Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27559 del 21/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 27559 Anno 2017
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso 4483 – 2016 proposto da:
P.M. IMMOBILIARE SRL in persona dell’A.D. – legale
rappresentante p.t. Dr. DAVIDE ALFONSO AVERSANO, SERI
SPA in persona dell’A.U. VITTORIO CIVITILLO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL POZZETTO
122, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CARBONE,
2017
1931

rappresentati e difesi dagli avvocati UMBERTO GENTILE,
CARLO GRILLO giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 21/11/2017

S. ANNA SRL in persona del legale rappresentante p.t.
l’amministratore unico DE BARTOLOMEIS ANTONELLA,
domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato PAOLO DE SILVA giusta procura speciale

– controricorrente

avverso la sentenza n. 4534/2015 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 23/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/10/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA
GRAZIOSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato UMBERTO GENTILE anche per delega
orale dell’Avv. CARLO GRILLO;

in calce al controricorso;

4483/2016

FATTI DI CAUSA

1. Con contratto stipulato il 3 novembre 2008 S.Anna S.r.l. concedeva in locazione a PM
Immobiliare S.r.l. un capannone industriale per la durata di sei anni, rinnovabile per altri sei,
con scadenza in tal caso il 5 novembre 2020, determinando il canone annuo in C 140.000 oltre
a Iva e aggiornamento annuale Istat. Dopo alcune cause in cui era stata dichiarata la sua

inadempimento della locatrice rispetto all’obbligo di produrre la certificazione di agibilità, la cui
mancanza avrebbe impedito l’attività della recedente.
Con ricorso depositato il 13 giugno 2012 S.Anna S.r.l. adiva il Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere perché fosse dichiarata l’invalidità/inefficacia del recesso della conduttrice, e fossero
condannati quest’ultima e la sua fideiubente SERI S.p.A. al pagamento di tutti i canoni dovuti
dal 6 ottobre 2011 al 5 novembre 2020, oltre a rivalutazione secondo Istat al 100% e
interessi dalla scadenza dei ratei. Con sentenza del 28 marzo 2014 il Tribunale rigettava le
domande di S.Anna S.r.l.
Avendo quest’ultima proposto appello, ed avendo ad esso resistito le controparti, la Corte
d’appello di Napoli, con sentenza del 13-23 novembre 2015, accoglieva parzialmente il
gravame, dichiarando inefficace il recesso e cessato il contratto per sopravvenuta disdetta alla
fine del primo sessennio, cioè il 5 novembre 2014, condannando le appellate in solido a pagare
all’appellante i canoni dovuti dal 6 novembre 2011 al 5 novembre 2014 nella misura di C
439.883 oltre a Iva e interessi.
2. Hanno presentato ricorso PM Immobiliare S.r.l. e SERI S.p.A. sulla base di quattordici
motivi, da cui si difende con controricorso S. Anna S.r.l.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso è infondato.
3.1 D primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione e falsa
applicazione dell’articolo 434 c.p.c., inammissibilità e/o nullità dell’appello e nullità della
sentenza per mancata confutazione nell’atto di appello delle ragioni della sentenza di primo
grado.
Quest’ultima avrebbe imperniato, infatti, la decisione “sul diniego di agibilità intervenuto nel
2010 e sull’impossibilità da parte del conduttore di richiedere il certificato di agibilità, in quanto
privo di qualsivoglia legittimazione”; e l’appellante avrebbe, nel gravame, “continuato a far
riferimento alla conoscibilità della carenza del certificato di agibilità e non al problema emerso
successivamente, ossia il diniego del certificato di agibilità”, non censurando neppure la
3

morosità, la conduttrice, con lettera del 4 marzo 2011, comunicava il recesso per

