Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27548 del 21/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 3 Num. 27548 Anno 2017
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA

sul ricorso 28260-2015 proposto da:
HDI GERLING INDUSTRIE VERSICHERUNG AG , in persona
del Direttore Generale e legale rappresentante pro
tempore, ing. FRANCESCO SEMPRINI, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.A.GRAMSCI 14, presso lo studio
dell’avvocato GABRIELE GATTI, rappresentata e difesa
dall’avvocato FRANCESCO SCATTAREGGIA MARCHESE giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2017
contro

1888

COMUNE DI MESSINA , ZUCCARELLO MATTEO, GEA INSURANGE
BROKER ITALIA

Rt

– intimati –

Data pubblicazione: 21/11/2017

avverso la sentenza n. 1204/2015 del TRIBUNALE di
MESSINA, depositata il 27/05/2015;
– della causa svolto nell cAmor di
udita Ia .11azion e
úúntacillAD Crei_ 05Ì10Ì2017 dal (Joni9lige, ne, tt, VN ) O
SCODITTI;

in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
CORRADO MISTRI che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso proposto da HDI-Gerling Industrie
Versicherung

A.G.,

Rappresentanza

l’Italia;

2

Generale

per

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,

Rilevato che:
Matteo Zuccarello convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace
di Messina il Comune di Messina chiedendo il risarcimento del danno
subito a seguito di sinistro verificatosi nel dicembre 2002 per la
presenza di una buca su strada comunale. La parte convenuta chiamò

Gerling Industrie Versicherung A.G.), con la quale era stata stipulata
assicurazione per la responsabilità civile per il triennio giugno 2000 giugno 2003. Il giudice adito accolse la domanda, condannando in
solido il Comune e l’assicuratore al risarcimento del danno. Avverso
detta sentenza propose appello Gerling. Con sentenza di data 27
maggio 2015 il Tribunale di Messina rigettò l’appello proposto da
Gerling.
Osservò il Tribunale, riconosciuta la responsabilità del Comune
quale proprietario della strada ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., che i
testi escussi avevano confermato la presenza di grossa buca nel
manto stradale, non visibile a causa della forte pioggia, non
segnalata, colma d’acqua e situata al lato destro della carreggiata, e
dunque non evitabile con l’ordinaria diligenza, e che non era
sostenibile che una buca di circa mq. 1 si fosse formata a causa della
precipitazione temporalesca, essendosi trattato piuttosto di un
progressivo disfacimento del manto stradale per carenza di periodica
manutenzione. Aggiunse, in relazione ai singoli motivi di appello, che,
quanto alla eccepita irritualità della costituzione in giudizio del
Comune (da cui l’inammissibilità della chiamata in garanzia), la
determina sindacale era atto sufficiente ai fini del conferimento
dell’incarico di rappresentanza processuale del Comune, non essendo
più necessaria l’adozione di una delibera della Giunta municipale
(Cass. n. 13412 del 2006); quanto alla mancata sospensione del
giudizio ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. per la pendenza del
giudizio di annullamento del contratto di assicurazione, Gerling non

3

in causa Gerling Konzern Allgemeine Versicherungs A.G. (poi HDI-

aveva svolto domanda riconvenzionale, ma una mera eccezione
riconvenzionale di annullamento che implicava l’accertamento
incidentale al fine di paralizzare la domanda, sicché la separazione
non appariva necessaria. Concluse nel senso che «nessun altro
motivo di appello è stato proposto dalla Gerling, che non ha, in

alla validità o meno del contratto assicurativo, statuizione che ha, sul
punto, assunto autorità di cosa giudicato».
Ha proposto ricorso per cassazione HDI-Gerling Industrie
Versicherung A.G. sulla base di quattro motivi. E’ stato fissato il
ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma 2, cod.
proc. civ.. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’
stata depositata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
della I. n. 142 del 1990 e della legge regionale di recpimento degli
artt. 35 e 36 della detta legge, degli artt. 14 lett. p) statuto regionale
Siciliano, 63 e 78 legge regionale n. 16 del 1963, 41 legge regionale
n. 26 del 1993, I. n. 131 del 2003, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.
3, cod. proc. civ.. Osserva la ricorrente che solo a partire dalla legge
n. 131 del 2003 di adeguamento dell’ordinamento al nuovo assetto
costituzionale la giurisprudenza con la sentenza n. 13412 del 2006 ha
mutato il proprio orientamento, ritenendo sufficiente ai fini della
decisione di instaurare o resistere in giudizio la determina del sindaco
(mentre prima era necessaria l’autorizzazione della giunta, in forza
della attribuzioni residuali di quest’ultima) e che, poiché la determina
era di data 13 marzo 2003, mentre la data di pubblicazione della
legge n. 131 in Gazzetta Ufficiale era il 10 giugno 2003, trovava
applicazione ancora il regime previgente. Aggiunse che la successiva
delibera dell’Il novembre 2005, con cui era stato ratificato l’operato
del difensore che nel frattempo in forza della medesima determina si

