Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27555 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 27555 Anno 2017
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso 23250-2015 proposto da:
CERISOLA MASSIMO in proprio e quale procuratore
generale di BORBONESE ELISA, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CAMILLO PEANO 11, presso lo
studio dell’avvocato MASSIMO CERISOLA, rappresentato
e difeso dall’avvocato MARCELLA DIOTTI giusta procura
in calce al ricorso;
– ricorrente –

2017
1911

contro

TEANO DOMENICO, CERISOLA EMMA;
– intimati

avverso la sentenza n. 418/2015 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 24/03/2015;

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Data pubblicazione: 21/11/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 10/10/2017 dal Consigliere Dott.

STEFANO OLIVIERI;

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Fatti di causa
La Corte d’appello di Genova, con sentenza 24.3.2015 n. 418, decidendo sulla
domanda di condanna al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima servitù
di passaggio esercitata da Domenico Teano e Emma Cerisola sul fondo di
proprietà di Massimo Cerisola e Elisa Borbonese dal mese di agosto 1986 al
mese di novembre 2001 (illecito accertato con sentenza della Corte d’appello di

di cassazione n. 22828/2005), confermava la decisione di prime cure
rigettando l’appello proposto dai proprietari, rilevando:
che nell’atto introduttivo di primo grado gli attori aveva espressamente
specificato le voci di danno di cui chiedevano il risarcimento (perdita del
valore locativo; compressione della inviolabilità del domicilio e della
riservatezza della vita privata; impedimento all’uso del corridoio di
passaggio per il deposito di beni)

che pertanto erano da considerare inammissibili ex art. 345 c.p.c. tutte
le altre domande nuove concernenti i dedotti danni per impedimento a
diverso utilizzo del corridoio per ampliamento di vani preesistenti, ed il
danno morale soggettivo

che le statuizioni del Tribunale di rigetto della domanda risarcitoria
concernente i danni non patrimoniali per violazione della privacy e per
impedimento all’uso del corridoio per deposito di beni, non erano state
oggetto di impugnazione in grado di appello

che l’unica voce di danno scrutinabile dedotta con i motivi di gravame
andava rigettata, non avendo fornito gli appellanti prova del danno da
lucro cessante, in quanto i testi escussi aveva riferito che durante il
periodo in questione l’immobile era stato comunque sempre locato e non
risultava che i canoni versati dai conduttori fossero inferiori all’importo
locativo stimato dal perito Testa a causa della mancata libera fruizione
del corridoio in cui era stato illegittimamente esercitato il passaggio.
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RG n. 23250/2015
ric. Cerisola Massimo +1 c/ Teano Domenico+1

Genova n. 331/2001, passata in giudicato a seguito della sentenza della Corte

La sentenza di appello, non notificata, è stata ritualmente impugnata con tre
motivi da Massimo Cerisola in proprio e n.q. di procuratore generale di Elisa
Borbonese.
Gli intimati, ai quali il ricorso è stato notificato in data 22.9.2015 presso il
procuratore domiciliatario, non hanno svolto difese.

Ragioni della decisione
Con il primo motivo (violazione degli artt. 3 e 42 Cost.) i ricorrenti censurano
la sentenza per non avere riconosciuto alcun risarcimento, pur essendo stata
accertato con efficacia di giudicato l’illecito utilizzo da parte degli attuali
intimati del corridoio di passaggio dal 1986 al 2001. Sostengono che essendo
stata determinata, nella relazione del CTU depositata in altro giudizio tra le
stesse parti (e prodotta con l’atto di appello), la indennità che avrebbe dovuto
compensare la costituzione della servitù di passaggio, i Giudici di appello
avrebbero dovuto stimare il danno risarcibile quanto meno in pari misura.
Il motivo è inammissibile non cogliendo la ratio decidendi.
La Corte d’appello non ha affatto statuito il principio della la irrisarcibilità del
danno determinato dalla violazione del diritto di proprietà, ma ha, da un lato,
circoscritto l’esame della pretesa risarcitoria alla sola voce di danno
identificata nella allegata diminuzione del valore locativo dell’immobile, non

riconosciuta dalla decone di prime cure e che

Hra tatM OddMttO di SPeriffe0

motivo di impugnazione. Dall’altro lato ha rigettato la domanda risareitoria per

difetto di prova di una diminuzione dell’importo dei canoni locativi percepiti dai
proprietari, nel corso dell’intero periodo in cui si era consumato l’illecito, a
causa dell’esercizio abusivo della servitù di passaggio.

Con il secondo motivo (violazione art. 112 c.p.c.) si deduce il vizio di omessa
pronuncia sulla domanda di risarcimento danni, formulata in modo
onnicomprensivo dai danneggiati nell’atto di citazione in primo grado, avendo
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RG n. 23250/2015
ric. Cerisola Massimo +1 c/ Teano Domenico+1

Stefan O *vieri

I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

illegittimamente la Corte d’appello operato un illegittimo frazionamento delle
singole voci di danno per le quali sarebbe stato chiesto il risarcimento.
Il motivo è inammissibile, non assolvendo al requisito di specificità.
La Corte d’appello ha infatti ritenuto che l’unica questione ritualmente devoluta
al suo esame fosse inerente al danno patrimoniale da lucro cessante (riduzione
del valore locativo dell’immobile), rilevando che le statuizioni della decisione di

compressione della inviolabilità del domicilio e della riservatezza della vita
privata ed al danno per impedito utilizzo del corridoio per il deposito di beni da
parte dei proprietari e dei conduttori, non erano state oggetto di impugnazione
con specifico motivo di gravame. Mentre la richiesta di liquidazione del danno
morale soggettivo non poteva accedere al vaglio della Corte territoriale in
quanto domanda nuova, proposta soltanto nella comparsa conclusionale.
Orbene se è principio assolutamente consolidato quello secondo cui, in caso di
denuncia di errores in procedendo del giudice di merito, la Corte di cassazione
è anche giudice del fatto (inteso qui, ovviamente, come fatto processuale) ed è
perciò investita del potere di procedere direttamente all’esame ed alla
valutazione degli atti del processo di merito (Corte cass. n. 14098 del 2009,
n. 11039 del 2006, n. 15859 del 2002 e n. 6526 del 2002) vale osservare