”carenza di legittimazione del conduttore” a richiedere tale provvedimento amministrativo e la
indispensabilità di quest’ultimo per l’esercizio dell’attività economica, né adducendo alcunché
sul “motivo vero e proprio su cui si incentra il mancato rilascio del certificato di agibilità”.
Il motivo è palesemente infondato, dal momentQ_qiiel,che_idèfinisce fondamento della sentenza
di primo grado è stato logicamente assorbito dalla sentenza di secondo grado come irrilevante
laddove ha individuato la dirimente ragione dell’accoglimento dell’appello, ovvero la piena
conoscenza della situazione del capannone da parte della conduttrice fin da quando fu stipulato

3.2 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione degli
articoli 342 e 434 c.p.c., nonché nullità della sentenza per avere il giudice d’appello ritenuto
ammissibile il gravame in difetto dei requisiti di cui all’articolo 434 c.p.c.
Si tratta, in sostanza, della riproposizione di quanto era già stato eccepito dinanzi alla corte
territoriale, che – come il motivo stesso evidenzia – era stato disatteso con apposita
motivazione, la quale si rinviene alle pagine 5-6 della sentenza e può ben definirsi specifica e
congrua. Le argomentazioni che i ricorrenti agitano in effetti per inficiarla presentano in realtà
natura fattuale sulle vicende amministrative relative al certificato di agibilità (ricorso, pagine
13-14). Come quindi nel precedente motivo, i ricorrenti tentano di ricondurre alla nullità della
sentenza quel che è in realtà annoverabile al thema decidendum di merito che la pronuncia di
secondo grado ha affrontato. Il motivo pertanto non ha alcun pregio.
3.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli
27 I. 392/1978, 115 c.p.c., 11, 32 e 36 d.p.r. 380/2001.
Si adduce che la comunicazione del recesso non si sarebbe fondata solo sul mancato
conseguimento dopo tre anni dalla stipulazione del contratto del certificato di agibilità
dell’immobile, “ma soprattutto” sui requisiti minimi ex lege necessari per gli immobili e per
l’esercizio dell’attività contrattualmente pattuita: ciò emergerebbe dalla comunicazione stessa
del recesso. Vengono poi richiamati gli articoli 2 e 5 del contratto, sostenendo che avrebbe
costituito ragione del recesso ex articolo 27 I. 392/1978 il “fatto nuovo” della comunicazione
formale del Comune che il certificato non avrebbe potuto mai essere rilasciato, e aggiungendo
che le opere sarebbero state urbanisticamente irregolari e l’immobile sottoposto a vincolo
paesaggistico, con conseguente impossibilità di ogni uso lecito dell’immobile. Avrebbe dunque
errato la sentenza d’appello dove afferma incontestato il fatto che la conduttrice abbia
continuato ad esercitare la sua attività nell’immobile, “essendo in re ipsa la prova del mancato
utilizzo lecito” per carenza dei requisiti minimi ex lege.
Il motivo è palesemente contraddittorio. Dapprima, infatti, adduce che il recesso ex articolo 27
non si sarebbe fondato sulla situazione dell’immobile tre anni dopo la stipulazione del
4

4/

il contratto locatizio.

contratto, bensì sui requisiti minimi di legge – cioè su un elemento presente

ab origine

all’epoca della stipulazione -; e poi si fonda un asserito “fatto nuovo”, cioè la comunicazione
del Comune dell’impossibilità definitiva del rilascio del certificato.
Anche a prescindere da questa sua intrinseca e inammissibile ambiguità, il motivo è
inammissibile per natura evidentemente fattuale: esso infatti argomenta sulle caratteristiche
urbanistiche dell’immobile, per concludere proprio sull’esistenza di una prova, che peraltro non
riguarderebbe la non continuazione dell’attività, bensì la illiceità dell’attività stessa (v. ricorso,

