Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27556 del 11/10/2021

Cassazione civile sez. I, 11/10/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 11/10/2021), n.27556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28753/2015 proposto da:

M.A., in proprio e quale liquidatore e legale

rappresentante della Agrind Export s.r.l., in liquidazione,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Panama n. 86, presso lo

studio dell’avvocato Giovanni Ranalli, che lo rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Terni, in persona del sindaco pro tempore, domiciliato in

Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Gennari,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 499/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 01/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/04/2021 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza 499/2015 del 1.9.2015, la Corte d’Appello di Perugia, in riforma dell’impugnata decisione di primo grado che su istanza dell’Agrind Export s.r.l. aveva condannato il Comune di Terni a tenere l’attrice indenne dal danno conseguente all’irreversibile trasformazione di alcune aree della medesima adibite (particelle (OMISSIS) e, parzialmente, (OMISSIS)) a parcheggio e (particella (OMISSIS) e, parzialmente, (OMISSIS)) a strada di collegamento, oltre che alla corresponsione dell’indennità di occupazione, ha dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione alle domande relative alle particelle (OMISSIS) e (OMISSIS) ravvisando, in considerazione della pregressa dichiarazione di pubblica utilità, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a mente dell’art. 133, comma 1, lett. g), cod. proc. amm. ed ha respinto le domande in relazione alla particella (OMISSIS), poiché, sebbene riguardo all’apprensione di questa non vi fosse stata alcuna pregressa dichiarazione di pubblica utilità, il fatto che la strada fosse preesistente escludeva l’occupazione usurpativa da parte del Comune.

Per la cassazione di detta sentenza l’Agrind si affida a tre motivi di ricorso illustrati pure con memoria, ai quali resiste l’intimato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo di ricorso – che ancorché evochi una fattispecie ricadente sotto il dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, è esaminabile in questa sede in quanto la questione è già stata oggetto di pronuncia da parte delle SS.UU. (art. 374, comma 1, secondo inciso) – la ricorrente lamenta l’erroneità dell’impugnato deliberato nella parte in cui in relazione alle domande proposte con riferimento alle particelle (OMISSIS) la Corte d’Appello ha rilevato e dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario ravvisando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. A giudizio della deducente andrebbe invece confermata, sul rilievo della condotta illecita del Comune, la giurisdizione dell’AGO, trattandosi di occupazione usurpativa, essendo stato disatteso il principio di concentrazione della cognizione in capo al giudice ordinario ed essendo venuta nella specie meno, per scadenza del termine, l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità a suo tempo emessa.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia poi un vizio di omessa pronuncia, dappoiché la Corte d’Appello, pure investita della sua cognizione e malgrado la competenza a tal fine accordatale dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 53, non ha adottato alcuna determinazione riguardo alla domanda intesa a conseguire in relazione alle citate particelle la corresponsione dell’indennità di occupazione.

2.3. I motivi, scrutinabili congiuntamente in quanto strettamente avvinti, vanno condivisi nei limiti che seguono.

Occorre rammentare, a conferma dell’iniziale esattezza dell’impugnato pronunciamento d’appello, che le SS.UU. di questa Corte hanno da tempo enunciato e ribadito in materia il principio secondo cui “in tema di espropriazione per pubblica utilità e di pretese restitutorie, risarcitorie o ripristinatorie del privato coinvolto dalla relativa attività della P.A. o della sua concessionaria, sussiste la giurisdizione del G.A., D.Lgs. n. 104 del 2010, ex art. 133, comma 1, lett. g), esclusivamente quando il comportamento della P.A., cui si ascrive la lesione, sia la conseguenza diretta di un assetto di interessi conformato da un originario provvedimento ablativo, legittimo o illegittimo, ma comunque espressione di un potere amministrativo (in concreto) esistente cui la condotta successiva si ricollega in senso causale, mentre sussiste la giurisdizione del G.O. per quelle condotte connesse per mera occasionalità a quelle indispensabili per la realizzazione dell’opera pubblica, compiute su immobili fin dall’origine esclusi dall’oggetto di questa” (Cass., Sez. U., 5/06/2018, n. 14434). Si è precisato, a tal riguardo, che “l’esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità è condizione imprescindibile per ritenere che l’apprensione, l’utilizzazione e l’irreversibile trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione siano riconducibili a un concreto esercizio del potere autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell’art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a. e tale dichiarazione deve esistere al momento dell’apprensione dei beni privati” (Cass., Sez. U., 27/11/2019, n. 31028). Ne’ è consentito deflettere da questo criterio allorché il procedimento, nel cui ambito dopo la dichiarazione di pubblica utilità abbia avuto luogo l’attività manipolativa della P.A., “non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo o sia caratterizzato da atti illegittimi”, giacché in tal caso “l’apprensione, l’utilizzazione e l’irreversibile trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione sono riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo che si manifesta con l’adozione della dichiarazione di pubblica utilità, senza che assuma rilevanza il fatto che quest’ultima perda successivamente efficacia o venga annullata” (Cass., Sez. U., 17/09/2019, n. 23102) ovvero che l’occupazione sia avvenuta “dopo la dichiarazione di pubblica utilità, in virtù di un decreto di occupazione d’urgenza e proseguita anche successivamente alla sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità” (Cass., Sez. U., 27/05/2015, n. 10879).

