Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2756 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2756 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 4192-2013 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in

persona
del
legale
er,0 1- 19)’te,ale- pfLoc.~.150bc- A
rappresentnte pro tempore, e e tivamdnte domiciliato
3fecARkA,
ROMA, r17.7—DEMIA FRE27-A7-4-13 presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
2i313
3303

avvocati SGROI ANTONINO, DE ROSE EMANUELE, MARITATO
LELIO, D’ALOISIO CARLA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

a

A.R.T.E.

AZIENDA

REGIONALE

TERRITORIALE

PER

Data pubblicazione: 06/02/2014

L’EDILIZIA DELLA PROVINCIA DI GENOVA P.I. 00488430109,
t_ ti
41+(- _1;v, LArtj
in persona dell
pro
empore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOSCANA 10,
presso lo studio dell’avvocato RIZZO ANTONIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MANIGLIO

– controricorrente non chè contro

EQUITALIA NORD S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 651/2012 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 30/07/2012 R.G.N. 122/2012;
udita la relazione

della

causa svolta nella pubblica

udienza del 19/11/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito l’Avvocato MANIGLIO ALESSANDRA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

ALESSANDRA, giusta delega in atti;

Udienza del 19 novembre 2013 — Aula B
n. 20 del ruolo — RG n. 4192/13
Presidente: Stile – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello dell’INPS avverso la sentenza del
Tribunale di Genova n. 1948/2010, di accoglimento dell’opposizione proposta da ARTE (Azienda
Regionale Territoriale per l’Edilizia) — ex IACP della Provincia di Genova (d’ora in poi: ARTE) a
due cartelle di pagamento relative alla contribuzione per malattia e maternità dei dipendenti
dell’Azienda.
La Corte d’appello di Genova, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il tenore letterale dell’inciso “imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali
privatizzate e a capitale misto” non porta alla fondatezza della tesi dell’INPS secondo la quale tutte
le imprese degli enti pubblici (tra i quali va compresa la Regione) sarebbero assoggettate a
contribuzione, dovendosi riferire la locuzione finale “privatizzate e a capitale misto” esclusivamente
alle imprese degli enti locali, visto che la forma “a capitale misto” è tipica delle imprese che
gestiscono servizi pubblici degli enti locali;
b) va, infatti, osservato che nulla esclude che tale ultima forma possa essere adottata anche
dalle imprese delle Regioni;
c) inoltre l’interpretazione sostenuta dall’INPS determinerebbe una discriminazione
irragionevole, derivante dall’indimostrata premessa secondo la quale “i servizi pubblici gestiti da
Comuni e Province sarebbero più prossimi ai cittadini ed economicamente più deboli” di quelli
gestiti dalle Regioni;
d) comunque, pur volendo riferire il su riportato primo inciso anche agli enti regionali, è
tuttavia da escludere che esso possa riguardare ARTE, in quanto tale ente, pur avendo assunto
natura ibrida, non presenta i requisiti per l’assoggettamento alla contribuzione in oggetto,
rappresentati dalla avvenuta “privatizzazione” e dal capitale di tipo misto;
e) in base all’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria n. 9 del 1998 ARTE è un ente
pubblico economico, strumentale alla Regione, dotato di personalità giuridica, che persegue, sia
pure con forme privatistiche, finalità proprie della Regione, gestendone il patrimonio edilizio, con
assoggettamento a procedure ad evidenza pubblica e soggezione al controllo pubblico per le
nomine, la gestione e il bilancio;

O

ne consegue che è da escludere che sia stata realizzata la privatizzazione dell’ente sia in
senso formale — perché non si è compiuta la trasformazione dello status giuridico dell’ente pubblico
1


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

in ente interamente assoggettato alle regole di diritto privato — sia in senso sostanziale, non
essendosi avuto il passaggio della titolarità della proprietà dei beni dalla mano pubblica a quella
privata;

2.— Il ricorso dell’INPS domanda la cassazione della sentenza per un unico, articolato motivo;
resiste, con controricorso illustrato da memoria, l’ARTE.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I

