Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27554 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 27554 Anno 2017
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

Cron. 22 1- 5 SC-7

ORDINANZA
Rep.

(_

sul ricorso 21478-2015 proposto da:
Ud. 10/10/2017

GIALLONGO CARMELA, elettivamente domiciliata in ROMA,
CC

VIA DI TRASONE 8, presso lo studio dell’avvocato
ERCOLE FORGIONE, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati PIETRO ROMANO, ANTONIO
ROMANO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

DARDANO CATERINA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE GIUSEPPE MAZZINI, 123, presso lo studio
dell’avvocato MARIA CUOZZO, rappresentata e difesa
dall’avvocato GUIDO LIVA giusta procura in calce al
controricorso;

1

Data pubblicazione: 21/11/2017

- controricorrente
avverso

la

sentenza

n.

1293/2015

della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 25/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del

10/10/2017

dal

Consigliere

Dott.

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
TOMMASO BASILE che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso;

STEFANO OLIVIERI;

Fatti di causa
Con sentenza 25.3.2015 n. 1293 la Corte d’appello di Milano rigettava l’appello
proposto da Carmela Giallongo e confermava la decisione di prime cure che
aveva condannato la stessa a risarcire il danno patrimoniale e biologico di
natura temporanea (per intossicazione da monossido di carbonio) cagionato a
Caterina Dardano in conseguenza della ostruzione della canna fumaria a

esecuzione di lavori nel sovrastante appartamento di proprietà della Giallongo.
I Giudici di appello rilevavano che in alcuna decadenza era incorsa la Dardano
nel rinnovo della notifica dell’atto introduttivo essendo stata rimessa in termini
dal Giudice istruttore a seguito della soppressione delle sezioni distaccate del
tribunale di Milano. Ritenevano corretta la decisione di prime cure in punto di
accertamento e liquidazione con criterio equitativo del danno patrimoniale e
biologico, decurtato del 25% pari al concorso di colpa della danneggiata ex art.
1227 comma 1 c.c. per avere utilizzato un impianto di riscaldamento non a
norma che era stato sottoposto a sequestrato dai funzionari della Azienda
sanitaria.
La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata dalla Giallongo con
otto motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la Dardano.
Il Pubblico Ministero ha rassegnato conclusioni scritte instando per il rigetto del
ricorso.
Ragioni della decisione
Il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 164 e 307 c.p.c. in
relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c.) è inammissibile oltre che infondato.
Sostiene la ricorrente che il Giudice di appello è incorso in errore processuale
ritenendo sanato il vizio di nullità della citazione introduttiva del giudizio di
primo grado -per inosservanza del termine minimo di comparizione- in quanto
la Dardano non aveva osservato il termine perentorio assegnatole dal Giudice
3
RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

C
est.
Stefani O ivieri

servizio dell’appartamento in cui abitava quest’ultima determinata dalla

istruttore per la rinnovazione ex art. 164 ult. comma c.p.c., e questi anziché
rimettere in termini la parte, con ordinanza resa alla udienza 3 luglio 2012,
avrebbe dovuto dichiarare estinto il giudizio.
Se infatti costituisce principio, assolutamente consolidato quello secondo cui, in
caso di denuncia di errores in procedendo del giudice di merito, la Corte di
cassazione è anche giudice del fatto (inteso qui, ovviamente, come fatto

all’esame ed alla valutazione degli atti del processo di merito (Cass. n. 14098
del 2009, n. 11039 del 2006, n. 15859 del 2002 e n. 6526 del 2002) è

pur sempre vero che tale fatto processuale deve essere portato dal ricorrente
a conoscenza della Corte attraverso il motivo di ricorso con il quale si denuncia
il vizio di nullità ex art. 360co1 n. 4) c.p.c., nel senso che debbono essere resi
ostensibili al Giudice di legittimità gli esatti termini di svolgimento della vicenda
prneensuMe

che

5

assume inficidtd dl ln7iri di invalidità, nen e5sende

sufficiente -salvi i casi di abnormità- la mera indicazione del dato cronologico o
del contenuto dispositivo dell’atto processuale contestato, laddove la verifica di
legittimità dello stesso dipenda dai presupposti di fatto assunti a base dell’atto.
Ed infatti è stato bene evidenziato da questa Corte che