2.4. Ora, poiché nella specie è pacifico tra le parti il fatto che il Comune di Terni ebbe ad occupare le particelle di che trattasi a seguito di dichiarazione di pubblica utilità adottata con Delib. Giunta 18 marzo 1998, n. 153, ne discende, alla luce dei principi brevemente tratteggiati, che l’impugnata sentenza non è soggetta a censura laddove, preso atto di questo fatto, ha ritenuto conseguentemente di declinare la giurisdizione ordinaria in favore del giudice amministrativo in relazione alle pretese risarcitorie ostese con riferimento alle particelle (OMISSIS).

Cadono, invero, di fronte al fatto che l’attività di apprensione posta in essere dal Comune intimato riguardo ad esse sia seguita all’adozione della dichiarazione di pubblica utilità, le obiezioni che la ricorrente muove sotto questa angolazione alla decisione deducendo che la specie in discorso sarebbe riconducibile all’ipotesi dell’occupazione usurpativa ovvero configurerebbe un’ipotesi di occupazione usurpativa essendo venuta l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità; e né peraltro vi è ragione di dar seguito all’obiezione in punto di concentrazione della cognizione che, oltre ad essere sollevata impropriamente se bene si considerino le ragioni ed il contesto in cui nella materia che ne occupa se ne fatto argomento (Cass., Sez. I, 11/12/2009, n. 25966), si rivela indubbiamente recessiva a fronte del riportato quadro di diritto.

2.5. I motivi, tuttavia, meritano invece adesione laddove la Corte d’Appello nell’applicare l’art. 133, comma 1, lett. g) cod. proc. amm. non si è avveduta che il medesimo, riproducendo nel suo seno in parte qua l’analoga disposizione di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 53, comma 1, fa salva la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alle controversie che nella materia altrimenti devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativa riguardano “la determinazione e la corresponsione dell’indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”. Anche al riguardo vale richiamare il consolidato indirizzo interpretativo enunciato dalle SS.UU. a ragione del quale “le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza di atti ablativi, ai sensi della L. n. 80 del 1998, art. 34, come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1, lett. b), applicabile “ratione temporis”, vanno così ripartite: sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le domande di risarcimento dei danni da occupazione acquisitiva e da occupazione illegittima (per la sua omogeneità morfologica e funzionale rispetto all’indennizzo espropriativo) e alla giurisdizione del giudice ordinario le domande di corresponsione dell’indennità di occupazione legittima” (Cass., Sez. U., 15/10/2003, n. 15471).

Ne’ contrasta questo comando il fatto che domanda risarcitoria e domanda di indennità siano state cumulate nel medesimo giudizio perché “le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità di occupazione legittima dovute in conseguenza di atti ablativi, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53, comma 2 (oggi art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a.), appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, a nulla rilevando che la relativa domanda sia stata proposta dall’attore unitamente a quella, devoluta invece alla giurisdizione del giudice amministrativo, di risarcimento del danno da perdita del bene, stante la vigenza, nell’ordinamento processuale, del principio generale di inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione” (Cass., Sez. U., 13/12/2018, n. 32361).

L’impugnata decisione va dunque doverosamente cassata per quanto di ragione nel capo in cui, declinando integralmente la giurisdizione in relazione alle particelle (OMISSIS), ha devoluto alla cognizione del giudice amministrativo anche la controversia afferente alla determinazione dell’indennità di occupazione legittima la cui cognizione è invece rimasta affidata alla giurisdizione del giudice ordinario.