4

particolare, chiesto la riforma della sentenza impugnata in relazione

era costituito in giudizio, era intervenuta per «confermare la
resistenza nel giudizio di appello”, senza nulla dire sul giudizio di
primo grado, e pertanto era priva di efficacia sanante.
Il motivo è infondato. La ricorrente fa dipendere la titolarità del
potere del Sindaco di instaurare un giudizio da parte del Comune, o di

2003. La legge in discorso, «Disposizioni per l’adeguamento
dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3», non prevede una disciplina del potere in discorso (l’unico
riferimento alla figura del Sindaco concerne la delega al Governo al
fine di «mantenere ferme le disposizioni in vigore relative al controllo
sugli organi degli enti locali, alla vigilanza sui servizi di competenza
statale attribuiti al sindaco quale ufficiale del Governo, nonché, fatta
salva la polizia amministrativa locale, ai procedimenti preordinati alla
tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nonché le disposizioni
volte ad assicurare la conformità dell’attività amministrativa alla
legge, allo statuto e ai regolamenti»). In realtà, nel mutamento di
giurisprudenza richiamato dalla ricorrente, che è pervenuto a
riconoscere la titolarità in capo al Sindaco del potere di instaurare un
giudizio da parte del Comune o di resistere in giudizio, la legge n. 131
del 2003 assolve solo il ruolo di supporto ermeneutico nel quadro di
una più complessiva evoluzione dell’ordinamento giuridico. Sul punto
va richiamato quanto affermato da Cass. 8 giugno 2006, n. 13412,
proprio con riferimento alla Regione Sicilia, a proposito del potere
sindacale in discorso.
«Il nuovo quadro delle competenze degli organi del comune, già
delineato dalla menzionata L. n. 142 del 1990 e completato dalle
disposizioni successive fino al T.U. appr. con d. P.R. n. 267 del 2000,
ha indotto le Sezioni Unite della Corte (Cass.
17550/2002;12868/2005) a rivedere l’orientamento tradizionale,
anche perché nel frattempo la modifica del titolo 5^ Cost., nonché la

5

resistere in giudizio, dall’entrata in vigore della legge n. 131 del

successiva legge 131 del 2003 di adeguamento dell’ordinamento della
Repubblica al nuovo assetto costituzionale, hanno accentuato
l’autonomia degli enti locali e nell’ambito di essa le potestà degli
statuti nella gerarchia delle fonti: ormai da considerarsi quali atti
normativi atipici con caratteristiche di rango paraprimario o

che ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune,
l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non
costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della
proposizione o della resistenza all’azione (o all’impugnazione):
anzitutto perché alla Giunta sono state conferite le funzioni di
indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo,
che non siano riservate dalla legge al consiglio; mentre spettano ai
dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le
norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, nonché tutti i compiti,
compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che
impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi
espressamente dalla legge o dallo statuto tra le menzionate funzioni
di indirizzo (d. P.R. n. 267 del 2000, artt. 48, 50 e 107). E quindi
perché, per converso, nel nuovo ordinamento delle autonomie locali il
sindaco ha assunto, ancor più con la L. 25 marzo 1993, n. 81 che ne
ha previsto l’elezione diretta, un ruolo politico ed amministrativo
centrale, in quanto titolare di funzioni di direzione e di coordinamento
dell’esecutivo comunalerarrelve l’autorizzazione del consiglio prima e
della giunta poi, se trovava ragione in un assetto in cui il sindaco era
eletto dal consiglio e la giunta costituiva espressione del consiglio
stesso, non ha più ragione di esistere in un sistema nel quale il
medesimo trae direttamente la propria investitura dal corpo elettorale
e costituisce egli stesso la fonte di legittimazione degli assessori che
compongono la giunta, cui l’art. 48 del testo unico cit. affida il
compito di collaborare con il sindaco: salva restando la possibilità per