“che il riconoscere al giudice di legittimità il potere di cognizione piena e diretta
del fatto processuale, nei termini sopra chiariti, non comporta certo il venir
meno della necessità di rispettare le regole poste dal codice di rito per la
proposizione e lo svolgimento di qualsiasi ricorso per cassazione, ivi compreso
quello con cui si denuncino errores in procedendo. Ciò vuoi dire non solo che,
com’è del tutto ovvio, i vizi del processo non rilevatali d’ufficio possono esser
conosciuti dalla Corte di cassazione solo se, e nei limiti in cui, la parte
interessata ne abbia fatto oggetto di specifico motivo di ricorso, ma anche che
la proposizione di quel motivo resta soggetta alle regole di ammissibilità e di
procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai
profili di fatto del potere cognitivo della corte. Nemmeno in quest’ipotesi viene
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RG n. 23250/2015
ric. Cerisola Massimo +1 c/ Teano Domenico+1

Stefarirni”vieri

prime cure che avevano ritenuta infondata la pretesa, quanto al danno da

meno, in altri termini, l’onere per la parte di rispettare il principio di
autosufficienza del ricorso, da intendere come un corollario del requisito della
specificità dei motivi d’impugnazione, ora tradotto nelle più definite e puntuali
disposizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art.369 c.p.c.,
comma 2, n. 4, (disposizioni in cui si fa espressa menzione anche degli “atti
processuali” .): sicché l’esame diretto degli atti che la corte è chiamata a

parte abbia specificamente indicato ed allegato ” (sic in motivazione Corte
cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012).
Orbene i ricorrenti non hanno assolto all’indicato requisito di specificità,
essendo interamente ed esclusivamente incentrata la esposizione della censura
nella trascrizione delle sole “conclusioni” dell’atto introduttivo (in cui si richiede
al Tribunale di “accertare e dichiarare l’ammontare dei danni subiti….a causa
dell’illegittimo passaggio”), della memoria ex art. 183 c.p.c. depositata in
primo grado (ove si qualifica la domanda come “azione di risarcimento del
danno extracontrattuale”) e dell’atto di appello (in cui si chiede l’accoglimento
di tutte le domande già svolte in primo grado e conseguentemente la condanna
al risarcimento dei “danni di qualsivoglia natura”).
Il fatto processuale per come

esposto non consente alcuna verifica

dell’asserito errore commesso dalla Corte d’appello nella interpretazione della
domanda attorea, e nella individuazione delle statuizioni della decisione di
prime cure effettivamente attinte dai motivi di gravame, essendo del tutto
omessa la indicazione dei fatti dimostrativi delle conseguenze pregiudizievoli,
derivanti dalla condotta illecita, che erano stati allegati nell’atto introduttivo e
nella memoria ex art. 183 c.p.c., ed essendo stata altresì omessa la puntuale
individuazione delle statuizioni della decisione di prime cure che risultavano
investite dai motivi di gravame.
Il motivo non rispecchia, pertanto, i requisiti di ammissibilità prescritti per
l’accesso al sindacato di legittimità del dedotto vizio processuale.

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RG n. 23250/2015
ric. Cerisola Massimo +1 c/ Teano Domenico+1

Stefan

est.
ivieri

compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la

Con il terzo motivo la sentenza viene censurata per violazione degli artt.
1053, 1223, 1226, 2043 e 2056 c.c. nonché per omessa, insufficiente, e
contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360co1 nn. 3 e 5 c.p.c.
Sostengono i ricorrenti che la Corte d’appello avrebbe dovuto comunque
liquidare il risarcimento del danno per “la perdita della disponibilità da parte
del proprietario medesimo” e per “la impossibilità di conseguire la utilità

immobile, danno da ritenersi in “re ipsa” come più volte affermato dalla
giurisprudenza di legittimità.
Il motivo rimane assorbito nella dichiarazione di inammissibilità della
precedente censura ex art. 112 c.p.c..
E’ evidente, infatti, che in tanto può accertarsi un errore nell’attività di giudizio
della Corte d’appello in ordine alla liquidazione del danno, in quanto la relativa
questione sia stata ritualmente devoluta all’esame di quel Giudice. Ne segue
che, definito l’oggetto del giudizio di appello alla sola risarcibilità del danno da
diminuzione del valore locativo dell’immobile -danno disconosciuto dalla Corte
territoriale per difetto di prova-, ed indimostrato il vizio di omessa pronuncia
sulle altre questioni di danno (in particolare quella attinente la compressione
del diritto alla inviolabilità della proprietà privata ed alla privacy) in cui sarebbe
asseritamente incorso il Giudice di appello, non vi può essere spazio alcuno per
sindacare il mancato risarcimento di tali ulteriori voci di danno.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non occorrendo
disporre sulle spese di lite in difetto di difese svolte dagli intimati.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito
dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
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RG n. 23250/2015
ric. Cerisola Massimo +1 c/ Teano Domenico+ I

Stefan-olltvieri

normalmente ricavabile in relazione alla natura di regola fruttifera” del bene

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del

comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .

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