Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27564 del 21/11/2017


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 27564 Anno 2017
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 4309 del ruolo generale dell’anno
2015, proposto
da
COMUNE DI BARBONA (C.F.: 01971040280) 1 in persona
del Sindaco, legale rappresentante pro tempore
rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso, dagli avvocati Sergio Dal Prà (C.F.: DLP SGC 44A09 H2143) e
Federica Scafarelli (C.F.: SCF FRC 70S46 F839I)
-ricorrentenei confronti di
GEA S.r.l. (C.F.: 00394760284), in persona dei Presidente dei Consiglio di amministrazione, legale rappresentante pro tempore, Alberto Seaccabarozzà
rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dagli avvocati Mario Franchina (C.F.: FRN MRA 55M16
A794B) e Goffredo Gobbi (C. F.: GBB GFR 45B11 F051A)
-controricorrentenonché
QUOTA Antonio (C.F.: QTU NTN 46T29 D442Y)
-intimatoper la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Ve-

nezia n. 1509/27014, depositata in data 20 giugno 2014;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in
data 17 ottobre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo;
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Ce OLL

Data pubblicazione: 21/11/2017

uditi:
l’avvocato Federica Scafarelli, per il comune ricorrente;
l’avvocato Goffredo Gobbi, per la società controricorrente;
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Corrado Mistri, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatti di causa

Barbona per ottenere – quanto meno a titolo di indebito arricchimento – il corrispettivo dovuto per lo svolgimento del servizio di raccolta di rifiuti sul territorio comunale. La domanda è
stata accolta in primo e secondo grado, ma la sentenza di secondo grado è stata cassata senza rinvio da questa Corte (con
la sentenza n. 13682 del 2007).
Essendo frattanto stata avviata e portata a compimento dalla
società attrice l’esecuzione forzata della sentenza di merito
(nelle forme dell’espropriazione immobiliare), il comune ha agito ai sensi dell’art. 389 c.p.c. nei suoi confronti per ottenere
la reintegrazione della propria situazione patrimoniale.
La domanda è stata parzialmente accolta dalla Corte di Appello di Venezia, che ha condannato la Gea S.r.l. a pagare gli importi di C 50.000,26, C 6.499,95 ed C 10.504,50 in favore del
comune, oltre le spese per la cancellazione della trascrizione
del pignoramento e le spese di lite.
Ricorre il Comune di Barbona, sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso la Gea S.r.l..
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art.
378 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia, ai sensi dell’art.

360, comma 1, n. 3, c.p.c., «Violazione ed errata applicazione
dell’art. 389 c.p.c. Violazione ed errata applicazione dell’art.
Ric. 4309 n. 2015 – Sez. 3 – Ud. 10 ottobre 2017 – Pagina 2 di 10

La Gea S.r.l. ha agito in giudizio nei confronti del Comune di

1151 comma 2, c.p.c. Violazione ed errata applicazione
dell’art. 2697 c.c.».
Con il secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c., «Omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
Con il terzo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3, c.p.c., «Violazione ed errata applicazione degli artt. 61

errata applicazione dell’art. 2697 c.c. sotto un ulteriore, diverso profilo».
I primi tre motivi di ricorso – aventi ad oggetto la questione
della prova del valore effettivo dell’immobile espropriato, che
il comune ricorrente assume maggiore della somma conseguita in sede vendita all’asta dello stesso – sono connessi, e possono essere trattati congiuntamente.
Essi sono inammissibili.
Sul punto, sebbene il dispositivo risulti conforme a diritto, la
motivazione della sentenza impugnata va corretta.
La corte di appello ha infatti ritenuto ammissibile la domanda
proposta dal comune, avente ad oggetto il risarcimento del
danno derivante dalla differenza tra il valore effettivo (da rivalutarsi all’attualità) dell’immobile venduto all’asta in sede di
esecuzione della sentenza di merito e l’importo ricavato dalla
vendita, rigettandola nel merito, per difetto di prova della
suddetta differenza di valore.
Ma in realtà, trattandosi di domanda risarcitoria da responsabilità processuale aggravata, da inquadrarsi nella fattispecie
prevista dall’art. 96, comma 2, c.p.c., i giudici di merito avrebbero dovuto limitarsi a prendere atto della mancata allegazione dell’elemento soggettivo della fattispecie.
1.1 Va fatta una premessa di carattere sistematico.
La domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno conseguente alla perdita dell’immobile espropriato – che si assuRic. 4309 n. 2015 – Sez. 3 – Ud. 10 ottobre 2017 – Pagina 3 di 10