Sintesi del ricorso

1.— Con il motivo di ricorso si denunciano: a) in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione delle seguenti disposizioni: 1) art. 6 della legge 11 gennaio 1943, n.
138 (contribuzione di malattia); 2) art. 21 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (contribuzione di
maternità); art. 20 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto
2008, n. 133; 3) legge della Regione Liguria 12 marzo 1998, n. 9; b) in relazione all’art. 360, n. 5,
cod. proc. civ., vizio di motivazione.
1.1.- Sulla base della ricostruzione del quadro normativo — statale e regionale — di riferimento
l’INPS, fra l’altro, sottolinea che: 1) la suindicata legge regionale, nel disciplinare la trasformazione
degli IACP regionali in Aziende Regionali Territoriali per l’Edilizia, ha configurato tali aziende
come enti pubblici di natura economica, strumentali alla Regione, dotati di personalità giuridica, di
autonomia imprenditoriale, patrimoniale e contabile; 2) a conclusone del menzionato processo di
trasformazione l’ARTE della Provincia di Genova ha ottenuto l’iscrizione alla Camera di
Commercio, in conseguenza della acquisita configurazione di ente pubblico economico; 3) l’oggetto
sociale di ARTE include anche l’acquisizione di immobili da privati e la stipulazione di contratti di
diritto privato con privati cittadini; 4) la legge regionale n. 9 del 1998 ha stabilito che al personale
dipendente dalle Aziende si debba applicare il trattamento giuridico, economico e previdenziale
previsto dal CCNL proprio degli IACP trasformati in aziende oppure — in mancanza e per quanto
compatibile con la natura degli enti — quello delle Aziende municipalizzate; 5) il rapporto
previdenziale, relativo ai dipendenti delle Aziende regionali in oggetto è instaurato con l’INPS,
attraverso il versamento della contribuzione per invalidità, vecchiaia e superstiti al Fondo
previdenza lavoratori dipendenti.
La presente controversia nasce dal mancato versamento, da parte dell’ARTE di Genova, nel
periodo maggio-agosto 2009, della contribuzione per maternità e per disoccupazione (quest’ultima,
per i soli operai), ad avviso dell’Istituto dovuta a decorrere dal 10 gennaio 2009, in base all’art. 20,
comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 citato.

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g) neppure si può parlare di “capitale misto”, in quanto ARTE ha acquisito la gestione del
patrimonio di ERP (art. 3, comma 4, legge regionale n. 9 del 1998 cit.) e gode di autonomia
patrimoniale, sicché il patrimonio al momento è interamente pubblico, visto che non risulta essere
stato affidato all’azienda ulteriore patrimonio da parte di soggetti privati, come pure è previsto
dall’art. 3, comma 4, lettera c, della legge regionale richiamata.

L’Istituto ricorda che la disciplina fondamentale relativa alle prestazioni economiche di
malattia in favore dei lavoratori dipendenti è dettata dalla legge 11 gennaio 1943, n. 138, la quale,
fra l’altro, esclude dall’obbligo di versamento del contributo di finanziamento dell’indennità di
malattia (art. 6, secondo comma) le ipotesi in cui il relativo trattamento economico venga
corrisposto per legge o per contratto collettivo dal datore di lavoro o da altri enti. Nella successiva
legislazione, in continuità con le disposizioni dei contratti collettivi corporativi di settore, sono
sempre stati indicati come destinatari dell’indennità giornaliera di malattia soltanto gli operai,
quindi non le altre categorie di personale (come, per esempio, gli impiegati).
La indennità per la maternità è attualmente disciplinata dell’art. 79 del d.lgs. 26 marzo 2001,
n. 151 (come via via modificato) che stabilisce che i datori di lavoro devono provvedere al relativo
finanziamento con un contributo sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti, di misura diversa
a seconda del settore di attività del datore di lavoro stesso.
1.3.- In questa situazione l’INPS sottolinea come l’interpretazione dell’art. 20, comma 2, del
d.l. n. 112 del 2008 cit. sostenuta nella sentenza impugnata — in base alla quale le imprese degli enti
regionali, come l’ARTE in oggetto, sono esclusi dal campo di applicazione della norma — potrebbe
portare alla conclusione o che i dipendenti delle suddette imprese non abbiano diritto a ricevere
alcuna prestazione per maternità o per malattia (visto che il sistema previdenziale è attualmente
integralmente contributivo) ovvero che il relativo finanziamento debba essere posto a carico di tutta
la collettività.
Si tratta, tuttavia, di soluzioni entrambe non appaganti ove si consideri che: a) i dipendenti
dell’ARTE hanno un regolare rapporto previdenziale con l’INPS per invalidità, vecchiaia e
superstiti; b) sulla base dell’art. 38 Cost., sono poste a carico dell’intera collettività soltanto le
prestazioni di tipo assistenziale e non quelle previdenziali, quali sono quelle di cui si discute, che
sono a carico del datore di lavoro e del lavoratore, ai sensi dell’art. 38, secondo comma, Cost. e
dell’art. 2115 cod. civ.
1.4.- Ne consegue che, tenendo conto delle anzidette complessive caratteristiche del nostro
sistema di assicurazione sociale, si deve dare dell’art. 20, comma 2, cit. una interpretazione diversa
da quella sostenuta dalla Corte genovese che, anche raccordando la suddetta norma con quella
contenuta nel precedente primo comma, muova dalla premessa secondo cui l’esenzione dal
pagamento della contribuzione per malattia (operai) e per maternità deve essere prevista in modo
esplicito dalla legge (come accade, appunto nel comma 1 cit.).
A ciò va aggiunto che — diversamente da quanto ritenuto dalla Corte genovese — l’elenco di
enti contenuto nella prima parte dell’art. 20, comma 2, in oggetto non si può considerare tassativo,
ma solo esemplificativo, di tutti i tipi di imprese dipendenti sia dallo Stato sia da enti pubblici, in
specie territoriali, come Regioni Province e Comuni, per il cui personale (qualunque sia l’ente
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1.2.- Tale ultima disposizione stabilisce che: “a decorrere dal 1° gennaio 2009, le imprese
dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto sono tenute a
versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per maternità; b) la contribuzione per
malattia per gli operai”.

p- revidenziale competente per la previdenza IVS) è comunque dovuta all’INPS la contribuzione c.d.
minore (per malattia degli operai e per maternità).

