Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27554 del 28/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 28/10/2019), n.27554
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27070-2018 proposto da:
(OMISSIS) s.a.a. in liquidazione, in persona del Liquidatore p.t.,
elettivamente domiciliata in Roma, Viale Regina Margherita 217,
presso lo studio dell’avvocato Falivene Filippo, che la rappresenta
e difende per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
M.C. e M.S. quali eredi di M.O.;
M.A. e T.E. quali eredi di M.O. a sua
volta erede di M.O.; P.S. quale erede di
Mi.An.Ma. a sua volta erede di M.O., tutti
elettivamente domiciliati in Roma, Viale Mazzini 6, presso lo studio
dell’avvocato Guidoni Antonella, rappresentati e difesi
dall’avvocato Persio Francesco, per procura in calce al
controricorso;
– controricorrenti –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.a.a. in liquidazione; P.A.;
P.L.;
– intimati –
avverso l’ordinanza n. 7000/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di
ROMA, depositata il 21/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 28/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VI
Fatto
RILEVATO
Che:
1. Con ordinanza n. 7000/18 questa Corte ha rigettato il ricorso di (OMISSIS) s.a.a. in liquidazione contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Roma aveva respinto il reclamo da essa proposto ai sensi della L. Fall., art. 18, ritenendo: che la Corte di merito avesse correttamente applicato il principio di comparazione fra attivo e passivo previsto per la verifica dello stato di insolvenza delle società in liquidazione; che l’esistenza di debiti inferiori alla soglia di cinquecentomila curo, quand’anche effettiva, era irrilevante, stante il pacifico superamento della soglia dell’attivo patrimoniale; che la prospettata lettura dei dati di bilancio relativi ai debiti contrastava con le valutazioni di merito della Corte d’Appello.
2. Avverso detta ordinanza la società dichiarata fallita ha proposto ricorso per revocazione ex art. 391-bis c.p.c. affidato ad unico motivo, cui M.C., M.S., P.S., M.A. e T.E. (queste ultime due quali eredi di M.O., a sua volta erede di Mi.Or.) hanno resistito con controricorso, mentre P.A. e P.L. (quali eredi di Mi.An.Ma.) e la curatela fallimentare non hanno svolto difese.
3. seguito di deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
4. Il motivo prospetta un errore di fatto consistente nell’erroneo conteggio delle poste costituenti l’attivo fallimentare (art. 395 c.p.c., n. 4), laddove a pag. 4-5 della sentenza impugnata questa Corte ha affermato che il Tribunale di Rieti aveva accertato “con rilevo non ce”Surato… un attivo liquidabile superiore ad Euro 300.000, con ciò risultando per tabulas la mancana del requisito sub lett. a)” della L. Fall., art. 1, mentre a pag. 8 punto 3 del ricorso originario per cassazione era stato dedotto e documentato che la società aveva alienato un cespite immobiliare al prezzo di Euro 258.229,00 oltre Iva, per un totale di Euro 309.874,80 non potendosi calcolare nell’attivo l’Iva; inoltre la Corte di Cassazione avrebbe dovuto tener conto della sentenza depositata nel fascicolo d’ufficio che aveva dichiarato prescritto il diritto di credito dei soggetti istanti per Euro 130.029,15 somma che, defalcata dal passivo risultante dal bilancio di liquidazione (Euro 430.000,00) faceva sì che questo fosse inferiore all’attivo, con conseguente insussistenza dello stato di insolvenza.
5. La censura è inammissibile per difetto dei presupposti tipici dell’errore revocatorio di fatto, il quale deve consistere in una svista materiale evidente, decisiva e non relativa ad un punto su cui la Corte si sia pronunciata (cfr. Cass. Sez. U, 7217/09; conf. ex plurimis Cass. 17194/2017, 15752/2017, 26278/2016, 25834/2016, 4456/2015, 25654/2013, 836/2012, 22171/2010).
8. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019