13-13/A Bergamo,
l’amministratore di tale condominio Renato Fugini e la Società
Cooperativa Edilizia San Giuseppe 77, domandando la
declaratoria di nullità delle decisioni assembleari inerenti al
bilancio consuntivo 2002, nonché di tutta una serie di nullità di
deliberazioni riferibili alla Società Cooperativa Edilizia San
Giuseppe 77 ed al Condominio Primavera (costituito in seno
alla Cooperativa), e approvate tra il 1992 e il 2002. Mariano
Damiano era stato presidente della Cooperativa San Giuseppe
77 fino al 1991, ma, dopo le sue dimissioni da tale carica,
insorse un ampio contenzioso tra quello ed il nuovo Consiglio di
Amministrazione della società. L’adito Tribunale di Bergamo,
dopo aver espletato una CTU contabile, con sentenza del 26
febbraio 2009 respinse tutte le domande. La Corte d’Appello di
Brescia ha poi rigettato l’appello principale di Mariano Damiano
ed ha invece accolto l’appello incidentale avanzato dal
Condominio Primavera sulla domanda di responsabilità
processuale aggravata per colpa grave, condannando il
Damiano al pagamento del risarcimento dei danni di C
2.000,00 ex art. 96 c.p.c. per il giudizio di primo grado, nonché
ad un identico importo risarcitorio per il giudizio di appello.
Ric. 2014 n. 04759 sez. 52 – ud. 12-12-2017
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contro la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n.

La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile ai sensi dell’art.
345 c.p.c. la produzione della lettera inviata in data 1 giugno
2005 dal c.t.u. al Damiano; ha poi affermato che l’appellante
principale non aveva individuato e precisato le propria critiche
con riguardo alle singole assemblee e delibere, né aveva

prescrizione e di decadenza sollevate dal Condominio; neppure
il Damiano aveva precisato se le indicazioni (date, presenze,
ecc.) contenute nei verbali delle assemblee fossero
materialmente o ideologicamente false; quindi la sentenza
impugnata ha sostenuto che l’appellante principale avesse
confusamente e genericamente riproposto questioni già decise
in altre cause; ed ha dichiarato inammissibile la querela di
falso dei verbali di assemblea per mancata precisazione dei
dati contestati e perché comunque attinente alle risultanze
contabili.
ricorso di Mariano Damiano contiene l’integrale
riproduzione del testo della citazione introduttiva del giudizio di
primo grado e dell’atto di appello, mentre delle sentenze del
Tribunale e della Corte d’Appello vengono riportati in ricorso í
soli dispositivi, senza esporne neppure sommariamente le
ragioni decisorie, ed alcun cenno viene fatto alle difese svolte
dalle controparti nelle pregresse fasi del giudizio.

E’ invece

onere del ricorrente, per soddisfare il requisito imposto
dall’articolo 366, comma 1, n. 3, c.p.c., riportare in ricorso
l’esposizione chiara ed esauriente dei fatti di causa, dalla quale
devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i
presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le
eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione
alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale
nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e
Ric. 2014 n. 04759 sez. 52 – ud. 12-12-2017
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dedotto alcunché in ordine alla infondatezza delle eccezioni di

in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si
richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di
legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella
asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito.
MAI ricorso non è stato intimato anche alla Società

