Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27550 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 27550 Anno 2017
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA

sul ricorso 11577-2016 proposto da:
G.F.

BUILDING

SRL

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore sig.ra OLGA MONDELLO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO
D’AQUINO 119, presso lo studio dell’avvocato
SALVATORE FAMIANI, rappresentata e difesa
dall’avvocato PAOLO GATTO giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –

2017
contro

1891

INPS

in persona dell’Avv.

DANIELA BECCHINI,

elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CESARE

BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato MARIA

Data pubblicazione: 21/11/2017

MORRONE, che la rappresenta e difende giusta procura
a margine del controricorso;
– controrícorrente –

avverso la sentenza n. 2453/2013 del TRIBUNALE di
MESSINA, depositata il 11/12/2013;

coniglio dcl 05/10/2017 dal CQnwiglicrp

nntt, 1-;1\11.-UQ

SCODITTI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
CORRADO MISTRI che ha concluso chiedendo che il
ricorso proposto da G.F.BUILDING s.r.l. si riveli
meritevole di accoglimento per quanto di ragione, con
particolare riferimento al primo motivo di gravame;

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udita la relazione della nausa svolta nella oamer di

Rilevato che:
G. F. Building s.r.l. propose innanzi al Tribunale di Messina opposizione
avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore dell’I.N.P.D.A.P., nonché
domanda riconvenzionale di condanna alla restituzione dell’importo relativo agli
interessi sul deposito cauzionale dal 2003 al 2008. Si costituì la parte opposta.
In data 20 dicembre 2011 il difensore dell’opposta notificò atto di

dicembre 2011 il giudice istruttore, rilevata l’assenza del procuratore
dell’I.N.P.D.A.P. e considerato che l’udienza proveniva da un rinvio d’ufficio non
comunicato, dispose di dare avviso alla parte non comparsa e rinviò all’udienza
del 23 maggio 2012, nel corso della quale dichiarò poi l’interruzione del
giudizio. Con ricorso del 9 luglio 2012 G. F. Building s.r.l. propose istanza di
riassunzione del processo. Fissata l’udienza per la prosecuzione del giudizio il
Tribunale dichiarò poi, con sentenza di data 11 dicembre 2013, l’estinzione del
giudizio nonché l’esecutività del decreto opposto, con condanna della parte
opponente alla rifusione delle spese. Osservò il Tribunale che il ricorso per
riassunzione era stato depositato oltre il termine di tre mesi dalla notifica
dell’evento interruttivo. Avverso detta sentenza propose appello G. F. Building
s.r.I.. Con ordinanza ai sensi dell’art. 348 ter cod. proc. Civ. di data 1 marzo
2016 la Corte d’appello di Messina dichiarò inammissibile l’appello.
Ha proposto ricorso per cassazione G. F. Building s.r.l. sulla base di sei
motivi e resiste con controricorso l’I.N.P.S.. E’ stato fissato il ricorso in camera
di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma 2, cod. proc. civ.. Il pubblico
ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 299 cod. proc. civ. e
21 d. I. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con I. 22 dicembre 2011 n. 214, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente
che l’art. 21 del d.l. n. 214 del 2011 ha disposto la soppressione
dell’I.N.P.D.A.P. e l’attribuzione delle relative funzione all’I.N.P.S., che vi
succede in tutti i rapporti attivi e passivi, compresi anche quelli processuali,
come affermato dalla Corte dei conti con sentenza n. 1284 del 2011,
1

comunicazione dell’avvenuta soppressione dell’ente. All’udienza del 21

richiamando altresì il comma 2-bis del citato art. 21, secondo il quale l’I.N.P.S.
nei giudizi incardinati per l’attività dell’ente soppresso è rappresentato e difeso
dai professionisti legali già in servizio presso il medesimo ente soppresso, e
precisando che si tratta di fenomeno di fusione per incorporazione. Aggiunge
che secondo la giurisprudenza amministrativa la disciplina sull’interruzione del
processo civile vale solo per le parti private e non anche per le amministrazioni