Del resto, la diversa soluzione adottata dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata si
risolve in una ingiustificata sottrazione di alcuni enti ad un obbligo previsto dalla legislazione
statale nella materia della previdenza obbligatoria riservata alla competenza esclusiva dello Stato, ai
dell’art. 117, secondo comma, lettera o, Cost.
1.5.- Né va omesso di considerare che, nella specie, l’art. 19 della legge della Regione Liguria
— di cui la Corte d’appello non ha tenuto conto — precisa che il trattamento previdenziale da
applicare ai lavoratori dell’ARTE è quello delle aziende municipalizzate, cioè delle aziende alle
quali anche la attuale controricorrente riconosce che si applica l’art. 20, comma 2, cit.
Ne deriva che lo stesso legislatore regionale ha, sia pure indirettamente, riconosciuto la
esistenza in capo all’ARTE di tutti gli obblighi contributivi propri delle aziende municipalizzate.
1.6.- L’INPS soggiunge di non condividere neppure l’affermazione della Corte genovese
secondo cui, benché in base allo statuto l’ARTE sia stata abilitata allo svolgimento di attività
imprenditoriale di tipo privatistico, tuttavia, è da escludere che si sia avuta una privatizzazione in
senso formale o sostanziale, perché l’Azienda non ha mai di fatto esercitato le attività del suddetto
tipo.
Al riguardo l’Istituto sostiene, in primo luogo, che l’espressione “privatizzate o a capitale
misto” contenuta nell’art. 20, comma 2, cit. si riferisca soltanto alle imprese degli enti locali (in
particolare, dei Comuni).
In secondo luogo, il ricorrente ricorda come sia stata la stessa Azienda a dichiarare alla
Camera di Commercio di essersi trasformata da ente di diritto pubblico in ente privato, ricevendo
una attestazione utilizzata nei rapporti con i terzi, ivi compreso l’ente previdenziale.
1.7.- Infine si rileva che è erronea l’esclusione dell’esistenza di un “capitale misto”, visto che
oltre alla gestione del patrimonio locale di edilizia residenziale pubblica è stata prevista per l’ARTE
la possibilità di gestire anche patrimoni privati (e ai presenti fini è irrilevante che finora ciò non sia
accaduto), sicché vi è l’attitudine l’azienda a divenire a capitale misto, sulla base della legislazione
regionale e dello statuto.
Peraltro, la stessa Corte d’appello riconosce che ARTE utilizza forme privatistiche nella
propria attività, sicché è contraddittorio che da tale premessa non si sia fatta derivare la conclusione
della natura privatistica dell’azienda, essendo la suddetta utilizzazione tipica delle società
commerciali.
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La locuzione “imprese degli enti pubblici”, in altri termini, non può che essere intesa nel
suddetto senso omnicomprensivo, che ne consente l’applicazione a tutte le attività svolte in forma
imprenditoriale da qualsiasi ente pubblico, a prescindere dal veicolo giuridico utilizzato per
l’esercizio dell’attività stessa.