laddove afferma che non risulta contestata la circostanza che la società conduttrice
abbia sempre continuato ad esercitare la sua attività nell’immobile oggetto della
locazione, essendo in re ipsa la prova del mancato utilizzo lecito dell’immobile, per carenza di
requisiti minimi prescritti ex lege per gli immobili”).
Si giunge poi a contrastare con l’affermazione del giudice d’appello (motivazione, pagine 9-10)
che la conduttrice non provò il definitivo diniego del certificato e che non contestò di avere
continuato l’attività, anche sotto questi profili scendendo direttamente su un piano fattuale,
che è, si ripete, la reale natura del motivo, il quale censura il giudice d’appello nel suo
accertamento di merito (e i riferimenti giurisprudenziali che vengono talora introdotti sono
infatti conformi a quelli invocati dalla corte territoriale).
3.4 II quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli
articoli 27 I. 392/1978, 1575, 1580 c.c. 11, 24, 36 d.p.r. 380/2001.
Il giudice d’appello avrebbe errato affermando che la certificazione di agibilità concerne
parametri tecnici della normativa urbanistica “il cui difetto non preclude, di per sé, l’utilizzo
abitativo”, e che la conduttrice, ciò conoscendo fin dalla stipulazione del contratto, accettò il
rischio economico conseguente. Invece la certezza della impossibilità del rilascio di certificato
di agibilità, senza regolarizzazione ex articolo 36 d.p.r. 380/2001, sarebbe sufficiente a
rendere inidoneo l’immobile per l’uso convenuto e costituirebbe un fatto nuovo, indipendente
dalla volontà della conduttrice e idoneo a giustificarne il recesso ai sensi dell’articolo 27 I.
392/1978.
Anche questo motivo, come ben si vede già dalla sintesi appena tracciata, si basa su elementi
direttamente fattuali che il giudice d’appello ritenne non provati, qui invece argomentando per
sostenere che lo furono, con particolare riguardo all’esistenza di un definitivo diniego del
certificato. E ciò conduce la censura alla inammissibilità.
3.5 Il quinto motivo, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., ancora denuncia violazione
degli articoli 27 I. 392/1978, 1575, 1580 c.c., per avere errato il giudice d’appello affermando

5

pagina 18: da quanto in precedenza esposto “consegue l’erroneità della sentenza anche

che nel contratto non è previsto un obbligo del locatore di acquisire il certificato di agibilità o
farlo acquisire; e ciò viene contestato con vari argomenti.
La censura, peraltro, difetta di interesse, perché non inficia la ratio decidendi sulla inesistenza
di motivi imprevedibili a proposito del certificato, ovvero sulla piena conoscenza che la
conduttrice aveva della situazione del capannone ab origine, a prescindere poi dalla ulteriore
ratio decidendi in ordine al difetto di prova di definitiva impossibilità di rilascio del certificato.

violazione degli articoli 27 I. 392/1978, 2727, 2729, 2497 sexies c.c. e 115 c.p.c.
Il giudice d’appello esclude la novità e la non conoscibilità dei motivi del diniego del rilascio,
ovvero assume la piena conoscenza della conduttrice al momento della stipulazione del
contratto delle condizioni del capannone in conseguenza dell’intreccio societario tra la
precedente proprietaria di quest’ultimo e la conduttrice stessa, che descrive a pagina 11 della
motivazione della sentenza impugnata. La censura consiste in vari argomenti fattuali, per
concludere poi che la conoscibilità presunta non equivale a quella effettiva.
Il motivo è evidentemente quasi del tutto fattuale, per cui è inammissibile; quanto all’ultimo e
residuo argomento per cui, in sostanza, non può valere la presunzione per accertare un fatto,
esso non ha consistenza, essendo stabilita proprio dall’invocato articolo 2729 c.c. l’utilizzabilità
della cosiddetta prova presuntiva, peraltro nel caso di specie del tutto irrilevante visto il
contenuto del tratto motivazionale della sentenza impugnata, relativo non ad una conoscibilità
presunta, bensì ad una piena ed effettiva informazione della conduttrice sulle condizioni
dell’immobile quando fu stipulato il contratto locatizio.
3.7 n settimo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli
articoli 27 I. 392/1978, 115 e 116 c.p.c., censurando il giudice d’appello laddove esclude che
sia stato provato il definitivo diniego del certificato in questione: invece “come chiarito in punto
di fatto, è incontestato tra le parti che nel 2010 vi fu il diniego di agibilità”.
Il motivo, attraverso questo riferimento ad una non specificata chiarificazione “in punto di
fatto”, effettua presumibilmente un riferimento alla premessa del ricorso, ma con una
connotazione talmente generica da renderlo non autosufficiente e comunque non integrante,
appunto, la necessaria specificità che l’articolo 366, primo comma, n.6 c.p.c. esige per la
conformazione dei motivi del ricorso per cassazione, così pervenendo alla inammissibilità.
Peraltro, si nota incidenter, se il motivo fosse stato conformato in modo esaustivo, il suo
contenuto lo condurrebbe probabilmente alla denuncia di un errore revocatorio.
3.8 L’ottavo motivo denuncia violazione dell’articolo 27 I. 392/1978 in relazione all’articolo
360, primo comma, n.5 c.p.c., argomentando che è discusso e decisivo il fatto che il certificato
di agibilità non sia stato rilasciato per mancata acquisizione del nullaosta del Consorzio ASI e
6