può verificarsi per l’ente pubblico un evento assimilabile a quello della morte e
che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3369 del 2014, ha affermato che non
dà luogo ad interruzione del processo il mero riassetto di un apparato
organizzativo necessario della pubblica amministrazione, quale l’apparato
previdenziale, trattandosi di passaggio di attribuzioni fra amministrazioni
pubbliche senza vera soluzione di continuità. Conclude la ricorrente nel senso
che il giudice non doveva dichiarare l’interruzione del processo.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 305 cod. proc. civ., ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente
che la richiesta all’udienza del 21 dicembre 2011 di interruzione del processo
per soppressione dell’ente opposto da parte del difensore dell’opponente si
configurava quale ricorso per riassunzione e che la riassunzione è stata
effettuata nei termini di legge anche perché non era stato possibile effettuarla
prima perché, anche se il procuratore della società avesse di fatto all’udienza di
cui sopra proposto istanza di riassunzione, il giudice aveva rinviato l’udienza
non essendo prova della comunicazione della data di udienza all’I.N.P.D.A.P..
Aggiunge che il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre dal
giorno della lettura in udienza, o conoscenza in forma legale, dell’ordinanza
dichiarativa dell’interruzione (Cass. n. 12454 del 2004).
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 160 cod. proc. civ., ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente
che la notifica della comunicazione dell’evento interruttivo era nulla in quanto,
essendo stato soppresso l’ente rappresentato, il difensore non poteva notificare
validamente atti nell’interesse dell’ente soppresso e pertanto unico soggetto

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pubbliche in quanto per il principio di continuità delle funzioni pubbliche non

legittimato a tale notifica era l’I.N.P.S.. Aggiunge che non vi era in atti alcun
valido documento che attestasse la data di soppressione dell’I.N.P.D.A.P..
Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 653 cod. proc. civ.,
nonché degli artt. 1218, 1256 e 2948 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1,
n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il Tribunale non avrebbe
dovuto dichiarare l’esecutività del decreto ingiuntivo perché i motivi di

poteva pagare i canoni di locazione perche l’ente locatore non aveva inviati i
moduli prestampati previsti dal contratto per il pagamento dei canoni e delle
altre somme dovute; era intervenuta la prescrizione ai sensi dell’art. 2948 cod.
civ. e non era stata provata l’esistenza di idonei atti interruttivi; i prospetti con
l’indicazione analitica del canone dovuto non erano sufficienti per la prova della
morosità della società conduttrice e non dovute erano le somme pretese a
titolo di IVA; le somme richieste per canoni e oneri accessori erano già state
corrisposte.
Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 11 della I. n. 392 del
1978, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte
ricorrente che l’ente locatore doveva corrispondere gli interessi sul deposito
cauzionale dal 2003 al 2008.
Con il sesto motivo si denuncia violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente
che G. F. Building s.r.l. non poteva essere condannata alla rifusione delle spese
processuali, non dovendo essere dichiarato estinto il giudizio e stante la
fondatezza dei motivi di opposizione, e che comunque andava disposta la
compensazione delle spese.
Il ricorso è inammissibile. Nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di
primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348 ter, terzo comma, cod. proc.
civ., l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza,
pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis cod. proc. civ., costituiscono requisiti
processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art.
366, n. 3, cod. proc. civ., è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione
sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione
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opposizione erano fondati per le seguenti ragioni: la società conduttrice non

dell’ordinanza ex art. 348 bis cod. proc. civ., al fine di evidenziare
l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del
giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame (fra le tante
Cass. 15 maggio 2014, n. 10722; 17 aprile 2014, n. 8942; 9 giugno 2014, n.
12936; 18 marzo 2015, n. 5341; 7 maggio 2015, n. 9241; Sez. U. 27 maggio
2015, n. 10876; 10 luglio 2015, n. 15596; 21 luglio 2015, nn. 15240 e 15241;

2016, n. 26936; 18 agosto 2017, n. 20166). L’onere di indicare
i motivi di appello e la motivazione dell’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c. non si
pone peraltro in contrasto con l’art. 6 CEDU, in quanto esso è imposto in modo
chiaro e prevedibile (risultando da un indirizzo giurisprudenziale di legittimità
ormai consolidato), non è eccessivo per il ricorrente e risulta, infine, funzionale
al ruolo nomofilattico della Suprema Corte, essendo volto alla verifica in ordine
alla mancata formazione di un giudicato interno. (Cass. 23 dicembre 2016, n.
26936).
Nel ricorso risulta assolutamente omessa la menzione dei motivi di appello.
La ricorrente si è limitata ad indicare di avere proposto appello e che il relativo
atto risulta allegato al fascicolo di parte di secondo grado, ma non vi è alcun
cenno in ordine ai motivi del gravame. Non viene neanche indicato il contenuto
della motivazione dell’ordinanza del giudice di appello. Non risulta pertanto
assolto l’onere processuale costituente requisito di ammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono
la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e
viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1
– quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la
stessa impugnazione.
P. Q. M.

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23 febbraio 2016, n. 3532; 24 febbraio 2016, nn. 3560 e 3678; 23 dicembre

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei

(\//

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il giorno 5 ottobre 2017
Il Presidente
Dott. ssa Maria Margherita Chiari ‘
(

i]

presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a

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