Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2756 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. I, 05/02/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 05/02/2021), n.2756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 3675/2019 r.g. proposto da:

D.I., elettivamente domiciliato in Termoli Corso Nazionale

75, presso lo studio dell’Avv.to Simone Coscia, che lo rappresenta e

difende come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

27/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

SANLORENZO Rita, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

uditi, per il Ministero, l’Avv. Massarelli, che ha chiesto

respingersi l’avverso ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Campobasso, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 27/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in ordine alle istanze avanzate da D.I., nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal Mali aveva riferito alla Commissione Territoriale di essere fuggito dal proprio paese in quanto lo zio con il quale viveva ed i suoi cugini lo picchiavano e maltrattavano.

Avverso il decreto del Tribunale di Campobasso il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva, se non nei limiti della udienza di discussione.

3. Con ordinanza interlocutoria del 26.6.2020, la Prima Sezione di questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza in relazione alla doglianza prospettata nel primo motivo e relativa all’audizione del richiedente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. g), per avere ritenuto infondato il ricorso riguardo al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria nonostante ne fossero presenti tutti i presupposti. Inoltre il Tribunale non aveva ritenuto di disporre l’audizione del ricorrente adottando passivamente ed acriticamente le motivazioni della Commissione Territoriale, senza esercitare i poteri istruttori in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2, in riferimento sempre all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice di merito ha revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ritenendo manifestamente infondate le ragioni del ricorso.

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Il primo motivo è, in parte, infondato e, per altra, inammissibile.

3.1.1 Sotto il primo profilo ed in relazione alla questione dell’audizione giudiziale del richiedente, giova ricordare che, secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone le ragioni), in riferimento al procedimento D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui verbatim “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”).

3.1.2 Ciò posto, osserva la Corte come la doglianza articolata dal ricorrente sul punto qui in discussione risulti, in primis, infondata perchè – secondo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità sopra menzionata (e qui confermata) – non esiste un obbligo dell’autorità giudiziaria ad ascoltare in sede giurisdizionale il richiedente e, inoltre, la stessa si presenti del tutto generica e dunque irricevibile, non spiegando e non specificando il richiedente, nel presente ricorso per cassazione, i fatti a suo tempo dedotti a fondamento dell’istanza di audizione innanzi ai giudici del merito ed i profili di credibilità del racconto non approfonditi nelle precedenti fasi di giudizio.

Ne consegue il complessivo rigetto del primo motivo.

3.1.3 Nel resto, il motivo si compone di generiche doglianze in ordine ai principi regolatori della materia in esame, senza mai confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato e senza censurarne le rationes decidendi che, in ordine al diniego della richiesta protezione internazionale anche nella forma della tutela sussidiaria, riposano, da un lato, sul giudizio di non credibilità del racconto del richiedente e, dall’altro, sulla non riconducibilità della vicenda raccontata nel paradigma applicativo della normativa protettiva invocata.

4.2 Il secondo motivo è inammissibile.

La censura è inammissibile alla luce della recente sentenza delle S.U. di questa Corte n. 4315 del 2020, nella quale è stato affermato che il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato (ritualmente con separato decreto o all’interno del provvedimento di merito) anche per manifesta infondatezza, deve essere sempre considerato autonomo e, di conseguenza, soggetto ad un separato regime d’impugnazione, ovvero l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ed D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15. Contro tale provvedimento è ammesso il ricorso ex art. 111 Cost.. E’ escluso, anche in questa ipotesi, che della revoca irritualmente disposta dal giudice, nel provvedimento che decide sul merito della domanda (o delle domande) proposta dalla parte, possa essere investita la Corte di Cassazione in sede di ricorso avverso la decisione, essendo necessario ricorrere alla sequenza procedimentale sopra delineata.

Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, con esclusivo riferimento all’attività svolta dal difensore nella discussione in pubblica udienza, come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 300 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

 

 

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