III — Esame delle censure

Ne consegue che, nella specie, non ha alcun rilievo la circostanza — cui si fa riferimento nel
controricorso — che la tesi interpretativa sostenuta dall’INPS nel ricorso sia stata avanzata
dall’Istituto per le prima volta nel presente giudizio di cassazione, essendo pacifico che tale tesi
riguarda questioni che hanno già formato oggetto del thema decidendum nel giudizio di merito.
3.- Il ricorso è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.
4.- In considerazione della novità delle questioni da trattare, per una loro migliore
comprensione si ritiene opportuno partire da una ricognizione dell’assetto costituzionale della
complessa materia della “edilizia residenziale pubblica”, in cui si inserisce l’attività svolta dagli
Istituti Autonomi Case Popolari (d’ora in poi: IACP) e dagli altri enti o strutture che li hanno
sostituiti (come l’Azienda controricorrente).
5.- Al riguardo va ricordato che, prima della riforma del Titolo V della Parte II della
Costituzione, la Corte costituzionale ha precisato che “trattasi di materia essenzialmente composita,
articolantesi in una triplice fase: la prima, avente carattere di presupposto rispetto alle altre,
propriamente urbanistica; la seconda, di programmazione e realizzazione delle costruzioni,
concettualmente riconducibile ai “lavori pubblici” […]; la terza, infine, attinente alla prestazione e
gestione del servizio della casa (disciplina delle assegnazioni degli alloggi, in locazione od in
proprietà, ecc.), limitatamente all’edilizia residenziale pubblica in senso stretto” (sentenza n. 221
del 1975).
Nella successiva evoluzione della giurisprudenza costituzionale è stata sempre più sottolineata
la “vocazione” regionale della suddetta materia (sentenza n. 27 del 1996), ponendosi l’accento sulla
indissolubile connessione della cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica con
l’assegnazione degli stessi (sentenza n. 486 del 1992), ammettendosi soltanto una disciplina-quadro
statale, che definisse i criteri fondamentali sulle modalità di alienazione degli alloggi stessi, sul
presupposto che questi ultimi potessero essere realizzati con il contributo statale (sentenza n. 486
del 1995).
6.- Dopo la riforma costituzionale, il Giudice delle leggi ha rilevato che “il quadro sistematico
non è cambiato, nel senso che la consistenza della materia non ha subito variazioni dipendenti da
una nuova classificazione costituzionale o da una diversa sistematizzazione legislativa di principio”,
pur essendo cambiati alcuni termini di riferimento, “in conseguenza del mutamento dei criteri della
sistematica costituzionale sul riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni”.
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2.- Preliminarmente va ricordato che è jus receptum che nel giudizio di cassazione è preclusa
la proposizione di nuove questioni di diritto soltanto nel caso in cui le stesse implichino, anche in
ordine agli elementi di fatto, una modificazione dei termini della controversia, mentre è consentito
dedurre nuove tesi giuridiche e nuovi profili di difesa quando essi si fondino sugli stessi elementi di
fatto già dedotti davanti al giudice di merito e per essi quindi non sia necessario un nuovo
accertamento (vedi, per tutte: Cass. 14 ottobre 2005, n. 20005; Cass. 5 giugno 2003, n. 8993; Cass.
9 maggio 2000, n. 5845; Cass. 21 novembre 1995, n. 12020).

Conseguentemente, è stato ritenuto che lo Stato abbia titolo per intervenire nella materia
dell’edilizia residenziale pubblica, attraverso l’approvazione di un piano nazionale di edilizia
abitativa che si affianca ai piani regionali (sentenza n. 121 del 2010 cit.).
7.- Nel suddetto terzo livello normativo si iscrive l’attività di gestione degli alloggi, di
rispettiva proprietà, svolta dagli IACP e dagli altri enti o strutture sostitutivi di questi, che la stessa
Corte costituzionale qualifica come “enti strumentali delle Regioni” (sentenze n. 94 del 2007 e n.
121 del 2010), enti che tuttavia devono svolgere la loro attività senza scavalcare le possibili scelte
gestionali della Regione di appartenenza, non potendo avere un titolo giuridico autonomo che li
autorizzi ad agire in contrasto con le “linee direttive regionali”.
La suddetta configurazione trova corrispondenza in quella riservata agli IACP prima della
citata riforma costituzionale del 2001, che, come si è detto, non ha inciso sulla determinazione della
consistenza della materia dell’edilizia residenziale pubblica.
Va, al riguardo, ricordato che l’art. 93 del d.P.R. n. 616 del 1977, dopo avere previsto il
formale trasferimento alle Regioni ordinarie della competenza legislativa nella suddetta materia
(primo comma), aveva anche, coerentemente, incluso nel trasferimento “le funzioni statali relative
agli IACP fermo restando il potere alle regioni … di stabilire soluzioni organizzative diverse”
(secondo comma), pur essendo stato demandato ai Comuni il cosiddetto servizio della casa (art. 95
del d.P.R. n. 616) e pur permanendo penetranti poteri di programmazione in capo allo Stato.
Come ha rilevato la Corte costituzionale, in questo particolare sistema, caratterizzato
dall’intrecciarsi di competenze dell’apparato statale, delle amministrazioni regionali e degli IACP,
comunque, non potevano nutrirsi dubbi sulla “coordinazione” esercitabile dalle Regioni sugli IACP,
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Per effetto di tale mutamento, la consolidata giurisprudenza costituzionale, ha affermato che
la materia dell’edilizia residenziale pubblica, non espressamente contemplata dall’art. 117 Cost.,
continua ad essere tripartita, ma non più in tre fasi, bensì in tre livelli normativi (sentenze n. 94 del
2007 e n. dl 2010, nonché ordinanza n. 325 del 2013) : a) il primo, riguardante “la determinazione
dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti, e “in tale
determinazione — che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. — si inserisce la fissazione di principi che valgano a
garantire l’uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto
prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995”; b) “il secondo livello normativo riguarda la
programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia
‘governo del territorio’, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost.”, come, in particolare, precisato
dalla sentenza n. 451 del 2006 della Corte costituzionale; c) “il terzo livello normativo, rientrante
nel quarto comma dell’art. 117 Cost., riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia
residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a
questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale” (sentenze n. 94 del 2007 e n. 121
del 2010). Peraltro, la Corte costituzionale ha anche precisato che “la determinazione dei livelli
minimi di offerta abitativa per specifiche categorie di soggetti deboli non può essere disgiunta dalla
fissazione su scala nazionale degli interventi, allo scopo di evitare squilibri e disparità nel
godimento del diritto alla casa da parte delle categorie sociali disagiate” (sentenza n. 166 del 2008).