e 62 c.p.c., nonché degli artt. 191 e 194 c.p.c. Violazione ed

me di valore maggiore di quanto ricavato dalla sua vendita
forzosa – e quella avente ad oggetto la restituzione
dell’importo conseguito dal creditore all’esito della distribuzione del relativo importo, a soddisfazione totale o parziale della
sua pretesa, hanno – come è ovvio – differente natura, oggetto e presupposti.
La seconda è un’azione restitutoria avente ad oggetto la ripe-

stante giurisprudenza di questa Corte, si differenzia dalla ordinaria

“condictio indebiti”,

sia perché si ricollega ad

un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza e prescinde dall’esistenza o meno del
rapporto sostanziale, sia perché il comportamento
delraccipiens” non si presta a valutazioni sulla buona o mala
fede, non potendo venire in considerazione stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei
suoi effetti; e la relativa obbligazione ha del resto natura di
debito di valuta, natura assolutamente incompatibile con una
ricostruzione di essa quale obbligazione risarcitoria (Cass.,
Sez. 3, Sentenza n. 21699 del 20/10/2011, Rv. 619862 – 01;
Sez. 3, Sentenza n. 6942 del 23/03/2010, Rv. 612029 – 01;
Sez. 3, Sentenza n. 3291 del 06/04/1999, Rv. 524954 – 01;
Sez. L, Sentenza n. 232 del 09/01/2001, Rv. 543005 – 01;
Sez. L, Sentenza n. 8296 del 19/06/2001, Rv. 547561 – 01;
Sez. 1, Sentenza n. 13899 del 19/09/2003, Rv. 567015 – 01;
Sez. 3, Sentenza n. 18238 del 28/11/2003, Rv. 568537 – 01).
La prima ha invece innegabile natura risarcitoria, e la sua
qualificazione quale ipotesi di responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.c., discende in modo piano dal suo contenuto e dal suo oggetto, trattandosi del
risarcimento del danno conseguente ad un comportamento
processuale della controparte, e precisamente alla condotta
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tizione di un pagamento indebito che peraltro, in base alla co-

imprudente del creditore che ha promosso l’esecuzione forzata
sulla base di un titolo esecutivo non ancora divenuto definitivo.
1.2 Chiarita la diversa natura delle due azioni, si pone poi la
questione dell’ammissibilità del loro cumulo nel giudizio di rinvio, ai sensi dell’art. 389 c.p.c..
Potrebbe invero dubitarsi, sul piano astratto, che la domanda

dall’incauta proposizione dell’azione esecutiva in virtù della
sentenza poi cassata possa rientrare tra quelle proponibili al
giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 389 c.p.c., unitamente alle
domande restitutorie e ripristinatorie.
È vero che in proposito questa Corte ha più volte affermato
che la facoltà, prevista dall’art. 389 c.p.c., di chiedere al giudice di rinvio i provvedimenti riparatori e restitutori conseguenti alla cassazione della sentenza di merito non si riferisce
soltanto alle domande restitutorie in senso stretto, derivanti,
cioè, direttamente dall’annullamento di questa sentenza, ma
ad ogni altra azione che si ricollega, sia pure in modo indiretto, alla sopravvenuta inefficacia del provvedimento impugnato
(cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 285 del 24/01/1975,
Rv. 373498 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1526 del 28/04/1976,
Rv. 380273 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 10386 del 18/05/2005,
Rv. 581650 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5265 del 05/06/1996,
Rv. 497991 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 3634 del 14/02/2011,
Rv. 616673 – 01).
Ma si tratta in realtà di decisioni che si riferiscono a fattispecie
radicalmente diverse da quella oggetto del presente giudizio
(ad es. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 3634 del 14/02/2011, Rv.
616673 – 01, afferma il principio in relazione al risarcimento
del danno riguardante il comportamento della parte nel giudizio di rinvio, richiamando Sez. 3, Sentenza n. 5265 del
05/06/1996, Rv. 497991 – 01, la quale però a sua volta si riRic. 4309 n. 2015 – Sez. 3 – Ud. 10 ottobre 2017 – Pagina 5 di 10

