Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27567 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 28/10/2019), n.27567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7774-2018 proposto da:

E.D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato WALTER PERROTTA;

– ricorrente –

Contro

COSTRUZIONI C., in persona del titolare pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 133, presso lo

studio dell’avvocato OSVALDO LOMBARDI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1448/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 29.8.2017, la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di E.D.M. volta al pagamento di differenze retributive per aver svolto mansioni di custode del cantiere e di manovale manutentore e giardiniere a beneficio di Costruzioni C.;

che avverso tale pronuncia E.D.M. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura;

che Costruzioni C. ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 347,348 e 350 c.p.c., per non avere la Corte di merito dichiarato l’improcedibilità dell’appello principale proposto da C. Costruzioni avverso la sentenza di primo grado nonostante che il decreto di fissazione dell’udienza per il merito non gli fosse stato notificato;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 347,348 e 350 c.p.c., anche con riferimento all’art. 342 c.p.c., per non avere la Corte territoriale dichiarato l’inammissibilità e improcedibilità dell’appello principale nonostante che l’appellante principale non avesse prodotto la copia autentica della sentenza appellata;

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,253 e 257 c.p.c. e ss., nonchè dell’art. 2697 c.c., ed altresì di “omessa e contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo del giudizio”, per avere la Corte di merito errato nella valutazione del materiale probatorio acquisito al processo e violato il CCNL del settore edilizia;

che, con il quarto e quinto motivo, le medesime censure sono ripetute per avere la Corte rigettato senza motivazione alcuna il proprio appello incidentale, che aveva censurato la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva rigettato la domanda volta a conseguire le differenze retributive dovutegli quale manutentore e giardiniere, e non aver tenuto conto della Cf U eseguita in prime cure;

che i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione del tenore delle censure svolte, e sono inammissibili ex art. 360-bis c.p.c., n. 2, (nell’interpretazione consolidatasi a seguito di Cass. n. 22341 del 2017), non avendo parte ricorrente indicato quale pregiudizio sarebbe derivato dalla lamentata inosservanza delle norme processuali dianzi richiamate nè potendo ragionevolmente inferirsene alcuno, ove si consideri che della data di fissazione dell’udienza per il merito la parte odierna ricorrente era stata resa edotta già mediante la notifica del decreto di comparizione ai fini della sospensione (cfr. il decreto del giudice relatore debitamente trascritto a pag. 6 del ricorso per cassazione) e che, oltre a difendersi dall’appello proposto nei suoi confronti, ha ritualmente proposto avverso la medesima sentenza un proprio appello incidentale;

che parimenti inammissibili sono il terzo, il quarto ed il quinto motivo, veicolando plateali richieste di rivalutazione del complessivo materiale probatorio acquisito al processo, che è cosa non possibile in questa sede di legittimità;

che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.800,00, di cui Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15/0 e accessori di legge

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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