sulla competenza regionale riguardante la ristrutturazione degli enti medesimi, così come sulla
persistente autonomia gestionale degli IACP, al pari di quella di tutti gli altri enti ed organismi ad
essi affiancati (Corte cost. sentenza n. 243 del 1985).

Dopo la riforma costituzionale del 2001 tale produzione legislativa regionale si è
ulteriormente intensificata e si è tradotta — per alcune Regioni, come la Liguria, vedi legge 29
giugno 2004, n. 10 e legge 11 maggio 2009, n. 16 — nell’emanazione di ulteriori leggi di riforma.
Tutto questo ha portato alla istituzione di una molteplicità di “enti riformati”, ai quali sono
state attribuite svariate denominazioni (Aziende, Agenzie etc.), tutte dirette a porre in risalto il
nuovo ruolo imprenditoriale attribuito agli enti.
Quanto all’assetto istituzionale, in un primo momento le scelte dei legislatori regionali non si
sono discostate troppo dalla forma tradizionale propria degli IACP: natura di ente pubblico dotato di
organizzazione, amministrazione e contabilità autonome, ruolo strumentale dell’ente rispetto alla
Regione che ne esercita il controllo.
Molte leggi regionali, per effetto della disposta trasformazione dei suddetti enti in enti
pubblici economici, prevedono la loro possibile partecipazione a consorzi, società miste e ad altre
forme di raggruppamento temporaneo, a volte anche per fini non istituzionali.
La legge della Liguria del 1998, configurando ARTE come ente pubblico economico, prevede
tale partecipazione solo per i propri fini istituzionali.
In questa situazione si sono determinate notevoli difficoltà per stabilire quanto, nei nuovi enti,
sia rimasto pubblico e quanto invece sia privato e un indicatore considerato utile per valutare la
“oscillazione” verso il privato — secondo FEDERCASA (vedi il relativo sito “internet” ufficiale,
consultabile in questa sede Cass. 2 dicembre 2011, n. 25813 e Cass. 29 dicembre 2009, n. 27630) —
è costituita dalla “possibilità per gli enti pubblici economici di partecipare o costituire società per
l’esercizio dei compiti istituzionali o per altre attività imprenditoriali nel settore” (come accade
anche per la legislazione ligure).
9.- Parallelamente alle anzidette trasformazioni il personale dipendente dagli enti è passato dal
Comparto di contrattazione collettiva delle Regioni e Autonomie locali a quello degli enti pubblici
economici del settore dell’edilizia, cioè a quello dei Dipendenti delle aziende per l’edilizia
residenziale pubblica aderenti a FEDERCASA.
Di ciò tiene conto anche la legge della Regione Liguria n. 9 del 1998 cit. che all’art. 19
stabilisce che: “al personale delle Aziende si applica il trattamento giuridico, economico e
previdenziale previsto dal contrario collettivo nazionale del lavoro proprio degli IACP trasformati
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8.- Solo a partire dalla seconda metà degli anni novanta le Regioni hanno cominciato ad
utilizzare, in modo significativo, la competenza legislativa loro riconosciuta, introducendo sensibili
riforme del settore, comportanti la trasformazione degli enti di edilizia residenziale spesso in enti
pubblici economici. Tra le prime leggi regionali rientra anche la legge 12 marzo 1998, n. 9 della
Regione Liguria, che ha preceduto di pochi giorni il d.lgs. n. 112 del 1998.

in Aziende o in mancanza, per quanto compatibile con la natura dell’ente, quello delle Aziende
Municipalizzate”.