risarcitoria per la responsabilità processuale derivante

ferisce in realtà alla ipotesi – radicalmente differente da quella
qui in esame – dell’azione restitutoria/ripristinatoria conseguente ad ingiusta esecuzione di una condanna al rilascio, e
cioè ad una ipotesi in cui il danno derivante dalla perdita
dell’immobile rappresenta esattamente l’oggetto della prestazione attuata in base alla sentenza cassata, tanto laddove il
rilascio sia avvenuto coattivamente quanto laddove sia avve-

esecuzione della sentenza di condanna al pagamento, in cui
l’oggetto della prestazione da restituire è la corresponsione di
una somma di danaro, e dunque la restituzione ha ad oggetto
la somma pagata, non certo il valore dei beni fatti eventualmente espropriare per conseguirla in via coattiva; altrettanto
è a dirsi per Cass., Sez. 3, Sentenza n. 285 del 24/01/1975,
Rv. 373498 – 01, Sez. 3, Sentenza n. 1526 del 28/04/1976,
Rv. 380273 – 01 e Sez. 3, Sentenza n. 10386 del 18/05/2005,
Rv. 581650 – 01).
La questione della proponibilità della domanda risarcitoria di
cui all’art. 96, comma 2, c.p.c., nell’ambito del giudizio di rinvio di cui all’art. 389 c.p.c., accanto alle azioni propriamente
restitutorie e ripristinatorie, comunque, non rileva nella specie, in quanto sull’ammissibilità della domanda risarcitoria avanzata in concreto dal comune ricorrente la corte di appello
si è pronunziata espressamente, e la decisione non è oggetto
di specifica censura nella presente sede, onde non può essere
rimessa in discussione.
1.3 La corte di appello non si è invece espressamente pronun-

ziata sulla qualificazione di tale ultima domanda (che è questione diversa da quella della sua ammissibilità in sede di rinvio), é che quindi può e deve essere operata nella presente
sede, senza vincoli.

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nuto spontaneamente, a differenza di quanto avviene nella

Come già anticipato, la qualificazione di tale domanda porta
ad inquadrarla nell’ipotesi della responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.c..
Orbene, una volta qualificata la suddetta domanda, e superata
(essendovi sul punto espressa decisione del giudice di secondo
grado non censurata) la problematica relativa alla sua proponibilità davanti al giudice di rinvio unitamente alle domande

da queste ultime, quanto a presupposti e condizioni.
Mentre

infatti

l’obbligazione

restitutoria

derivante

dall’avvenuto adempimento (spontaneo o coattivo che sia)
dell’obbligazione portata dalla sentenza cassata non richiede
alcuna prova ulteriore degli stati soggettivi dell’accipiens, in
base ai principi di diritto costantemente affermati da questa
Corte (di cui si è dato atto più sopra), l’eventuale ulteriore
domanda risarcitoria richiede invece certamente la allegazione
e la prova dei suoi ordinari presupposti (sia oggettivi che soggettivi), come previsti dalle specifiche disposizioni eventualmente invocate.
E dunque, la responsabilità avente ad oggetto il risarcimento

del danno derivante dalla perdita del valore dell’immobile espropriato per ottenere il pagamento coattivo del credito di cui
alla sentenza cassata, che va – come fin qui esposto – qualificata come azione risarcitoria per responsabilità processuale
aggravata da incauta esecuzione, ai sensi dell’art. 96, comma
2, c.p.c., richiede la allegazione e la prova che il creditore abbia agito senza la normale prudenza.
1.4 Nella specie, il presupposto soggettivo (difetto di normale

