Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2757 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2019, (ud. 07/11/2018, dep. 30/01/2019), n.2757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11207-2017 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZO PETRALIA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1041/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 28/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2018 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.M. proponeva ricorso davanti al Tribunale di Catania volto a far accertare la riconducibilità della malattia da cui egli è affetto fra quelle che determinano l’esonero da visita di revisione ai sensi della L. 9 marzo 2006, n. 80, art. 6, comma 3, e del D.M. attuativo 2 agosto 2007, contrastando il giudizio della Commissione medica che, pur avendolo riconosciuto invalido al 100%, aveva disposto la revisione periodica del giudizio.

Il Tribunale dichiarava improcedibile la domanda ed assegnava termine per il giudizio ex art. 445 bis c.p.c..

La Corte d’appello di Catania confermava la decisione di primo grado, argomentando che con il ricorso proposto l’ A. mirava “a far riscontrare la riconduzione della patologia patita fra quelle con esonero dalla visita di revisione, essendo senz’altro necessario, secondo la disciplina ratione temporis applicabile, verificare se la patologia da cui egli è affetto sia oncologica e se sussista, ed in che misura, la compromissione funzionale secondaria di organi e apparati” e che per confutare il giudizio della Commissione medica occorreva la nomina di un c.t.u., per la quale il procedimento era quello ex art. 445 bis c.p.c. omesso dal ricorrente.

2. Per la cassazione della sentenza A.M. ha proposto ricorso, cui l’Inps ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. come primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 445 bis c.p.c. e sostiene che il procedimento per a.t.p.o. non si applicherebbe alla fattispecie, in quanto la malattia che lo colpisce è stata regolarmente accertata dalla Commissione medica e la domanda riguarderebbe solo le conseguenze giuridiche di tale accertamento.

2. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 329, comma 2, e art. 113 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c, comma 1, n. 4, e lamenta che la Corte d’appello abbia dichiarato inammissibile la memoria integrativa, prodotta entro i termini assegnati dalla Corte e fissati dall’art. 429 c.p.c., comma 2, che non formulava un nuovo motivo d’appello, ma aveva ad oggetto gli effetti dell’entrata in vigore della Ln. 114 del 2014 in ordine all’ambito di valutazione demandato alle Commissioni mediche.

3. Come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 80 del 2006, art. 6, comma 3, ed il D.M. 2007 e sostiene che dalla documentazione sanitaria risulterebbe che la malattia oncologica da cui è affetto rientra pienamente nella previsione della L. n. 70 del 2006, art. 6, e relativo decreto attuativo, sicchè doveva essere affermato il suo diritto alla prestazione a prescindere da qualunque revisione periodica, anche considerato che la L. n. 114 del 2014 ha sottratto alle Commissioni mediche qualsiasi potere discrezionale in tal senso.

4. Il D.L. 10 gennaio 2006, art. 6, comma 3, n. 4, modificato dalla L. di conversione 9 marzo 2006, n. 80, ha sostituito la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 97, comma 2, con il seguente: “I soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sono individuate, senza ulteriori oneri per lo Stato, le patologie e le menomazioni rispetto alle quali sono esclusi gli accertamenti di controllo e di revisione ed è indicata la documentazione sanitaria, da richiedere agli interessati o alle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali qualora non acquisita agli atti, idonea a comprovare la minorazione”.

L’elenco delle malattie che abbiano dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante è allegato al Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 2/08/2007, che prevede alla voce n. 7, richiamata dal ricorrente, la “Patologia oncologica con compromissione secondaria di organi o apparati”. Il decreto inoltre semplifica le procedure burocratiche per i cittadini interessati, dal momento che prevede che la documentazione necessaria possa essere richiesta alle Commissioni preposte all’accertamento che si sono già espresse in favore del riconoscimento dello stato invalidante, o prodotta dagli interessati nel caso in cui non risulti acquisita agli atti da parte delle stesse Commissioni.

5. Il primo motivo e terzo motivo, da valutarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili: il ricorrente non confuta adeguatamente l’argomentazione del giudice di merito in ordine alla necessità di una nuova valutazione medica al fine di accertare le caratteristiche della malattia da cui egli è affetto, non trascrivendo il contenuto nè localizzando la documentazione dalla quale risulterebbe in modo esplicito la ricomprensione della malattia da cui è affetto tra quelle non rivedibili, in violazione delle disposizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e nell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

6. La soluzione adottata dalla Corte territoriale risulta dunque corretta, in quanto se l’accertamento negativo da parte della Commissione medica in ordine alla sussistenza della malattia idonea ad escludere il controllo sulla permanenza così come individuata nella tabella, con le descritte caratteristiche, poteva essere confutato solo mediante un ulteriore accertamento medico, la controversia rientrava tra quelle aventi ad oggetto l’accertamento di un diritto in materia di invalidità civile per le quali l’art. 445 bis c.p.c. richiede l’accertamento tecnico preventivo.

7. Anche il secondo motivo è inammissibile per insufficiente descrizione del fatto processuale, non risultando quale sia il contenuto del provvedimento di concessione del termine per le memorie ex art. 429 c.p.c., comma 2, che si richiama e si assume non rispettato, nè il contenuto della memoria ritenuta inammissibile dalla Corte d’appello, nè viene dedotto se l’esame della memoria da parte del giudice di merito avrebbe reso maggiormente probabile l’accoglimento delle prospettazioni del ricorrente.

8. Pertanto il Collegio, condividendo la proposta del relatore, notificata ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, alle parti che non hanno formulato memorie, ritiene che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1, e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio.

9. Non vi è luogo a condanna alle spese della parte soccombente, avendo già la Corte d’appello accertato la sussistenza dei requisiti per l’esonero ex art. 152 disp. att. c.p.c.

10. Sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, considerato che l’insorgenza di detto obbligo non è collegata alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. da ultimo ex multis Cass. ord. 16/02/2017 n. 4159).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Non assoggetta il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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