convenuta e poi appellata nei precedenti gradi del giudizio, in
quanto destinataria di alcune impugnative di delibere
assembleari.
Essendo stata, in realtà, l’azione di impugnativa delle
deliberazioni dell’assemblea proposta dal Damiano sia nei
confronti della Società Cooperativa Edilizia San Giuseppe 77
che del Condominio Primavera (condominio di gestione
costituito in un secondo momento), sul presupposto che
spettasse alla Cooperativa originaria di provvedere, con i suoi
organi e secondo il suo ordinamento, alla gestione
condominiale fino al momento della costituzione volontaria del
condominio, si è realizzata la coesistenza nel medesimo
giudizio di più cause scindibili. Ne consegue che, rispetto ad
esse, in sede d’impugnazione, trova applicazione l’art. 332
c.p.c. (e quindi, essendo l’impugnazione contro o da parte della
Cooperativa già preclusa, non dev’essere disposta la notifica al
terzo del ricorso), ma anche che sono inammissibili in questa
sede tutte le censure che abbiano come destinataria la
Cooperativa Edilizia San Giuseppe 77.
Non è comunque fondata l’eccezione dei controricorrenti sulla
omessa impugnazione dei capi della sentenza d’appello che
avrebbero statuito l’inammissibilità del gravame ex art. 342
c.c. Invero, la Corte d’Appello di Brescia, pur premettendo che
la genericità delle deduzioni dell’appellante si riflettesse sulla
stessa ammissibilità dell’impugnazione, ne ha poi vagliato in
Ric. 2014 n. 04759 sez. 52 – ud. 12-12-2017
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Cooperativa Edilizia San Giuseppe 77, la quale è stata parte

motivazione l’infondatezza, pervenendo in dispositivo ad una
statuizione di rigetto nel merito dell’appello principale.
IV. Il primo motivo di ricorso allega in rubrica la violazione e
falsa applicazione dell’art. 345, ultimo comma, c.p.c., nonché
la “omessa violazione in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5”. Si fa

della lettera datata 1 giugno 2005 sottoscritta dal ragioniere
Spanu, CTU nel giudizio di primo grado. La censura richiama
poi una CTU svolta nell’anno 2012 in un nuovo giudizio tra le
parti pendente davanti al Tribunale di Bergamo, in quanto tale
CTU avrebbe finalmente convalidato le doglianze del Damiano
sulla situazione contabile del Condominio Primavera.
IV.1. Il primo motivo di ricorso è comunque infondato. La
Corte d’Appello ha spiegato che la lettera del 1 giugno 2005
sottoscritta dal CTU non valesse ad infirmare le conclusioni
peritali, non avendo comunque l’appellante chiarito quali
fossero i punti di contrasto o di errore della relazione
dell’ausiliare.
La Corte d’Appello ha così deciso la questione di diritto
dell’ammissibilità della produzione del nuovo documento in
appello in modo comunque conforme all’orientamento
giurisprudenziale di recente prescelto da Cass., Sez. U,
04/05/2017, n. 10790, nel senso, cioè, che, nel giudizio di
appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi
dell’art. 345, comma 3, c.p.c., nel testo previgente rispetto alla
novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I.
n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis), soltanto
quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza
circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata,
smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio,
ovvero quella in grado di provare quel che era rimasto
Ric. 2014 n. 04759 sez. 52 – ud. 12-12-2017
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riferimento alla declaratoria di inammissibilità della produzione

indinnostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal
rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria
negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del
primo grado.
Atteso che, quando viene dedotta, in sede di legittimità, come

inammissibilità di una prova documentale in appello, la
Cassazione, essendo chiamata ad accertare un

error in

procedendo, è giudice anche del fatto, ed è, quindi, tenuta
essa stessa a stabilire se si trattasse di prova indispensabile, in
quanto tale giudizio attiene non al merito della decisione, ma al
rito (cfr. Cass. Sez. 1, 08/02/2017, n. 3309; Cass., Sez. 1,
25/01/2016, n. 1277; Cass. Sez. 1, 17/06/2009, n. 14098),
non può che confermarsi che il documento prodotto in appello
da Mariano Damiano non rivelava alcuna indispensabilità nel
quadro delle risultanze istruttorie acquisite in primo grado, e,
cioè, non spiegava alcuna immediata influenza causale sulla
decisione finale della lite.
E’ evidentemente inammissibile il riferimento invece contenuto
in ricorso alla CTU espletata nel 2012 in un diverso giudizio tra
le parti, non fosse altro che per la totale carenza
dell’indicazione del contenuto di tale documento (nemmeno,
del resto, prodotto), come prescritto dall’art. 366, comma 1, n.
6, c.p.c.
V. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 96 c.p.c. nonché l’omessa e insufficiente
motivazione, non avendo i giudici di appello considerato la
controvertibilità delle questioni oggetto di causa nel giustificare
la condanna per lite temeraria.
V.1.Il motivo è del tutto infondato.