3.1. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente censura il capo della decisione qui impugnata che ha escluso ogni indennizzabilità riguardo all’acquisizione della particella (OMISSIS) essendo essa stata adibita a strada da ben prima che il Comune procedesse all’acquisizione delle particelle (OMISSIS) e non essendo perciò stata ricompresa né nella dichiarazione di pubblica utilità né nel decreto di occupazione d’urgenza. A giudizio della deducente, ferma la sua legittimazione in quanto succeduta nel diritto all’indennizzo al terzo in ragione dell’acquisto fattone dal medesimo, andava al contrario evidenziato, oltre alla circostanza che la Corte d’Appello avesse deciso in violazione dell’art. 115 c.p.c., senza che il contratto di acquisto fosse stato prodotto dal Comune, che l’area era e restava nella disponibilità del Comune ed era,, nel quadro dell’intervento realizzato funzionale a consentire alla aree di parcheggio.

3.2. Il motivo è fondato.

E’ in linea di fatto incontroverso tra le parti che l’area identificata con la particella (OMISSIS), sia stata acquisita al patrimonio pubblico in quanto adibita a strada di collegamento con le aree destinate a parcheggio realizzate dal Comune sulle particelle (OMISSIS); ed ancora che l’apprensione di essa da parte del Comune sia avvenuta al di fuori di qualsiasi procedimento ablativo ovvero per effetto di un comportamento materiale consistito, se non nell’adibire la strada a pubblico transito, nell’essere essa funzionale a consentire l’accesso alle dette aree di parcheggio.

E’ noto d’altro canto in diritto (Cass., Sez. I, 24/05/2018, n. 12961; Cass., Sez. I, 29/09/2017, n. 22929; Cass. Sez. I, 14/06/2016, n. 12260) che l’acquisizione di un bene alla sfera di disponibilità della P.A., quando ciò sia effetto di un mero comportamento materiale e quindi senza accedere alla sua espropriazione – il che si verifica secondo una risalente distinzione quando nella condotta della P.A. siano configurabili gli estremi dell’occupazione usurpativa per essere stata l’acquisizione operata in difetto di dichiarazione di pubblica utilità ovvero dell’occupazione appropriativa che ha luogo quando pur in presenza della dichiarazione di pubblica utilità il procedimento di esproprio non si concluda in maniera formale – è fonte di un illecito aquiliano avente carattere permanente, inidoneo a comportarne l’acquisizione autoritativa alla mano pubblica, che viene a cessare solo per effetto della sua restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato ovvero della rinunzia del proprietario ai suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente.

L’impugnata decisione non si allinea a questo quadro di riferimento.

La natura permanente dell’illecito consumatosi nella specie avrebbe infatti dovuto suggerire alla Corte d’Appello di farsi interprete della vicenda alla luce del fatto incontestato che il bene, essendo stato adibito a strada di collegamento con i parcheggi, non fosse più disponibile dal suo proprietario e a non dubitare perciò della persistente legittimazione del Comune a rispondere della sua illecita acquisizione. Non è in tale cornice conferente che l’area fosse stata già destinata a strada prima di essere materialmente posta a servizio dei parcheggi ricavati sulle particelle limitrofe, poiché la sua irreversibile trasformazione, discendente per l’appunto dal fatto che il bene fosse stato sottratto alla disponibilità del proprietario non vale a scriminare il carattere illecito della condotta ascritta del Comune, che resta tale sino a quando non si determini uno degli eventi che ne fa cessare la permanenza. Fino, cioè, a quando il bene non sia restituito, o non sia amichevolmente ceduto o non sia usucapito o fino a quando non ne sia tacitamente ravvisabile la rinuncia da parte del proprietario il bene non transita nel patrimonio pubblico e non consente perciò di liberare il Comune dalla responsabilità risarcitoria conseguente all’illiceità della sua acquisizione.

Il motivo va dunque accolto ed anche in ragione di ciò l’impugnata sentenza va doverosamente cassata.

4. Il ricorso va dunque accolto nei limiti di cui in motivazione e la causa, cassata la sentenza impugnata nei limiti anzidetti, va rinviata al giudice a quo per il necessario seguito.

P.Q.M.

Accoglie per quanto di ragione il primo ed il secondo motivo di ricorso ed il terzo motivo di ricorso; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di indennità dell’occupazione legittima e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Perugia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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