Fino a quando gli IACP sono rimasti pubbliche amministrazioni le prestazioni relative alla
c.d. previdenza minore (per malattia degli operai e per maternità) sono state regolate dal regime
proprio di tali amministrazioni secondo cui il relativo trattamento economico viene corrisposto
direttamente dalle amministrazioni o enti di appartenenza.
Nulla è stato espressamente disposto con riguardo alle suindicate (di c.d. previdenza minore)
in riferimento ai dipendenti degli enti e delle strutture sostitutivi degli IACP, ma, come regola
generale, per gli iscritti all’INPS per l’assicurazione IVS è sempre l’INPS a provvedere anche alle
prestazioni della c.d. previdenza minore, sulla base dei contributi versati dai datori di lavoro.
11.- Ne consegue che, nel silenzio della legge, non può che farsi riferimento a tale regola
generale, che corrisponde anche all’esigenza di applicare a tutti i dipendenti dei suddetti enti —
comunque denominati e configurati — la medesima disciplina anche previdenziale, in armonia con
ciò che accade per il rapporto di lavoro, secondo quanto risulta dal CCNL FEDERCASA 20062009 (esaminabile direttamente dato il tipo di censure di cui si tratta).
Infatti, nell’art. 1 di tale contratto si è stabilito che esso fosse destinato a disciplinare “i
rapporti tra le Aziende, le società e gli enti pubblici economici, di seguito le Aziende aderenti a
FEDERCASA in qualità di soci ordinari” e i lavoratori dipendenti (art. 1, comma 1) in forza al 10
gennaio 2006 ovvero assunti o dimessi dalle aziende nel corso di validità del contratto medesimo
(art. 80), con effetto immediato per gli “ex IACP (comunque denominati) in precedenza ricompresi
nel Comparto di contrattazione pubblica “Regioni — autonomie locali” o altri Comparti che, a
seguito di leggi regionali di riforma, all’atto della stipulazione del presente contratto, hanno già
assunto la natura giuridica di cui al comma 1″(art. 1, comma 2) e comunque, anche nei confronti
degli enti trasformati successivamente alla stipulazione del contratto stesso, secondo la disciplina
ivi contenuta (art. 1, comma 3). Si è altresì “esclusa l’applicazione anche parziale di altri contratti
nazionali collettivi di categoria” (art. 1, comma 5).
Nel contratto stesso è stata dettata anche la disciplina per la malattia e la maternità e paternità
dei dipendenti, stabilendosi che le relative disposizioni sarebbero entrate in vigore con il 31
dicembre dell’anno successivo a quello di prima applicazione del contratto stesso e aggiungendosi
che “fino a tale data restano in vigore le disposizioni di cui al CCNL Regioni-Autonomie locali
applicate in precedenza” (art. 80 cit.).
8

10.- Dal punto di vista previdenziale e pensionistico il personale degli IACP (in coerenza con
la rilevata natura degli enti, confermata anche dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, che
comprende gli IACP tra le “amministrazioni pubbliche”) è stato iscritto all’INPDAP, gestione ex
CPDEL (che poi è confluito nell’INPS, a decorrere dal 1° gennaio 2012, ai sensi del d.l. 6 dicembre
2011, n. 201, convertito dalla legge 27 dicembre 2011, n. 214), mentre, man mano che venivano
disposte le suddette trasformazioni, i dipendenti degli enti o strutture sostitutivi degli IACP sono
stati iscritti all’INPS, per l’assicurazione IVS (c.d. previdenza maggiore).

12.- Quello sommariamente delineato è il quadro in cui si inserisce l’art. 20, comma 2, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
La disposizione — si ripete, per chiarezza espositiva — ha il seguente tenore:
“A decorrere dal 1° gennaio 2009, le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali
privatizzate e a capitale misto sono tenute a versare, secondo la normativa vigente: a) la
contribuzione per maternità; b) la contribuzione per malattia per gli operai”.
Già dal fatto che in essa si faccia riferimento alle “imprese dello Stato” è facile desumere —
secondo una interpretazione del testo costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di
cui all’art. 3 Cost. — che all’elencazione in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo.
Infatti, com’è noto, l’espressione “imprese di Stato” che ricorre nel linguaggio comune o in
quello giornalistico, dal punto di vista giuridico — cioè come volta ad indicare lo svolgimento diretto
da parte dello Stato di un’attività economica, costituita dall’offerta di beni e servizi in un mercato, a
scopo di lucro — non ha cittadinanza negli Stati membri della UE, ponendosi in contrasto con gli
artt. 106 e 107 TFUE, come interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte, Comunicazione
della Commissione UE sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di
Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e ivi ampi richiami).
Ne consegue che la suddetta espressione — tenendo conto anche degli artt. 11 e 117 Cost. —
non può che essere intesa in senso a-tecnico, come riferita alle “imprese partecipate, in tutto o in
parte, dallo Stato” (vedi INPS — Circolare n. 114 del 30 dicembre 2008 e INPDAP — Nota operativa
n. 18 del 22 dicembre 2009 nonché Nota 20 luglio 2011, n. 18).
13.- È pertanto, evidente, che la stessa valenza a-tecnica debba essere attribuita alla restante
parte dell’elencazione contenuta nel citato comma 2, che quindi va inteso nel senso di assoggettare
alla contribuzione ivi prevista (da effettuare all’INPS) : a) tutte le imprese degli pubblici e degli enti
locali (di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n.267 e successive modificazioni e integrazioni), che sono
state interessate, per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione, da processi di
privatizzazione avviati nel corso degli anni ’90 ed ancora in via di completamento e che hanno
continuato ad essere assoggettate ad un regime previdenziale di tipo pubblicistico, nonché a regimi
speciali riconosciuti alle medesime in forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le imprese
9