“il riconoscere al

giudice di legittimità il potere di cognizione piena e diretta del fatto
processuale, nei termini sopra chiariti, non comporta certo il venir meno della
necessità di rispettare le regole poste dal codice di rito per la proposizione e lo
svolgimento di qualsiasi ricorso per cassazione, ivi compreso quello con cui si
denuncino errores in procedendo. Ciò vuol dire non solo che, com’è del tutto
ovvio, i vizi del processo non rilevatali d’ufficio possono esser conosciuti dalla
Corte di cassazione solo se, e nei limiti in cui, la parte interessata ne abbia
fatto oggetto di specifico motivo di ricorso, ma anche che la proposizione di
quel motivo resta soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità
stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del
potere cognitivo della corte. Nemmeno in quest’ipotesi viene meno, in altri
termini, l’onere per la parte di rispettare il principio di autosufficienza del
ricorso, da intendere come un corollario del requisito della specificità dei motivi
4

RG n. 21478/2015
Camicia Giallungu Catcuina Dat-dang

Cons. si.
Sterno 1h/ieri

processuale) ed è perciò investita del potere di procedere direttamente

d’impugnazione, ora tradotto nelle più definite e puntuali disposizioni
contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4,
(disposizioni in cui si fa espressa menzione anche degli “atti processuali…):
sicché l’esame diretto degli atti che la corte è chiamata a compiere è pur
sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la parte abbia
specificamente indicato ed allegato” (così, in motivazione, Corte cass. Sez. U,

Nella specie la ricorrente ha omesso di individuare le ragioni dedotte dal primo
Giudice a supporto della rimessione in termini ex art. 153 co2 c.p.c.,
limitandosi a contestare la erroneità della ordinanza adottata, ritenuta corretta
dalla Corte d’appello, non consentendo pertanto di individuare l’elemento
determinante del presupposto di fatto alla stregua del quale era stata valutata
dal Giudice di merito la sussistenza della “causa non imputabile” alla parte.
La censura si paleserebbe peraltro anche infondata avuto riguardo agli
elementi delle vicenda processuale desunti dagli altri atti regolamentari.
La Corte d’appello, infatti, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto
enunciato da questa Corte secondo cui il presupposto per la rimessione in
termini originariamente prevista dall’art. 184 bis c.p.c., e quindi estesa a tutti i
gradi di giudizio dall’art. 153, comma 2, c.p.c. (introdotto dall’art. 45, comma
19, della legge 18.6.2009 n. 69) va ravvisato anche nell’impedimento
oggettivo, non imputabile a mancanza di diligenza, che ha reso di fatto
praticamente impossibile alla parte di compiere l’atto processuale richiesto (ex
plurimis: Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 10216 del 04/05/2006 -in
relazione ad attività o fatti sottratti alla sfera di controllo della parte -; id. Sez.
2, Ordinanza interlocutoria n. 98 del 04/01/2011; id. Sez. U, Sentenza
n.

15144 del

11/07/2011

-in relazione ad improvvisi mutamenti

giurisprudenziali nella interpretazione di norme processuali che determinano
effetti decadenziali-. Rimane, invece, esclusa la rimessione in termini in caso di
decadenze in cui la parte è incorsa per errori ad essa imputabili per difetto di
diligenza : Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 7607 del 30/03/2010 ):
5
RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

CÒà est.
Stefan
livieri

Sentenza n. 8077 del 22/05/2012).

l’inosservanza del termine stabilito dal giudice per il rinnovo della notificazione
della citazione della parte non costituitasi in precedenza, non può infatti
tradursi in un danno per la parte che non sia stata in grado di rispettare detto
termine per fatti alla stessa non imputabili né a titolo di dolo né di colpa,
sempre che detta parte fornisca la prova della ricorrenza delle situazioni che le
abbiano impedito di rispettare il termine (Corte cass. Sez. 1, Sentenza n.

Nella specie la Corte territoriale ha individuato tale impedimento di fatto nella
sopravvenuta soppressione delle sezioni distaccate del Tribunale di Milano,
verificatasi nelle more della scadenza del termine perentorio assegnato, con la
conseguenza che il rinnovo della citazione per la udienza originariamente
indicata nella ordinanza non avrebbe potuto essere utilmente eseguito in
considerazione del trasferimento alla sede centrale delle cause pendenti presso
le sezioni distaccate (tra cui la sez. dist. di Rho presso la quale pendeva la
causa). Tale statuizione in quanto motivata per relationem alla ordinanza del
Giudice istruttore di primo grado va correlata ai fatti descritti dalla resistente
nel controricorso da cui emerge che l’ostacolo alla rinnovazione della citazione
nel termine perentorio assegnatole era stato determinato dalla oggettiva
impossibilità di ritirare l’originale dell’atto di citazione che era stato depositato
presso la Cancelleria della sezione distaccata in quanto risultava trasferito
presso la Cancelleria del Tribunale di Milano: soltanto in data 3.4.2012 era
stata comunicata alle parti l’assegnazione del procedimento alla X sezione del
Tribunale di Milano (con differimento di udienza al 3.7.2012, disposto dal
nuovo GI) presso la Cancelleria della quale sezione era rintracciabile l’originale
dell’atto di citazione, ma non era ormai più possibile garantire l’osservanza dei
termini minimi di comparizione rispetto alla udienza del 6.6.2012,
originariamente fissata dal Giudice istruttore della sezione distaccata di Rho.
Orbene se tali sono i presupposti circostanziali dell’accertamento in fatto
compiuto dal Giudice di merito in ordine alla non imputabilità della situazione
di incertezza determinatasi a seguito della soppressione delle sezioni distaccate
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RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

ConC- t
Stefano O1ivieri

4867 del 07/03/2006, citata anche dalla controricorrente).

del Tribunale, appare evidente come detto accertamento non sia stato
efficacemente investito dal motivo di ricorso.
I

documenti amministrativi

(“provvedimenti organizzativi emessi dal

Presidente del Tribunale di Milano”

la cui efficacia sarebbe stata peraltro

sospesa dal TAR Lombardia con ordinanza 20.1.2012), genericamente indicati
dalla ricorrente nel ricorso, così come la comunicazione -della quale è omessa

tutte le Cancellerie per organizzare l’attività di traslazione dei fascicoli delle
cause pendenti dalle sezioni distaccate alla sede centrale, appaiono infatti
irrilevanti, in quanto non incidono sull’ostacolo obiettivo alla rinnovazione della
citazione, individuato dal Giudice di merito.
Inconferente è altresì il richiamo operato dalla ricorrente al precedente di
questa Corte Sez. 1, Sentenza n. 10671 del 09/05/2006, che attiene al vizio
della notifica -e non della citazione- e che ricollega la possibilità di sanatoria e
la rinnovazione della notifica ad un vizio di nullità della stessa e non anche alla
inesistenza della notifica. Nella specie, infatti, non viene in rilevanza la
inesistenza ovvero la esistenza di un atto invalido, quanto piuttosto la
oggettiva impossibilità di compiere un atto processuale, nel termine perentorio
assegnato dal Giudice, per fatto non imputabile alla parte.
Il secondo motivo (nullità della sentenza per violazione dell’art. 132co2 n.

4 c.p.c. , in relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c) è destituito di fondamento.
Il vizio di carenza assoluta di motivazione che residua dalla riforma dell’art.
360co1 n. 5 c.p.c. disposta dall’art. 54 DL n. 83/2012 conv. in legge n.
134/2012 è relegato alla ipotesi della materiale inesistenza della relativa
espressione grafica nel contenuto della sentenza ovvero della carenza del
requisito logico motivazionale nel suo contenuto

“minimo costituzionale”

richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato

“in negativo” dalla

consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso
straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale
requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente;
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RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

CoR est.
Stefano li vieri

la data- inviata dal “coordinatore del settore civile del Tribunale di Milano” a

manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od
incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n.
4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del
prescritto requisito di validità.
Nella specie la sentenza impugnata è dotata di apparato motivazionale nel
quale i Giudici di appello esaminano tutti i motivi di gravame dichiarandoli

decisione di primo grado deve ritenersi corretta. Con riferimento all’unica
statuizione della sentenza individuata nel motivo di ricorso come priva di
supporto motivazionale, i Giudici di appello hanno fornito, al contrario, le
ragioni per le quali l’accertamento di responsabilità nei confronti della
Giallongo, avuto riguardo alla allegazione attorea, prescindeva da un onere di
evocazione in giudizio della ditta appaltatrice dei lavori da parte della
danneggiata Dardano, atteso che apparteneva all’esercizio dell’attività
difensiva della convenuta in primo grado la scelta di indicare il terzoappaltatore come esclusivo responsabile del danno, ovvero di chiamarlo in
giudizio per essere manlevata dagli effetti patrimoniali pregiudizievoli
conseguenti all’accoglimento della pretesa attorea.

Il terzo motivo, con il quale si deduce omesso fatto decisivo ex art. 360
col n. 5 c.p.c. è inammissibile per difetto del requisito di “decisività” delle
prove asseritamente pretermesse dal Giudice di appello.
Il “fatto storico” -oggetto di specifico motivo di gravame, riprodotto al n. 2
della sentenza di appello- che sarebbe stato omesso dalla Corte territoriale è
indicato dalla ricorrente nell’affidamento in appalto dei lavori alla ditta Edile
Rosa s.r.l. con nomina di un “responsabile” dei lavori, e nella rottura del muro
con caduta di calcinacci ad opera di tale ditta -come provato dalle dichiarazioni
del teste Puopolo- nonchè dalla circostanza -riferita dal medesimo teste- che la
Giallongo non risiedeva nell’immobile, e veniva solo la sera per indicare alcuni
dettagli nella ristrutturazione.
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RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

infondati ed esponendo in relazione a ciascuno le ragioni per le quali la

Osserva il Collegio che può ritenersi consolidato il principio di diritto per cui,
nel caso di appalto “che non implichi il totale trasferimento all’appaltatore del
potere di fatto sull’immobile” nel quale deve essere eseguita l’opera appaltata,
non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e
di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 cod. civ.,
che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del

lesivo (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 16126 del 09/07/2009; id. Sez.
3, Sentenza n.

15734 del 18/07/2011. VEDI Corte cass. Sez.

3,

Sentenza n. 20825 del 26/09/2006 ed id. Sez. 3, Sentenza n. 1146 del
22/01/2015 che specificano come non si verifichi totale trasferimento del
potere di fatto quando la “res” continui ad essere destinata all’uso cui è
funzionale). In relazione allo schema normativo di responsabilità da custodia
ex art. 2051 c.c. spetta al proprietario-committente assolvere all’onere della
prova liberatoria dimostrando di aver affidato integralmente il potere di fatto
sull’immobile alla ditta appaltatrice e di non aver svolto alcuna ingerenza nella
esecuzione dei lavori appaltati.
La Corte territoriale ha ritenuto insussistente tale prova riconoscendo la
responsabilità della Giallongo che, con il motivo di ricorso in esame, non
fornisce elementi probatori “decisivi” del contrario assunto: l’aver affidato in
appalto i lavori di ristrutturazione dell’immobile non consente in alcun modo di
desumere le modalità di affidamento (totale o solo parziale) della custodia
dell’immobile, né consente di escludere che la proprietaria-committente non sia
affatto intervenuta a dare indicazioni per la esecuzione dei lavori (La mancanza
di “decisività” trova indirettamente riscontro nelle ambivalenti conclusioni che
vengono tratte dalle parti processuali, in modo diametralmente opposto, dalle
medesime dichiarazioni rese dal teste Puopolo: ricorso pag. 13; controricorso
pag. 14)

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RG 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l’evento

Il quarto motivo (omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360co1 n. 5
c.p.c.) è inammissibile.
Sostiene la ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel liquidare il
danno patrimoniale in C 2.971,00 per maggiori costi di energia elettrica -così
sembra doversi comprendere dall’oscura esposizione del motivo-, in quanto
quantificando tale costo in C 1.500,00 come stabilito dal primo giudice ed

il quantum andava liquidato in C 2.528,39.
L’assunto difensivo non è supportato dalla chiara descrizione della fattispecie
concreta richiesta dall’art. 366 comma 1 n. 3) c.p.c., avendo omesso la
ricorrente di trascrivere i passaggi della decisione di prime cure necessari a
rendere comprensibile l’errore denunciato, tanto più considerando che la Corte
d’appello riassumendo nella sentenza i fatti processuali aveva indicato quale
importo risarcitorio liquidato in primo grado la diversa somma di C 5.746,39
oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Il quinto motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente attraverso la
surrettizia denuncia del vizio di error juris (per violazione dell’art. 2697 c.c. e
dell’art. 115 c.p.c.) intende richiedere una nuova -non consentita in sede di
legittimità- valutazione degli elementi in fatto dai quali la Corte d’appello ha
tratto il convincimento della prova dell’ “an” delle conseguenze pregiudizievoli
derivate dalla ostruzione della canna fumaria e del nesso di causalità giuridica
ex art. 1223 c.c.
La Corte territoriale ha infatti motivato sul punto affermando che gli acquisti
dei beni occorrenti ad una diversa sistemazione del locale notte ed al
riscaldamento della casa, nonché i maggiori consumi di energia elettrica per il
funzionamento dello scaldabagno elettrico e delle stufe, erano diretta
conseguenza della inutilizzabilità dell’impianto a gas di cui era dotato
l’appartamento della Dardano, in parte dovuto alla ostruzione della canna
10
RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

Co
Stefan

est.
livieri

applicando la decurtazione del 25% (per concorso ex art. 1227 comma 1 c.c.),

fumaria imputabile alla Giallongo ed in parte alla non conformità dell’impianto
alle norme di sicurezza, imputabile alla Dardano.
Trattasi di accertamento in fatto, fondato sugli elementi probatori acquisiti alla
istruttoria, che rimane del tutto estraneo alla ipotizzata errata applicazione
della regola sul riparto dell’onere della prova od all’uso errato di nozioni di

Con il sesto motivo la ricorrente censura la sentenza di appello per violazione
della norma che regola la liquidazione del danno con criterio equitativo ex art.
1226 c.c., richiamata per la responsabilità extracontrattuale dall’art. 2056 c.c..
La ricorrente sostiene che il danno non patrimoniale (biologico) da
intossicazione da monossido di carbonio avrebbe dovuto essere accertato
mediante c.t.u. medico-legale e quantificato con i criteri tabellari di
liquidazione del danno biologico.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 comma 1 n. 4
c.p.c..
La ricorrente neppure riporta i passaggi della sentenza impugnata che ha
motivato “per relationem” a quella di prime cure, sostenendo che la modestia
delle lesioni giustificava il mancato espletamento della c.t.u. potendo essere
liquidato il danno biologico alla stregua degli elementi documentali acquisiti al
giudizio.
Orbene la ricorrente omette di riferire -venendo meno al prescritto requisito di
ammissibilità del motivo di ricorso- ciò che invece è dato apprendere dal
controricorso -senza alcun effetto sanante della carenza di specificità del
motivo di ricorso :

Corte cass.

Sez. L, Sentenza n.

13071 del

29/12/1997; id. Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006; id. Sez.
6 – 3, Ordinanza n. 1926 del 03/02/2015 – e cioè che il Tribunale aveva

omesso la consulenza tecnica dovendo procedersi alla mera liquidazione del
danno biologico temporaneo agevolmente desumibile, quanto

, dai

11
RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

Co 4A t.
Stefannlivieri

comune esperienza (neppure indicate dalla ricorrente).

certificati del Proto Soccorso dell’ospedale di Rho che attestavano la durata
della malattia, e relativamente al “quantum” dalla applicazione dei criteri
desunti dall’art. 139 del Dlg n. 209/2005 per la liquidazione della invalidità
biologica temporanea in caso di danni di lieve entità (controricorso pag. 1819)
Difetta quindi nel motivo la descrizione del fatto indispensabile per consentire a

Il settimo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. in
relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.) è inammissibile.
La ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto -oltre al concorso
causale ex art. 1227 comma 1 c.c. della danneggiata per aver utilizzato un
impianto di riscaldamento non a norma e che per tale motivo era stato
sequestrato dai funzionari della ASL- non avrebbe riconosciuto l’ulteriore
condotta negligente della danneggiata, rilevante ai sensi dell’art. 1227 comma
2 c.c., che non si era attivata per richiedere il dissequestro dell’impianto di
riscaldamento e ridurre le conseguenze del danno.
Premesso che in tema di risarcimento del danno, l’accertamento dei
presupposti per l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 1227, secondo
comma, cod. civ. – che esclude il risarcimento in relazione ai danni che il
creditore (o il danneggiato) avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza
-integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al
sindacato di legittimità, se sorretta da congrua motivazione (Corte cass. Sez.
U, Sentenza n. 12348 del 28/05/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 15231
del 05/07/2007),

anche tale motivo va incontro alla dichiarazione di

inammissibilità per difetto del requisito prescritto dall’art. 366 comma 1 n. 3
c.p.c., non avendo individuato la ricorrente: a) quali iniziative avrebbe potuto e
dovuto assumere la Dardano, tali da determinare con certezza probabilistica il
contenimento del danno (non essendo indicate le ragioni che la danneggiata
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RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

Coi
st.
Stefa o Olivieri

questa Corte la verifica dell’errore denunciato.

avrebbe potuto sostenere per conseguire il dissequestro dell’impianto già
accertato dalla ASL non conforme alle norme di sicurezza); b) quali tra i danni
risarciti alla Dardano sarebbero stati certamente “ridotti”, qualora la
danneggiata avesse intrapreso le azioni dovute, tenuto conto della istantaneità
del danno alla persona e dei costi sostenuti per l’acquisto dei beni occorrenti a
rimpiazzare l’inutilizzabile impianto di riscaldamento.

secondo comma dell’art. 1227 cod. civ., laddove esclude il risarcimento del
danno che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza,
costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto, e grava dunque il
debitore del relativo onere della prova (Corte cass Sez. 2, Sentenza n.
27123 del 19/12/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 14853 del 27/06/2007
; id. Sez. 3, Sentenza n. 23148 del 31/10/2014; id. Sez. 3, Sentenza n.
15750 del 27/07/2015)

Inammissibile è anche l’ottavo motivo con il quale la ricorrente deduce
l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360co1 n. 5 c.p.c., lamentandosi
della modesta percentuale di concorso causale (nella misura del 25%)
attribuita ex art. 1227 comma 1 c.c. alla danneggiata, per avere utilizzato un
impianto di riscaldamento non a norma.
Il motivo è inammissibile in quanto dedotto al di fuori dello schema legale del
vizio di motivazione come riformulato a seguito della novella del 2012.
I fatti indicati dalla ricorrente hanno costituto oggetto di valutazione da parte
dei Giudici di merito e pertanto difetta del tutto il “fatto storico” che la Corte
territoriale avrebbe omesso di considerare e che se valutato avrebbe con
certezza condotto ad una soluzione della controversa favorevole alla ricorrente.
La censura, anche in questo caso, si risolve nella mera richiesta di revisione
degli elementi probatori già valutati dalla Corte territoriale, e va incontro
pertanto ad inammissibilità, dovendo ribadirsi il principio di diritto secondo cui
13

RG n. 21478/2015
ric. Carmela Giallongo c/ Caterina Dardano

Cons.
Stefano Mvieri

E’ appena il caso di osservare al riguardo che l’ipotesi disciplinata dal

l’accertamento del concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione
del danno, così come la determinazione del grado di efficienza causale di
ciascuna colpa, rientrano nel potere di indagine del giudice del merito e sono
incensurabili in sede di legittimità, quando siano sorretti da adeguata e logica
motivazione (Corte cass. Sez. 1 –

Sentenza n. 272 del 10/01/2017).

alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito
dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata

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