prudenza nell’iniziare l’esecuzione) dell’azione risarcitoria esercitata dal comune non risulta neanche allegato.
Il comune pretenderebbe in sostanza di ottenere il risarcimento del danno derivante da una fattispecie riconducibile alla responsabilità processuale aggravata, a prescindere dalla sussiRic. 4309 n. 2015 – Sez. 3 – Ud. 10 ottobre 2017 – Pagina 7 di 10

restitutorie e ripristinatorie, resta la necessità di distinguerla

stenza dei presupposti richiesti dalla relativa disposizione (art.
96, comma 2, c.p.c.), e ciò sulla base di una diversa disposizione (art. 389 c.p.c.) che dispensa il creditore dalla dimostrazione degli stati soggettivi dell’accipiens, ma esclusivamente
con riguardo alle azioni restitutorie (e non con riguardo alle
eventuali diverse ed ulteriori azioni risarcitorie), il che non è
ammissibile.

cessario – in base a quanto sin qui esposto – che il ricorrente
deducesse di avere allegato in sede di merito, oltre al danno,
anche il difetto di normale prudenza della società creditrice nel
promuovere l’esecuzione forzata.
Non avendolo fatto, tali motivi devono dichiararsi inammissibili, in quanto non sostenuti dalla specifica indicazione della avvenuta proposizione in sede di merito delle allegazioni necessarie ai fini del possibile accoglimento della domanda di cui si
lamenta l’erroneo rigetto nel merito per difetto di prova del
danno.
2. Con il quarto motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c., «Violazione ed errata applicazione
dell’art. 389 c.p.c. Violazione ed errata applicazione dell’art.
1224 c.c.».
Con il quinto motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3, c.p.c., «Violazione ed errata applicazione dell ‘art. 389
c.p.c. e dell’art. 1224 c.c. Violazione ed errata applicazione
dell’art. 2033 c.c.».
Il quarto ed il quinto motivo sono connessi, e possono essere
esaminati congiuntamente.
Essi sono infondati.
La sentenza è sul punto conforme alla costante giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale l’obbligazione restitutoria di
cui all’art. 389 c.p.c. ha natura di obbligazione di valuta e al
creditore spettano gli interessi al tasso legale (salva la prova
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In relazione ai motivi di ricorso in esame, sarebbe stato ne-

concreta di un maggior danno, nella specie non fornita) sugli
importi da restituire, interessi che decorrono dalla data del
pagamento (cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 10563 del
08/10/1991, Rv. 474151 – 01; Sez. L, Sentenza n. 3037 del
29/03/1994, Rv. 485969 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3291 del
06/04/1999, Rv. 524954 – 01; Sez. L, Sentenza n. 232 del
09/01/2001, Rv. 543005 – 01; Sez. L, Sentenza n. 8296 del

19/09/2003, Rv. 567015 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 18238 del
28/11/2003, Rv. 568537 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6942 del
23/03/2010, Rv. 612029 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 21699 del
20/10/2011, Rv. 619862 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5391 del
05/03/2013, Rv. 625375 – 01). Il ricorso non offre del resto
elementi che inducano a rivedere tale orientamento.
3. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base
del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente
al termine previsto dall’art. 1, co. 18, della legge n. 228 del
2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 13, co. 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto
dall’art. 1, co. 17, della citata legge n. 228 del 2012.
per questi motivi
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna il comune ricorrente a pagare le spese del
giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi C 10.000,00, oltre C
200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori
di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versaRic. 4309 n. 2015 – Sez. 3 – Ud. 10 ottobre 2017 – Pagina 9 di 10

19/06/2001, Rv. 547561 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 13899 del

mento, da parte dell’ente ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, in data 17 ottobre 2017.

Augusto TATANGELO

Il preside e
Angelo SP RIT

L’estensore

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