Ric. 2014 n. 04759 sez. 52 – ud. 12-12-2017
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nel caso in esame, l’erroneità della dichiarazione di

La Corte d’Appello ha spiegato la condanna per responsabilità
aggravata del Damiano facendo riferimento alla colpa
consistente nell’aver dedotto in lite questioni di invalidità delle
delibere assembleari già oggetto di precedenti giudizi, ovvero
precluse da decadenze e prescrizioni, o ancora nell’aver

appello motivi generici.
Ora, in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai
fini della condanna al .risarcimento dei danni, l’accertamento
dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con
mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale
prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in
sede di legittimità, salvo che entro i limiti di cui all’art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 3, 29/09/2016, n. 19298).
Tale disposizione, dopo la riformulazione introdotta dall’art. 54
del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto
2012, n. 134, limita il controllo logico della Corte di cassazione
alla totale pretermissione di uno specifico fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della
sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto
di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire
che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia), da indicare in ricorso nel rigoroso rispetto delle
previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n.
4, c.p.c. A differenza di quanto supposto, pertanto, nel
secondo motivo di ricorso, non ha quindi più rilevanza il
semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, né, come
nella specie, denunciato, la mancata considerazione di un
diverso grado di opinabilità delle questioni controverse ai fini
della ravvisabilità, in tema di responsabilità processuale
aggravata, del carattere temerario della lite.
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allegato imprecisate falsità documentali, e nell’aver avanzato in

VI. Il terzo motivo di ricorso denuncia, infine, l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione sul merito della lite.
Qui il ricorrente lamenta la mancata motivazione sul merito
della lite, sicché espone le vicende gestionali della Società
Cooperativa Edilizia San Giuseppe 77 e del Condominio

all’assemblea del 5 maggio 2003, che approvò il consuntivo per
l’anno 2002.
VI.1. Il motivo è inammissibile, in quanto invoca in sede di
legittimità, per il tramite dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.,
una nuova ricostruzione fattuale che possa sorreggere il merito
delle proprie pretese, senza tener però conto di quanto deciso
al riguardo nella sentenza impugnata, senza considerare la
nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e
senza rispettare l’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.
VI. Il ricorso va dunque rigettato e, in ragione della
soccombenza, il ricorrente va condannato a rimborsare le
spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in
favore dei controricorrenti.
I controricorrenti hanno proposto domanda per responsabilità
aggravata. E’ applicabile nel presente giudizio,

ratione

temporis, l’art. 385, comma 4, c.p.c., per la condanna del
soccombente al pagamento in favore della controparte di
un’ulteriore somma. Sussistendo riguardo a tale norma il
presupposto della colpa grave, atteso che il ricorrente ha agito
per la cassazione della sentenza di appello senza avere
adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza
dell’assoluta infondatezza della propria posizione. Tale somma,
considerati la durata del giudizio e l’oggetto di esso, può
equitativamente liquidarsi, in C 2.000.00.

Ric. 2014 n. 04759 sez. 52 – ud. 12-12-2017
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Primavera a far tempo dall’assemblea del 3 febbraio 1992 fino

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di

integralmente rigettata.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare
ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione,
che liquida in complessivi C 3.200,00, di cui C 200,00 per
esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, nonché
al pagamento in favore dei controricorrenti della somma di C
2.000,00, ai sensi dell’art. 385, comma 4, c.p.c., oltre interessi
nella misura legale decorrenti dal deposito della presente
ordinanza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12
dicembre 2017.
Il President
Dott

Ric. 2014 n. 04759 sez. 52 – ud. 12-12-2017
-9-

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contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione

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