6

subprinnario. Questo Supremo Collegio è perciò pervenuto al risultato

lo statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della
rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (T.U. leggi
sull’ordinamento delle autonomie locali, approvato con il d. Igs. 18
agosto 2000, n. 267, “ex” art. 6, comma 2) – di prevedere
l’autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva

postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o
all’oggetto della controversia)».
La titolarità del potere sindacale all’epoca della decisione di
resistere in giudizio rende assorbita la questione della successiva
sanatoria posta con il medesimo motivo.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. in relazione all’art. 295 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la ricorrente che con
sentenza n. 645/2012 del 21 marzo 2012 è stato annullato il
contratto di assicurazione, con condanna del Comune di Messina a
restituire all’attrice le somme pagate per la copertura dei sinistri
avvenuti nel triennio giugno 2000 – giugno 2003, e che la sentenza
era stata prodotta in giudizio. Lamenta il ricorrente che il giudice
avrebbe dovuto sospendere il giudizio in attesa del passaggio in
giudicato della sentenza n. 645 del 2012.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 34 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la ricorrente che la
separazione del giudizio avente ad oggetto la garanzia era stata
chiesta allo scopo di sospenderlo ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ.,
stante la pronuncia di annullamento del contratto di assicurazione.
Aggiunge, con riferimento alla statuizione relativa all’acquisito
giudicato in ordine alla validità del contratto, che l’accertata validità
non poteva acquistare efficacia di cosa giudicata in quanto
accertamento incidentale relativo a questione pregiudiziale in senso

7

determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di

tecnico.
Il secondo e terzo motivo vanno valutati unitariamente in quanto
connessi, e sono inammissibili. In primo luogo non risulta assolto
l’onere previsto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.. Il ricorrente ha
genericamente affermato di avere «versato agli atti del presente

ma ha omesso di indicare in modo specifico la sede ove il documento
sia rinvenibile (fascicolo d’ufficio o di parte) e di fornire i dati
necessari all’individuazione della sua collocazione quanto al momento
della produzione nei gradi dei giudizi di merito (cfr. fra le tante Cass.
18 novembre 2015, n. 23575; 19 agosto 2015, n. 16900; 7 febbraio
2011, n. 2966).
In secondo luogo va rammentato che quando fra due giudizi
esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato
definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile
la sospensione del giudizio pregiudicato – salvo nel caso in cui
la sospensione sia imposta da una disposizione specifica fino al
passaggio in giudicato – soltanto ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ.,
come si trae dall’interpretazione sistematica della disciplina del
processo, in cui un ruolo decisivo riveste l’art. 282 cod. proc. civ. e il
diritto pronunciato dal giudice di primo grado qualifica la posizione
delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite,
giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della sentenza
di primo grado (Cass. 18 marzo 2014, n. 6207). La sospensione
dovrebbe trovare luogo non ai sensi dell’art. 295, come affermato
dalla ricorrente, ma ai sensi dell’art. 337.
Pur volendo considerare il profilo della sospensione facoltativa,
deve considerarsi che la parte ricorrente deve in ogni caso dimostrare
che al momento dell’adunanza in cassazione il giudizio pregiudicante
sia ancora pendente, pena l’inammissibilità del motivo per carenza di
interesse. La sospensione del processo presuppone che il rapporto di

8

giudizio» il documento relativo alla sentenza menzionata nel motivo,

pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la
causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non
giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un
inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicché, quando una
sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio

ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti
presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in
difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione,
perché nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la
sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non
più effettivamente in corso (Cass. 10 novembre 2015, n. 22878; 1
agosto 2007, n. 16992). Parte ricorrente non ha dimostrato che l’altra
causa è tuttora pendente, e che presumibilmente lo sarà anche nel
momento in cui il ricorso verrà accolto. Non è configurabile pertanto
un interesse a ricorrere per la mancata disposta sospensione.
Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 2043 e
2051 cod. civ., nonché dell’art. 141 Codice della strada, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.. Osserva la ricorrente che
il forte temporale avrebbe dovuto indurre il Zuccarello ad osservare
una diligenza e prudenza maggiori, in particolare moderando la
velocità, in modo da avvedersi della presenza della buca e percepire
la situazione di pericolo.
Il motivo è inammissibile. La deduzione delle negligenza della
vittima dell’incidente muove da un presupposto di fatto, e cioè la
presenza di velocità del veicolo condotto dalla medesima vittima non
adeguata alle condizioni ambientali, rispetto al quale manca il relativo
accertamento del giudice di merito. Lo scrutinio del motivo impone
pertanto un’indagine di merito preclusa nella presente sede di
legittimità in mancanza della proposizione di denuncia del relativo
vizio motivazionale.

9

di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del

Nulla per le spese in mancanza della partecipazione al giudizio
della parte intimata.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha

30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento,
da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo
13.
Così deciso in Roma il giorno 5 ottobre 2017

aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA