Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27551 del 02/12/2020
Cassazione civile sez. lav., 02/12/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 02/12/2020), n.27551
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2278/2015 proposto da:
C.A., P.M., D.C.G., tutti
domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
VINCENZO RICCARDI;
– ricorrenti –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,
LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8074/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 30/12/2013 r.g.n. 3635/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.
Fatto
RILEVATO
Che:
1.1a Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 30 dicembre 2013, ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda svolta dagli attuali ricorrenti avverso l’INPS al fine di ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, in relazione all’attività lavorativa svolta presso la società ANM s.r.l. quale addetti al deposito (OMISSIS);
2. ad avviso della Corte territoriale non era risultata provata la specifica e personale esposizione ad ambiente connotato dal superamento dei valori di rischio previsti dal D.Lgs. n. 277 del 1991, per non avere i lavoratori dedotto, nè chiesto di provare, di essere stati essi stessi concretamente occupati nelle attività descritte in riferimento al deposito al quale erano addetti, in via continuativa, per un determinato numero di giorni e di ore nell’arco temporale indicato in ricorso; per avere articolato prova testimoniale inammissibile in quanto riferita all’intera parte narrativa del ricorso; per essere risultata insignificativa la produzione documentale atteso che il divieto di prosecuzione di alcune attività nell’atto ispettivo prodotto evidenziava la necessità di considerare differentemente la posizione di ciascun dipendente, carenze alle quali non si poteva ovviare con esame peritale nè poteva rilevare la consulenza tecnica espletata in altro giudizio, pur in riferimento ai locali della medesima azienda, per essere rimasto del tutto ignoto il concreto atteggiarsi delle mansioni degli attuali ricorrenti;
3. avverso tale sentenza ricorrono C.A., D.C.G. (così corretto il nominato indicato nel ricorso) e P.M., con sei motivi, ulteriormente illustrato con memoria tardiva, cui l’Inps ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
4. con i motivi di ricorso si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. e si assume di avere documentalmente provato, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, l’esposizione all’amianto concernente tutto il personale all’interno del deposito (OMISSIS), all’uopo producendo buste paga, documentazione fotografica, comunicazione interna ANM, verbali ispettivi ASL, sentenze rese e consulenze tecniche espletate in altri giudizi (primo); nullità della sentenza per omessa decisione in ordine ai presupposti per la concessione del preteso beneficio (secondo); violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per avere la Corte di merito ritenuto necessarie per la concessione del beneficio le mansioni svolte in concreto trascurando di considerare che ciò che rileva è l’esposizione all’asbesto indipendentemente dalla natura dell’attività svolta (terzo);violazione di norme di diritto sull’esposizione decennale L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8, per la mancata motivazione sulle ragioni di fatto e di diritto per il rigetto della domanda (quarto); violazione degli artt. 421,437,213 c.p.c. (quinto), degli artt. 424,61 c.p.c. (sesto), dell’art. 244 c.p.c. (settimo), con i quali si contesta il rigetto della domanda pur in presenza di allegazioni, elementi probatori utili e deduzioni istruttorie per il positivo accertamento dei fatti e il mancato esercizio dei poteri officiosi disponendo consulenza tecnica e l’escussione di altro teste al fine di comprovare lo svolgimento dell’attività lavorativa per tutto il periodo dedotto in giudizio;
5. il ricorso è da rigettare;
6. i primi due motivi sono inammissibili perchè tendenti alla rivalutazione complessiva delle prove documentali e dunque agli aspetti del giudizio interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti attinenti, come tali, al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo;
7. anche i motivi terzo e quarto investono gli elementi fattuali e richiedono un nuovo esame del merito senza incrinare la statuizione che ha rimarcato, per l’appunto, la mancanza del presupposto di fatto, vale a dire le mansioni in concreto svolte dai lavoratori presso il deposito, per poter dar corso all’accertamento dell’esposizione qualificata nel periodo decennale;
8. inammissibili risultano i motivi successivi – con i quali si contesta il rigetto della domanda pur in presenza di elementi probatori e deduzioni istruttorie volti al positivo accertamento dei fatti nonchè il mancato esercizio dei poteri officiosi – perchè presuppongono la preliminare verifica del fatto processuale e del tenore delle allegazioni fattuali che la sentenza impugnata ha ritenuto essere state formulate in maniera inidonea, verifica impossibile, in questa sede, per difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione, non risultando allegati, al ricorso all’esame, i ricorsi introduttivi di lite, poi riuniti;
9. tanto rende impossibile lo scrutinio dell’asserita allegazione, fin dall’introduzione del giudizio, dei fatti costitutivi per il beneficio preteso;
10. segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo;
11. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2020