In una dichiarazione congiunta finale le 00.SS. hanno concordato “di operare per
l’unificazione dei CCNL del personale dipendente degli IACP comunque denominati avendo come
riferimento il CCNL FEDERCASA” impegnandosi ad attivarsi “per creare le condizioni del
trasferimento dal CCNL degli Enti Locali al CCNL FEDERCASA per i dipendenti degli IACP
comunque denominati e non aziendalizzati”, informando “preventivamente la Conferenza
Nazionale delle Regioni e l’ANCI di tale intenzione affinché si possano attivare le procedure atte ad
accogliere gli effetti di tale accordo” e auspicando “che le Istituzioni competenti e sopra citate
accolgano favorevolmente quanto viene esposto alla loro attenzione al fine di favorire politiche
unitarie nell’ambito del servizio di interesse generale quale l’edilizia sociale”.

.a capitale misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonché le imprese costituite a seguito di
trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico, i cui dipendenti già assoggettati a regimi
previdenziali speciali sono poi confluiti nell’INPDAP.

Anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nella risposta ad interpello n. 12/2010
del 2 aprile 2010, ha ribadito all’interpellante FEDERCASA che agli ex IACP è comunque
applicabile l’art. 20, comma 2, in oggetto ed ha soggiunto che, quanto alla contribuzione per la
disoccupazione involontaria, resta l’esonero per gli enti di edilizia residenziale pubblica che, in sede
di trasformazione, abbiano assunto natura giuridica di enti pubblici non economici, perché operano
nell’ambito della stabilità di impiego. Mentre l’esonero viene meno per gli enti che rivestono natura
di enti pubblici economici o di società di capitali, anche se in grado di assicurare la stabilità
suddetta ai propri dipendenti.
14.- La suddetta interpretazione non solo è l’unica conforme al dichiarato obiettivo del d.l. n.
112 del 2008 di “promuovere lo sviluppo economico, semplificare e razionalizzare l’organizzazione
amministrativa” e di semplificare i rapporti di lavoro, “onde determinare effetti positivi in termini di
crescita economica e sociale”, ma è anche quella che pone la norma maggiormente in armonia
anche con il precedente art. 18 del decreto — che è quello con il quale ha inizio il capo intitolato
“Liberalizzazioni e de regolazione” in cui è inserito anche l’art. 20 — ove è stata prevista una
particolare e articolata disciplina per il reclutamento del personale delle società a totale o parziale
partecipazione pubblica, non condizionata dal rispetto dell’obbligo del pubblico concorso, propria
del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ex art. 97 Cost.
Né va omesso di considerare che tale interpretazione è anche conforme all’indicato auspicio
delle 00.SS. “di favorire politiche unitarie nell’ambito del servizio di interesse generale quale
l’edilizia sociale”, essendo evidente che — data la proliferazione degli enti cui è stata attribuita la più
varia natura — un aspetto importante della auspicata unitarietà è senz’altro costituito dalla
sottoposizione di tutti i lavoratori del settore alla medesima disciplina sostanziale (come indicato
nel citato CCNL FEDERCASA) e previdenziale.
Soltanto attraverso la suindicata interpretazione del comma 2 dell’art. 20 del d.l. cit. tale
obiettivo è raggiungibile e la norma può anche consentire — in conformità alla sua ratio —di
uniformare la disciplina relativa ai predetti obblighi contributivi per tutti gli ex IACP e con quella
prevista per la generalità dei datori di lavoro privati (vedi: Cass. 10 marzo 2010, n. 5816).
15.- A fronte di questa situazione appare del tutto irrilevante la mancata menzione nel testo
della disposizione delle Regioni e/o degli enti strumentali regionali (quali sono gli ex IACP) per le
seguenti ragioni: a) le espressioni usate nella elencazione degli enti, come si è detto, sono a-tecniche
e, come tali, vanno lette in modo logico-sistematico, in primis tenendo conto della finalità della
norma; h) non mancano nella legislazione più recente casi in cui le Regioni sono comprese “gli enti
pubblici” (vedi, ad esempio, art. 2 del d.lgs. 16 gennaio 2013, n. 13); c) si deve tenere conto anche
della disciplina dettata per il reclutamento del personale delle società pubbliche dal precedente art.
10

Fra queste ultime imprese rientrano, appunto, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le
imprese ex municipalizzate, gli ex IACP e gli Istituti di credito di diritto pubblico privatizzati.