3.6 n sesto motivo, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., lamenta violazione degli articoli

dunque negato definitivamente. Il motivo è privo di consistenza, in quanto è indiscusso che il
giudice d’appello ha motivato sull’assenza di prova della definitività del diniego, non integrando
quindi il vizio motivazionale rilevante ai fini del vigente tenore dell’articolo 360, primo comma,
n.5 c.p.c., per di più presentato in modo ambiguo, anche mediante un contestuale riferimento
a una violazione di legge, cioè dell’articolo 27 I. 392/1978.
3.9 Il nono motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione degli articoli
27 I. 392/1978, e 132 n.4 c.p.c., per non avere il giudice d’appello indicato nella motivazione

riproduzione del precedente motivo, di cui patisce la stessa ambiguità mescolando ora un
preteso

error in procedendo

con un preteso

error in iudicando

quanto all’applicazione

dell’articolo 27 I. 392/1978. Peraltro, si rileva che queste ripetute censure relative alla
definitività del diniego della certificazione non inficiano la

ratio decidendi

realmente

fondamentale nella struttura decisionale adottata dal giudice d’appello, cioè la conoscenza ab
origine da parte della conduttrice della situazione radicalmente irregolare sul piano urbanistico
del capannone preso in locazione, con conseguente assenza di ogni imprevedibilità
(motivazione della sentenza impugnata, pagine 11-12).
3.10 II decimo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli
articoli 27 I. 392/1978, 1334, 1372, 1373, 1218, 2697 c.c. e 115 c.p.c.: avrebbe errato il
giudice d’appello nel ritenere illegittimo il recesso effettuato dalla conduttrice con la lettera del
4 marzo 2011: e se il contratto si scioglie ope legis ai sensi dell’articolo 27 I. 392/1978 e
conformemente agli articoli 1372 e 1373 c.c., la corte territoriale non può condannare PM
Immobiliare S.r.l. ad adempiere un contratto sciolto, che quindi più non produce effetti. Dal
canto suo, S.Anna avrebbe potuto chiedere soltanto il risarcimento di danni, ma tale azione
non l’aveva esercitata.
Il motivo è privo di consistenza: prese le mosse dall’affermazione che il giudice d’appello
avrebbe errato nel ritenere illegittimo il recesso – e questo avrebbe dovuto essere dimostrato
con i precedenti motivi, i quali, come si è visto, non sono risultati fondati – adduce che il
contratto si è sciolto, per cui la conduttrice non è più tenuta ad adempierlo, e in luogo
dell’adempimento la locatrice avrebbe potuto semmai chiedere un risarcimento di danni. Tutto
si fonda, allora, sulla validità del recesso, che è risultato invece invalido.
3.11 L’undicesimo motivo, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., lamenta violazione degli
articoli 27 I. 392/1978, 2697 c.c. e 115 c.p.c. per avere la corte territoriale “posto in capo al
conduttore l’onere della prova riferito al danno subito dal proprietario dell’immobile ed inerente
il mancato pagamento dei canoni di locazione fino alla scadenza del contratto nel 2014”.
Il giudice d’appello (a pagina 13 della motivazione della sentenza impugnata) “ha affermato,
infatti, l’obbligo del pagamento dei canoni scaduti fino alla prima scadenza da parte del
7