16.- A tutto ciò consegue che, come chiarito dall’INPDAP, nelle citate note, per effetto
dell’art. 20, comma 2, in oggetto, a partire dal 1° gennaio 2009, le imprese sopra individuate sono
tenute a versare all’INPS, secondo la normativa vigente, la contribuzione per maternità e malattia,
mentre l’INPS è tenuto ad erogare, a tutti i dipendenti delle suddette imprese, le prestazioni
economiche di maternità — riferite ai congedi di maternità/paternità, ai congedi parentali ed ai riposi
giornalieri “per allattamento”, ai permessi di cui all’articolo 33 della legge 104 del 1992, ricompresi
nelle disposizioni legislative di cui al d.lgs. n. 151 del 2001 e successive modificazioni — nonché,
ove previsto, le indennità giornaliere di malattia.
Il versamento delle predette contribuzioni deve essere effettuato “secondo il settore di
appartenenza”, anche nel caso in cui specifiche previsioni contrattuali impongano alle stesse di
corrispondere al lavoratore la retribuzione globale. Infatti, i trattamenti previsti dai contratti
collettivi sono da intendere come integrativi delle indennità (di maternità/paternità e malattia) a
carico dell’INPS, sicché se il trattamento contrattualmente previsto è di importo superiore rispetto
all’indennità a carico dell’INPS, lo stesso resta a carico del datore di lavoro limitatamente alla quota
differenziale, mentre se il trattamento economico contrattuale è di importo pari o inferiore rispetto a
quello previsto per legge si applica esclusivamente la disciplina di legge (vedi INPS, Circolare n.
114 del 30 dicembre 2008 e messaggi n. 3352, n. 5730, n. 15680 rispettivamente del 10 febbraio
2009, del 10 marzo 2009, dell’8 luglio 2009).
Va, inoltre, tenuto presente che, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel risposta
alla istanza di interpello n. 14/2013, del 17 aprile 2013, ha precisato che, dovendo il suddetto
versamento contributivo essere effettuato “secondo il settore di appartenenza”, per il contributo per
la malattia si deve considerare che l’indennità giornaliera di malattia spetta “ai lavoratori dipendenti
con qualifica di operai e apprendista, nonché per le qualifiche impiegatizie, nei casi previsti per il
settore di appartenenza delle imprese medesime”.
17.- La Corte d’appello, nella sentenza impugnata, ha escluso l’obbligo di ARTE della
Provincia di Genova di versare i contributi in argomento sulla base di una interpretazione dell’art.
20, comma 2, cit. molto legata al dato testuale che l’ha portata a ritenere che, pur volendo
considerare compresi dalla norma gli enti regionali, comunque essa sarebbe inapplicabile all’ARTE
cit., in quanto tale ente, pur avendo assunto natura ibrida, non avrebbe i requisiti per
l’assoggettamento alla contribuzione in oggetto, rappresentati dalla avvenuta “privatizzazione” e dal
capitale di tipo misto.
In primo luogo, per quel che si è detto, tale impostazione risulta essere basata su una premessa
non condivisibile, rappresentata dal considerare il testo della norma come preciso dal punto di vista
tecnico-giuridico, mentre esso va inteso in senso a-tecnico ed omnicomprensivo di tutti gli enti che
svolgono attività di impresa a partecipazione pubblica (di qualsiasi tipo).
Peraltro, nel caso di specie, essa risulta anche contraria alla legislazione regionale di
rifermento.
11

18; d) comunque, ricomprendere gli enti strumentali delle Regioni (o anche le Regioni) fra gli “enti
pubblici”, se non è preciso non è comunque scorretto.

Infatti, l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria n. 9 del 1998 — non modificato
sul punto — definisce gli ARTE regionali come enti pubblici economici, strumentali alla Regione,
dotati di personalità giuridica, che perseguono, sia pure con forme privatistiche, finalità proprie
della Regione e prevede altresì che alle Aziende possa essere affidato, oltre al patrimonio pubblico
anche ulteriore patrimonio da parte di soggetti privati (art. 3, comma 4, della legge regionale
richiamata).

Pertanto — diversamente da quel che afferma la Corte genovese — non può comunque
escludersi che, nel caso di specie, l’ente di cui si tratta abbia acquisito natura tale da essere
ricompreso nella sfera di applicazione della norma impugnata, in quanto ai suddetti fini è sufficiente
fare riferimento alla configurazione che all’ente è stata data dal legislatore regionale, mentre non è
rilevante il fatto che alcune tra le previste disposizioni — destinate ad incrementare gli aspetti
privatistici dell’attività della Azienda — non abbiano avuto ancora applicazione.
IV

Conclusioni

17.- Per le suesposte ragioni il ricorso dell’INPS deve essere accolto e la sentenza della Corte
di appello di Genova deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito, rigettando le opposizioni di ARTE della Provincia di Genova
alle cartelle di pagamento indicate in dispositivo.
La novità e la complessità delle questioni trattate, rappresentano giusti motivi per una
integrale compensazione, tra le parti, delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le
opposizioni di ARTE della Provincia di Genova alle cartelle di pagamento n. 048 2010 00301377
24 e n. 048 2011 00104565 76. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così a eciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 19 novembre 2013.

Va aggiunto che la legislazione ligure prevede anche la possibilità per i suddetti enti pubblici
economici di partecipare o costituire società per l’esercizio dei compiti istituzionali o per altre
attività imprenditoriali nel settore.

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