da dove avrebbe desunto il carattere non definitivo del diniego. Si tratta evidentemente di una

conduttore a meno che non dimostri che l’immobile era stato utilizzato direttamente o
indirettamente dal locatore”, prova invece non acquisita nel giudizio. Emergerebbe così la
violazione di legge relativamente ai principi governanti il riparto dell’onere della prova: “la
locatrice avrebbe dovuto dare prova del fatto che, pur essendo venuto meno di fatto il
sinallagma funzionale del contratto a seguito della restituzione dell’immobile da parte della PM
Immobiliare, aveva diritto al pagamento del canone di locazione fino alla prima scadenza del
contratto, a titolo di risarcimento del danno, non avendo utilizzato l’immobile”; quindi proprio
la locatrice “avrebbe dovuto dare prova del mancato utilizzo dell’immobile fino alla prima

scadenza del contratto, in quanto fatto costitutivo della propria richiesta di pagamento dei
canoni anche a seguito dell’intervenuto recesso del conduttore”.
Si tratta, evidentemente, di una propaggine del motivo precedente, perché pone come
presupposto l’essere venuto meno il sinallagma funzionale del contratto a seguito
dell’intervenuto recesso della conduttrice, come se tale recesso fosse stato valido. E infatti, ad
un certo punto, nel motivo si afferma esplicitamente che le sue argomentazioni hanno “tenuto
conto dell’inammissibilità di una domanda di adempimento riferita ad un contratto non più in
essere” (ricorso, pagina 29).
Parimenti dalla infondatezza del decimo motivo sono assorbiti i successivi motivi dodicesimo e
tredicesimo, nel primo dei quali – come violazione, denunciata ex articolo 360, primo comma,
n.3 c.p.c., degli articoli 27 I. 392/1978, 2697 c.c. e 115 c.p.c. – si attribuisce ancora al giudice
d’appello errore sulla ripartizione dell’onere probatorio (in questa doglianza tentando, senza
successo per quanto appena rilevato, di correlarlo al principio della prossimità della prova),
mentre nel secondo – come violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3, degli articoli 2697
c.c., 115 c.p.c., 1346 e 1418, secondo comma, c.c. – si adduce che la corte territoriale avrebbe
errato nel richiedere alla conduttrice la prova che mai avrebbe potuto produrre, cioè l’utilizzo
dell’immobile da parte della locatrice.
3.12 n quattordicesimo motivo, infine, lamenta, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.,
violazione degli articoli 2697, 1375 c.c. e 2 Cost.: S. Anna S.r.l. avrebbe dovuto comunque
provare “di essersi adoperata” per trarre profitto dall’immobile in altro modo e sollevare quindi
la conduttrice dall’onere di continuare a pagare il canone, vale a dire dimostrare di avere
tenuto un comportamento secondo buona fede.
Quest’ultimo motivo, a tacer d’altro, pretermette – come già prima era stata pretermessa nel
decimo motivo – la considerazione della necessità di un recesso valido ex articolo 27 I.
392/1978. Se tale recesso, infatti, valido non è, il contratto continua a esistere e per la
conduttrice ne discende pertanto l’obbligo al pagamento dei canoni, mentre non è configurabile
alcun obbligo di buona fede della locatrice di adoperarsi per esonerarla da tale obbligo,
essendo rimasto pienamente in vigore il sinallagma convenuto dalle parti stesse.
8
7

Anche quest’ultima doglianza, dunque, è priva di fondamento.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla
rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Sussistono ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti per il versamento da
parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali,
liquidate in un totale di C 10.000, oltre a C 200 per esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13.

Così deciso in Roma 1’11 ottobre 2017

Il Consigliee E
Chiara Gra si

Il Presidente
Mago
( ia Marg-e-rfta Chiarini

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA